RICORDO DI NINO NONNIS
QUANDO DAL CIGLIO DEL PAGLIACCIO SGORGA UNA LACRIMA
3 Giugno 2023 Gianni Loy su
A Cagliari si usa dire: piga fama e crocadì. Oppure, ricorrendo ad un’immagine di importazione, si potrebbe dire che, se la gente sa che sei capace di suscitare ilarità – e la gente lo sapeva -, ti tocca raccontare barzellette per tutta la vita. Alla gente piaceva ascoltarlo. Del resto, di fronte allo sfascio del sistema sanitario – non ci è rimasto che riempire le corsie degli ospedali di pagliacci. Una scienza arrembante, la clownterapia, che si propone di migliorare l’umore di pazienti, di familiari ed accompagnatori. Viene definita terapia del sorriso e tutti ne abbiamo bisogno.
Nino è stato un ottimo terapeuta, un grande artista della celia. Chiunque abbia avuto la fortuna di entrare in contatto con lui ha sicuramente guadagnato qualcosa sotto il profilo della qualità della vita. Non tanto, o non solo, per il comico che sprigionavano i suoi spettacoli, spesso spinti sino all’esilarante, quanto per l’arricchimento che derivava dalla semplice compagnia, nel quotidiano, nella convivialità.
L’ho frequentato non per molto, soprattutto nel tempo dedicato all’Associazione Riprendiamoci la Sardegna – eccellente esperienza che si va consumando, a poco a poco, per mancanza di pezzi di ricambio – dove non faceva differenza il fatto che interpretasse la parte del relatore, del pubblico, o del commensale, sempre tra i più ostinati adepti che, immancabilmente, prolungavano le riunioni del lunedì in qualche “piola” delle vicinanze.
Perché le performances di Nino non erano riservate al palco, erano il suo quotidiano, il suo modo di essere. Forse, neppure recitava: era così! Ogni occasione era buona per suscitare ilarità, un sorriso, per tenere alto il morale. Non che la tecnica non aiuti, ma difficilmente un attore comico può fare a meno della vocazione, di quell’istinto irresistibile che ti cova dentro, che non riesci a trattenere, che schizza da ogni spiffero.
E poi: comico? Perché comico? Una volta che ti sei vestito di quella fama è difficile levarsela di dosso. L’ilarità, tuttavia, attiene al modo di manifestazione del pensiero, è l’abito di cui si veste il pagliaccio, il quale, però, il più delle volte, come insegna la tradizione circense, è un personaggio triste.
Anche attraverso il gioco, come ammoniva Orazio, possono trasmettersi cose vere, persino drammatiche. E Nino, canzonando, ci ha fatto ridere nel senso che – secondo i canoni della clownterapia – ci ha fatto star bene, ma ha anche proposto temi di riflessione su tematiche che toccano le corde della nostra esperienza collettiva.
Lo ha fatto anche da scrittore. Nino è anche autore non solo di testi ispirati alla vis comica; non posso dimenticare che ha scritto lavori come La piccola Parigi e Quel mattino di marzo del 1913, che raccontano di come furono uccisi a Buggerru, nel 1904, quattro minatori che protestavano contro la riduzione della pausa del lavoro, o di come persero la vita in un “incidente sul lavoro”, qualche anno più tardi, alcune cernitrici che lavoravano fuori dalla miniera. Drammi che possono essere raccontati anche facendo ricorso all’ironia e all’humor, di cui Nino era capace, ma che appartengono al genere drammatico.
E, poi, nel cinema, più recentemente, dove l’ho visto all’opera sul set. Nel corto di Peter Marcias, Benvenuto Khalid, che lo vede protagonista, veste i panni di un operaio che si scontra con le impietose leggi del profitto ed affronta il padrone faccia a faccia, rinunciando al proprio posto di lavoro, denunciandone gli illeciti e schierandosi dalla parte di un giovane immigrato clandestino. Un’interpretazione, persino drammatica, pure affrontata con la leggerezza, e il sarcasmo, di cui era capace.
