Franco Oliverio
Sono passati 20 anni da quando se ne andato. A volte, immagino ancora di incontrarlo all’incrocio tra il Corso Vittorio Emanuele e la via Tigellio, smanioso di raccontare l’ultima crastulata.
Franco non ha mai tirato quattro calci al pallone, era medico. Cosa avrà fatto di così eccezionale, in vita, per essere ricordato con tanto affetto, con tanta commozione, da così tante persone?
Niente! Assolutamente niente. Franco Oliverio è famoso, perché di fama si tratta, solo per aver fatto il proprio dovere di medico, e per aver amato il prossimo suo.
Il medico, voglio dire, di quando si pensava che per farlo occorresse anche un po’ di vocazione, come per fare il prete o la maestra, per non dire d’altro. Una vocazione che lo ha portato a guardare solo alla salvezza delle persone, non arrestandosi davanti a niente, a partire sempre dai più bisognosi, da Sant’Elia, dai ghetti, dalle periferie, dai drogati, scontrandosi, non di rado, con lo stesso ambiente cattolico e borghese che l’aveva cresciuto, rischiando il carcere, egli stesso, perseguitato dagli emuli del commissario Javert perché frequentava i bassifondi e non faceva la spia. A non essere carogna glielo avevano insegnato i suoi amici di Sant’Elia. Erano i tempi di Villasanta …
Franco, semplicemente, dispensava amicizia, a chi la meritasse, ed a meritarla erano spesso i più diseredati, ma non solo. Voleva bene senza enfasi, in punta di piedi: quando proprio non ne poteva fare a meno nascondeva le emozioni dietro occhiali grandi e rotondi, dietro incisivi sporgenti che gli conferivano un’aria da castoro: il suo cuore era protetto da un loden perenne, con tasche tanto ampie da poterci nascondere i ferri del mestiere, e la commozione. Amava e si faceva amare, perché per tutti era un baluardo, a volte l’ultima risorsa, il confidente fedele. Era anche quello che ti raccontava l’ultima barzelletta. Chi non sapeva più dove sbattere la testa, in ultimo, si rivolgeva a lui, per la cura dell’anima e del corpo: perché Franco era anche una specie di stregone, era il nostro eroe, continua ad esserlo.
Tutto è cominciato quando pensavamo che avremmo conosciuto un mondo migliore, quando non immaginavamo gli orrori che il tempo ci avrebbe riservato. Passo dopo passo.
Sino a quando Maria Paola, vent’anni fa, messaggera della cattiva nuova, non mi ha inchiodato sul marciapiede di una città lontana.
Il ricordo di lui, talvolta, mi costringe a sporgermi all’indietro, sulla storia e la geografia dell’ultimo mezzo secolo, per scoprire che il passato altro non è che ciò che ci accingiamo a vivere. Ora che Franco, una delle cose belle che la vita mi ha regalato, continua a frequentare miei, i nostri, pensieri.
Gianni Loy
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La Storia siamo noi
Facendoci carico delle sollecitazioni di alcuni amici, abbiamo deciso di impegnarci a ricordare degnamente diverse persone che purtroppo ci hanno lasciati e che abbiamo conosciuto nella nostra esperienza politico-culturale-sociale, con i quali abbiamo anche percorso tratti comuni di strada. Lo facciamo non solo come doveroso tributo alla loro opera, quanto soprattutto per socializzarne i contenuti per quanto possono essere utili per l’oggi, per affrontare tanti problemi che si ripropongono, spesso in misura drammaticamente più pesante rispetto ai tempi passati. Parliamo quindi fondamentalmente di persone che con la loro vita, il loro impegno sociale-culturale-politico, costituiscono ancora oggi importanti esempi/riferimenti, di cui abbiamo necessità. Almeno così crediamo. Ci riferiamo a persone in gran parte ignorate dalla pubblicistica prevalente, maggiormente presenti in quella che viene definita “letteratura grigia”. Non ne facciamo volutamente elenco, almeno per ora. In questa circostanza presentiamo il primo, a noi particolarmente caro, un nostro amato amico: Franco Oliverio (Cagliari, 17/09/1941 – Cagliari, 22/03/2004). A lui abbiamo già dedicato diversi spazi su Aladinpensiero, che in certa parte costituiscono una base documentale per il convegno di venerdì 22 marzo. Del quale peraltro pubblicheremo tutti i materiali presentati e prodotti nell’occasione.
