Oggi mercoledì 10 gennaio 2024
La Sardegna piange Ovidio Marras, con grande fermezza si oppose a chi voleva speculare sulle sue terre. Un grande sardo, esempio di dignità
10 Gennaio 2024
A.P. su Democraziaoggi.
È morto a 93 anni Ovidio Marras, il pastore che bloccò il cemento a Capo Malfatano. Impedì la costruzione di un mega resort di lusso in riva al mare nella costa sud-occidentale della Sardegna.
Per farlo, un gigante immobiliare (la Sitas) aveva deviato l’antico stradello del suo podere. Si andò in tribunale: il pastore vinse la causa, sostenuto da Italia Nostra.
Il gran rifiuto risale al 2010: disse no a cifre spaventose per cedere la terra di famiglia alla Sitas, fallita poi nel 2018.
Ovidio Marras è morto a Teulada, dove si era ritirato a casa della famiglia perché le condizione di salute non gli consentivano di recarsi in campagna.
Questa è la notizia, stringata, semplice come fu la vita di Ovidio. Un proprietario di terreni fra Teulada e capo Malfatano, dove sempre è vissuto col suo bestiame come il padre, il nonno, il bisnonno e così sù sù fino alla notte dei tempi.
Cosa colpisce in questo uomo? La dignità. Mentre molte importanti famiglie sarde hanno venduto e svenduto non appena il mare è diventato merce, luogo di speculazione, lui no, ha detto no. Un gran rifiuto. E se molti in Sardegna avessero fatto come lui? Forse non si sarebbe lasciato tutto com’è, ma certo lo sviluppo sarebbe stato diverso. L’ambiente sarebbe stato salvato. Ha capito più lui dei tanti parolai e sedicenti esperti. Onore a Ovidio Marras!
————————-
Regionali: i problemi della Sardegna richiedono una vasta mobilitazione popolare, non la divisione
9 Gennaio 2024
A.P. Su Democraziaoggi
Basta sfogliare l’Unione sarda per mettere sù un programma di governo regionale. Lavoratori in difficoltà in molte situazioni, a partire da P. Vesme, sanità allo sfascio, regrediscono molte strutture ospedaliere, mancano i medici di base, la scuola viene compressa, il territorio è aggredito da progetti di pale e pannelli di multinazionali e asfissiato da basi militari. Puro colonialismo. I rapporti fra Stato e Regione sono caratterizzati da un predominio del primo in forza di uno Statuto speciale, pensato fuori dall’elaborazione dei grandi pensatori sardi che da Angioy a Tuveri, da Asproni a Gramsci e Lussu hanno lanciato un’ipotesi federalista contro il feroce accentramento statale. Uno statuto di autonomia e di autogoverno deve fondarsi sulla storia e il pensiero democratico della comunità da regolare. Se non è così, bisogna con pazienza intervenire non con vaghe lamentazioni, ma con proposte precise e una mobilitazione democratica di ampio respiro. Per far questo occorre una grande unità delle forze politiche a partire da quelle progressiste e della sinistra.
Orbene, dobbiamo ammettere che oggi remiamo in direzione esattamente opposta. La divisione è il fattore caratterizzante questa fase, ossia l’esatto opposto di ciò che occorre. C’è uno spaccare il capello in quattro in ogni dove, non si è riusciti neanche a creare il c.d. secondo polo, dopo che Rifondazione, PCI Potere al popolo, Rossomori e alcune formazioni indipendentiste avevano approvato un bel documento programmatico, presentato in una pubblica assemblea ad Oristano. C’è una corsa alla tifoseria dall’una e dall’altra parte senza futuro. Tutti corrono verso il baratro. E sta qui la prova provata della mancanza di leadership di Soru. Un leader si batte per creare la più ampia mobilitazione per la soluzione dei problemi, combatte dunque le divisioni, non le alimenta. Come si fa ad aspettarsi da mister Tiscali un rilancio della nazione sarda, quando niente più di questa necessita per definizione di una vasta consapevolessa dei sardi, perfino al di là degli schieramenti di politica contingente. Ci vuole un senso comune in questa direzione. Uno degli indefettibili elementi del concetto di nazione, accanto ai fattori obbiettivi, è l’elemento soggettivo della convinzione diffusa di essere, per ragioni etnostoriche, una comunità distinta e diversa dalle altre.
Questa campagna elettorale mostra l’esatto contrario. La divisione ne è la prova più evidente e indiscutibile. Si arriva al punto estremo di preferire la vittoria dello schieramento contrario, regressivo della destra pur di prendere un voto in più dei concorrenti nello stesso campo. Qualcosa tuttavia si muove nella giusta direzione. Zedda, per esempio, lascia Soru e torna alla casa madre, all’alleanza col PD. Non si comprende perche’ si sia aggregato a Soru e perche’ ora lo abbia mollato, ma meglio così. I sedicenti Progressisti sono sempre stati una costola del PD, molti non li avrebbero seguiti nell’insensata avventura scissionista. Può darsi che questo distacco induca anche il Gran Capo a miglior consiglio. Insistere nella rottura per far vincere gli altri? Che imbecilità, che stoltezza! Che iddio misericordioso lo perdoni! Amen!
————————-
Lascia un Commento