Elezioni e oltre
LABORATORIO POLITICO SARDEGNA 2024 – di ANTONIO SECCHI.
- Sep 26, 2023 – CEST, su PoliticaInsieme: https://www.politicainsieme.com/laboratorio-politico-sardegna-2024-di-antonio-secchi/.
Il prossimo anno la Sardegna, quasi senza averne consapevolezza, rappresenterà un laboratorio politico che travalicherà i confini isolani per assumere rilevanza almeno nazionale e per certi aspetti anche europea. Si celebreranno infatti nel primo semestre del 2024 in ordine cronologico, prima le elezioni regionali poi a seguire le amministrative dei grandi comuni e a giugno quelle europee per l’elezione del nuovo Parlamento di Strasburgo.
La liturgia pre-elettorale, che ha mosso i primi passi al principio dell’estate, ha subito una brusca accelerazione dalla campagna elettorale di fatto aperta per le europee con il raduno di Pontida e la presenza della signora Meloni a Budapest. In Sardegna i giocatori principali della partita politica stanno lentamente definendo le loro strategie e si presentano agli elettori in tre distinti raggruppamenti: la sinistra, con il sogno del campo largo; il centro, inaugurato in tutta fretta per distinguersi da precedenti presenze imbarazzanti nella giunta regionale ormai in scadenza; la destra, che dovrà faticosamente ricomporre la sua immagine per non apparire troppo schiacciata nella morsa sardo-leghista, responsabile del governo regionale uscente, messo alle strette dalla magistratura su ripetute vicende da questione morale.
Ma in questa competizione aleggia un convitato di pietra, una presenza invisibile ed inquietante, conosciuta da tutti e che nessuno nomina per scaramanzia: l’astensionismo elettorale dei sardi sfiora la clamorosa soglia del 50%. Nelle precedenti elezioni regionali del 2019, su una popolazione di 1.470.401 elettori hanno votato soltanto 790.709 persone a fronte di 679.692 astenuti.
Ecco perché il convitato di pietra guarda oggi ai tre competitori con un sorriso ironico: con questi numeri ho già vinto io, nell’isola spopolata che conta appena 1.573.664 abitanti, appena uscita dalla pandemia, devastata dagli atavici incendi estivi, umiliata da una sanità pubblica che non c’è più, bloccata da una economia che il CRENoS, Centro studi economici delle Università di Cagliari e di Sassari, unitamente alla Banca d’Italia, ha definito causticamente “ferma”.
Nel 2013 Papa Francesco, dopo la visita a Lampedusa, fece il suo primo viaggio in Sardegna e nel Santuario di Nostra Signora di Bonaria lanciò un appello accorato ad una folla immensa di pellegrini giunti da tutta l’isola: “Non lasciatevi rubare la speranza”. Aggiunse però riflessioni severe sui dispensatori di illusioni e sull’esigenza di vigilare per difendere il diritto al lavoro nell’ottica del bene comune. Dunque cosa è accaduto da quel grande avvenimento di massa alla odierna vigilia delle tre tornate elettorali del 2024, cioè nell’arco temporale di un decennio? La politica sarda ha confermato il modello della democrazia dell’alternanza dando vita a due elezioni regionali nel 2014 e nel 2019 e assegnando nella prima la leadership al centro-sinistra e nella seconda al centro-destra, con la stessa percentuale di votanti, il 52%: un singolare fenomeno di disaffezione elettorale che penalizza tutti gli schieramenti, una sorta di sindrome del malumore che cancella le consuetudini virtuose del primo decennio del 2000 quando la percentuale dei votanti aveva raggiunto il 71%.
A fronte del merito della democrazia compiuta si diffondono saggi politici dell’ultima ora che denunciano la mancanza di una visione politica lungimirante nella cultura sarda, addirittura perdurante da un ventennio e per qualcuno forse dal fatidico 1994, l’anno dell’avvio trionfale del berlusconismo. E se nel dibattito recentissimo ha fatto capolino la nuova categoria della “policrisi”, utile forse per elencare tutte le componenti di una vera e propria crisi dell’intero sistema Sardegna, risulta difficile non riconoscere che la politica sarda si è lasciata incatenare dal sistema maggioritario e di riflesso dal bipolarismo conflittuale imperante a livello nazionale.
Emilio Lussu, padre costituente e ispiratore dello Statuto di Autonomia speciale della Regione sarda, aveva scritto in quei frangenti gloriosi: “Noi abbiamo coscienza che la rinascita dell’Isola sarà più opera dei sardi e di quanti vivono con loro che non dei governi di Roma”. E la sua fu una visione profetica se è vero che i Piani di Rinascita degli anni ’60 e ’70, unitamente ad una industrializzazione diffusa, seppure disordinata, furono approvati all’unanimità dal Consiglio regionale dell’isola e contribuirono a cambiare il volto di una società uscita dalla guerra ancora sofferente dei suoi mali storici, la malaria, l’analfabetismo, il sottosviluppo, l’isolamento e la dipendenza economica. Eppure Lussu non poteva immaginare cosa sarebbe accaduto nell’isola con l’avvento della Seconda Repubblica se è vero che un giovane Presidente della Regione sarda fu incoronato nella Villa di Arcore prima del verdetto elettorale isolano e l’attuale Governatore sardo è stato protagonista dell’alleanza tra sardismo e leghismo salviniano, fino a far sventolare la bandiera dei Quattro Mori nei pratoni di Pontida, alla presenza della signora Le Pen.
Arrivare a tanto ce n’era bisogno? Fu la domanda imbarazzante di Pietrino Soddu, politico storico dell’Autonomismo sardo, ormai novantenne e amico di Aldo Moro, che in una intervista giornalistica, ormai nota, lanciò l’allarme al popolo sardo a suo parere lasciato in balia delle onde dal silenzio degli intellettuali e da partiti ormai in crisi e catatonici di fronte alla sfida dell’Autonomia Differenziata patrocinata proprio dalla Lega di Salvini e Calderoli. Dunque questo lo scenario, per certi aspetti preoccupante, del laboratorio politico sardo per il prossimo 2024.
Il centro-sinistra tenta la riconquista del governo regionale con una alleanza da campo largo e con un tavolo comune composto dal PD, Mov.5 Stelle, Progressisti, e 19 sigle di associazioni culturali: sono già al lavoro su un programma comune e sulla ricerca del migliore candidato alla Presidenza della Regione. Il centro-destra presenta la maggioranza uscente, sfilacciata e divisa sull’enigma se sostituire o no il Governatore attuale, protagonista dell’incontro tra Lega e Sardismo, e al centro di verifiche imbarazzanti della magistratura sul suo operato, caratterizzato da ricorrenti abusi di potere. Il Centro nasce male perché composto da esponenti di spicco dell’attuale maggioranza di centro destra alla guida della Regione e praticamente sospinto dalle suggestioni di Matteo Renzi.
Vale la pena citare ancora Emilio Lussu che alla fine degli anni ’40 ricordò ai sardi: “Ci saranno giorni importanti da vivere; li vivremo insieme da sardi, da italiani e da europei”. Si tratta dunque di fare i conti con questa triplice “coscientizzazione”: da sardi cosa se ne vuole fare dell’Autonomia speciale sanzionata a suo tempo da una legge costituzionale? Da italiani si vuole rimanere succubi del bipolarismo e navigare nei venti dell’Autonomia differenziata? Da europei ci si vuole convincere che la salvezza anche per la Sardegna viene dall’Europa?
Antonio Secchi
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