Franco merita questo nostro impegno, che si tradurrà anche in altre diverse iniziative che vogliamo coinvolgano quante più persone possibili, a partire dai cagliaritani, perché proprio i cagliaritani spesso dimenticano i loro concittadini che hanno fatto grande la città. E, per quanto ci riguarda, lo ripetiamo, ci riferiamo a persone comuni, quelle spesso sconosciute alle Istituzioni che attribuiscono riconoscimenti e cavalierati. Insomma, ci prendiamo con piacere la briga di praticare il bellissimo concetto, cantato da Francesco De Gregori: “La storia siamo noi”. La città di Cagliari sembra abbia dimenticato Franco Oliverio, salvo un’eccezione che è giusto enfatizzare: la intitolazione della piazza di fronte alla chiesa parrocchiale di Sant’Elia. L’iniziativa è stata promossa da un gruppo di cittadini amici di Franco con in testa il Sindaco Emilio Floris, che il 16 aprile 2010, a sei anni dalla morte di Franco, ha inaugurato la piazza, con una sobria cerimonia, che avrebbe meritato più pubblicità e partecipazione.
Come abbiamo documentato in diverse occasioni, e insieme con noi la consigliera comunale Rita Polo, senza essere stati ascoltati, la piazza versa oggi in condizioni eufemisticamente non buone. Addiritura è sparita la targa di intitolazione, come documenta la foto sotto riportata.
Chiediamo allora al Comune di Cagliari di provvedere al ripristino del decoro della bella piazza, danneggiata in diverse parti, e oltraggiata con varie scritte, presenti nell’anfiteatro che la chiude a semicerchio.
La struttura così riportata all’originario assetto dovrebbe essere riconsegnata agli stessi abitanti che sapranno come custodirla e preservarla da atti vandalici.
Vogliamo infine ribadire che non intendiamo essere solitari nel portare avanti iniziative di ricordo delle persone che meritano di essere iscritte in un ipotetico albo dei cittadini illustri di Cagliari e non solo. Siamo aperti a tutte le possibili collaborazioni e non dimentichiamo quanto di buono si è già fatto. Nel caso di Franco Oliverio ci riferiamo per esempio agli scritti di Gianfranco Murtas e alle iniziative dallo stesso promosse. Al riguardo riportiamo i link da utilizzare per accedere agli interventi audio-video di un Convegno sul disagio giovanile promosso da diverse associazioni culturali e coordinato dal citato giornalista-scrittore Gianfranco Murtas, che si tenne a Cagliari il 7 luglio 1997, nel quale intervenne, tra gli altri, proprio Franco Oliverio.
Qui le riprese audio-video degli interventi, tra cui quello di Franco.
Fondazione Anna Ruggiu onlus
Aladinpensiero News online
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PO FRANCO OLIVERIO
Canzoni a curba
Po tottu Casteddu – narant unu contu:
nara si ses prontu, – potzu incumentzai.
Si bollu contai – un bell’istoria
de un amigu caru – chi nos hat lassau,
oi forti in su coru – stugiaus sa memoria
de cussu cumpangiu – chi si nd’est andau;
chi nos hat lassau – tristis e affligìus
mannus e pippius – du prangeus ancora
oi che lompia s’ora – de d’arregodai
cica ‘e m’ascurtai – si du nau in seriu
chi Franco Oliveriu – fut ispeciàli.
Fut ispeciàli,- nci d’hant imbuccau
cun Padre Cravero – in sa Congregazioni
e a pagu a pagu – luegu hat imparau
tottus is precettus – de sa religioni.
