È morto Aldo Defrancisci

luttoc4214a26-4865-4ced-aea2-87abe5775133 Mi dispiace tantissimo. Aldo era un amico. Mi mancheranno molto le sue parole calme e sempre originali. Gli portai un giorno un mio quadro per incorniciarlo. Gli dissi: Aldo, riconosco che non è certo un’opera d’arte. E lui: “Non ti preoccupare Franco. Vedrai con una bella cornice migliorerà!”. Ho sempre nel cuore le parole della intervista che gli feci per il libro della Scuola Popolare, che lui impersonificava: “(…) Nella scuola popolare mi hanno insegnato tante cose, anche a comportarmi. Mi è servita tantissimo. E poi c’era un clima di amicizia con i colleghi e con gli insegnanti. Ecco allora che dall’odio verso la scuola sono passato alla passione per la stessa. Raramente perdevo una lezione. Finivo di lavorare e il mio dopo lavoro era la scuola gli amici erano diventati soprattutto quelli della scuola”. Era un grande lavoratore, ottimo artigiano vetraio, una bella e brava persona. Condoglianze alla moglie Mary, ai loro figli, alla famiglia tutta e ai tanti amici che come me e come noi, colleghi della Scuola Popolare, lo abbiamo potuto apprezzare e gli abbiamo voluto un gran bene. [fm].
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img_4908 img_4907 Aldo Defrancisci*. Avevo ventun anni quando mi avvicinai alla Scuola Popolare di Is Mirrionis, nell’anno 1971. Da ragazzo ero un “fallito della scuola”. Non la sopportavo proprio. Fin dalla prima elementare, appena possibile, scavalcavo la finestra dell’aula e me ne tornavo a casa. La scuola a me non piaceva assolutamente. I miei genitori allora mi iscrissero alla scuola Sacro Cuore di via Montello, gestita dalle suore. Quelle disgraziate picchiavano, se poco poco ti comportavi male. Ogni mattina c’era la messa, e prima di andare via… la preghierina. Se combinavi qualche disastro erano susse… Vabbè, per farla breve, ho tirato fino alla scuola media, frequentando la scuola pubblica. Ci sono arrivato all’età di 16 anni. Ero proprio un fannullone, finché non mi sono impegnato nel lavoro. A 21 anni si è poi presentata l’opportunità della scuola serale, la scuola popolare. Mi mancava solo un anno per prendere la licenza. Me ne avevano parlato alcuni amici, massi’ proviamo… e mi sono iscritto. Andai alla chiesa di Sant’Eusebio dove si tennero i primi mesi di lezione, poi ci trasferimmo nell’edificio di via Is Mirrionis. A me mi andava pure meglio perché abitavo nella via dove stava la scuola, dove tuttora vivo da sposato. La licenza non mi serviva strettamente per il lavoro che già svolgevo, quello di artigiano vetraio, ma mi interessava. Nella scuola popolare ho trovato delle persone squisite, gli insegnanti erano amici, non erano i soliti insegnanti che avevo nella scuola pubblica, che mi costringevano a studiare. Nella scuola la regola era: se vuoi studiare, studia, altrimenti sono cavoli tuoi. Nella scuola popolare mi hanno insegnato tante cose, anche a comportarmi. Mi è servita tantissimo. E poi c’era un clima di amicizia con i colleghi e con gli insegnanti. Ecco allora che dall’odio verso la scuola sono passato alla passione per la stessa. Raramente perdevo una lezione. Finivo di lavorare e il mio dopo lavoro era la scuola gli amici erano diventati soprattutto quelli della scuola.
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* Dal libro “Lo studio restituito agli esclusi. Gli anni della Scuola Popolare di Is Mirrionis”. Edizioni La Collina, Serdiana, 2016.

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