Teneis arrexioni – non fut s’ambienti miu
ca giai de pippiu, – tenia un atru Deus
cun is amigus meus, – gioghendi in sa murialla
femus burumballa – femus allegronis.
Femus allegronis – issu prus assusu
nosu gent’e bottu – issus burghesia;
ma impariaus tottus – sa vid’ e Gesusu
is cumandamentus – e sa liturgia.
Che una litania – imparat sa dottrina
fut de menti fina – beni intentzionau,
d’hanti scioberau – po fai su prefettu
ma po pagu trettu – dis ha postu menti.
No dis hat postu menti – e s’est arrennegau
hat lassau is crais – po una vocatzioni
de cicai a Deus – hat iscioberau
in mes’a sa genti – de atra condizioni.
Ta bella letzioni – chi nos hat donau
ca s’est ispollau – de fai su signoriccu
poita s’arriccu – du narat su vangelu
de intrai in celu – no est meda seguru.
ma est prus seguru – chi unu camellu
in su stampu ‘e s’agu – possada passai.
Franco cuss’idea, – sempr’ a bell’ a bellu,
hat incumentzau – a si da pentzai.
E a da praticai – propriu a Sant’Elia
una periferia – de pobera genti
s’esti postu in menti – de porta’ agitoriu
cun s’ambulatoriu – e sa siringa in manu.
Sa siringa in manu – e su cor’ alluttu;
però sa faina – de cussu dottori
no est po is meixinas – chi hat portau fruttu
ma po sa mirada – prena de amori.
In mesu a su dolori – portau hat amistadi
coment’e una fradi – un’amigu fidau
prudent’e riservau – pero s’est postu in giogu,
accanta de su fogu – ma no s’est abbruxiau.
No s’est abbruxiau – eppuru nd’hat connottu
de dogna colori – de dogna zenia
ca in sa vida sua – ha bistu de tottu
in tottu Casteddu, – no feti a Sant’Elia.
Cun grandi maestria – in dogna momentu
s’hat donau letzioni – e bon’insegnamentu
e su testamentu – chi non hat lassau
bolit onorau – de dogna manera.
De dogna manera – funti giai bint’annus
ch’in tottu Casteddu – no s’attobiat prusu.
Immoi est prus in susu – in su giardin‘e is mannus:
si stari spassiendi – in celu cun Gesusu.
Artziau est prus a susu – e sighit a brullai,
nos si mandat a nai – ca issu su doveri
cun pena o cun praxeri – d’hadi giai cumpriu
est a chin’ancor’est biu – chi toccat a baddai.
(Gianni Loy)
Eravamo molto amici. Con Franco ci sentivamo spesso e voleva che lo andassi a trovare al Brotzu nel suo Reparto di Gastroenterologia.
Appena mi vedeva mi faceva entrare nel suo studio e la prima cosa che mi diceva per mettermi a mio agio: “La sai l’ultima?” e giù una bella barzelletta, ma le sue erano racconti di vita, episodi di vita vissuta tra la gente dei quartieri periferici della città, in particolare di S. Elia, dove per anni esercitava la sua professione di medico prevalentemente gratis.
Franco era un bravissimo medico specialista, le sue diagnosi erano perfette, ma la sua dote era la grande sua umanità, l’accoglienza, il saperti leggere nell’anima, il capire le tue ansie, i tuoi problemi. Prima delle medicine,ti curava psicologicamente. Aveva capito che al medico oltre le competenze professionali, occorrono doti umane straordinarie.
Franco era un uomo coraggioso. Oggi diremo a ” schiena dritta “.Non si piegava davanti ai “potenti”. Per anni gli fu impedito il Primariato, nonostante avesse tutti i titoli e l’esperienza nella sua specializzazione medica.
Negli Ospedali allora i Poteri Forti gli dissero chiaramente che non sarebbe mai diventato Primario, almeno fino a quando
il potere era esercitato da uomini della Massoneria. Egli, pur di buona famiglia non era ben visto, anzi era di disturbo a quella visione del mondo,
…continua