La sua personalità, sul set, era prorompente. Mi son sempre chiesto come il regista riuscisse a governare un attore così poco incline al rispetto dei copioni, sempre pronto all’improvvisazione secondo i più tradizionali canoni della commedia dell’arte, un attore che, in ogni momento, pretendeva di aggiungere qualcosa di suo. Come in Dimmi che destino avrò, dove, interpretando il Procuratore della Repubblica che affida ad un sostituto un’indagine da svolgersi in un campo Rom, gli è saltato salta in testa di sussurrare al collaboratore, con un sorriso di complicità: “piuttosto stai attento al portafoglio”. Frase non prevista dal copione, ovviamente, ma che il regista, lo stesso Marcias, ha finito per mantenere nella versione finale del lungometraggio, ritenendo che offrisse leggerezza senza dissacrare.
Nino è andato via, come tutti, secondo un copione che altri hanno scritto per tutti noi. Ne prendo atto. Abbozzo un sorriso per la piacevolezza delle battute del clown e provo grande tristezza per la lacrima che cade dal ciglio del pagliaccio.
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È online Rocca, quindicinale della Pro Civitate Christiana
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Costituente Terra Newsletter n. 121 del 17 giugno 2023 – Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n. 301 del 17 giugno 2023
BASSA INTENSITÀ?
Cari amici,
ha detto Putin, parlando a un incontro sull’economia internazionale a San Pietroburgo, che la Russia è in grado di colpire qualsiasi edificio a Kiev. Perché non lo fa? Con la sua potenza militare se avesse voluto avrebbe potuto già da tempo vincere la guerra con l’Ucraina. Non lo fa per tener fermo il punto, enunciato fin dall’inizio, che da parte russa questa non è una guerra, ma un’”operazione militare speciale”, cosa che è stata considerata da noi, in Occidente, come un’affermazione edificante e puramente propagandistica.
In realtà la linea seguita finora da Mosca sul campo è quella di una “guerra a bassa intensità” le cui ragioni sono evocate in un articolo di Alessandro Valentini in una analisi che, pur muovendo da una visione di parte, merita di essere presa in considerazione. La tesi che ne emerge è che la guerra si prolunga perché la posta in gioco non è l’Ucraina ma il conflitto tra due visioni dell’ordine mondiale.
In effetti, ma non solo da ora, bensì a partire dalla fine della contrapposizione tra i blocchi, si è delineato un conflitto tra un ordine unipolare e monocratico, presidiato da un unico potere militare e politico, che è la visione proposta e argomentata ufficialmente dagli Stati Uniti e acriticamente condivisa dal complesso dei loro alleati e partners, e un ordine multipolare e pluralistico che è rivendicato dalla Russia, dalla Cina e da molti Paesi del sud del mondo e del resto del mondo.
Secondo i documenti ufficiali dell’amministrazione americana, l’esito della “competizione strategica” tra queste due alternative, cioè tra queste due parti del mondo, sarà deciso entro questo decennio con o senza la guerra; guerra che, in tale prospettiva, sarebbe inevitabilmente una guerra universale, se pure non atomica. Per il momento la guerra d’Ucraina, che ne rappresenta la prima fase ed ha per obiettivo l’eliminazione della Russia, continua nonostante ogni possibile negoziato, perché il vero negoziato dovrebbe risolvere il contrasto tra queste due concezioni del mondo. Stretta tra questi vasi di ferro, l’Ucraina è offerta, e si offre, in sacrificio.
Essa è vittima dell’inganno, ordito nei suoi confronti, dagli Stati Uniti e dall’Occidente, che le hanno fatto credere di poter vincere la guerra con la Russia, nonostante l’evidente sproporzione delle forze. Ma la guerra della quale era promessa all’Ucraina la vittoria non era in realtà la sua guerra, ma quella degli Stati Uniti e del loro mondo unipolare, che per di più sarebbe stata vinta senza essere combattuta. Purtroppo l’Ucraina è caduta nella pania, prima sprezzando i moniti a non insistere per l’ingresso nella NATO, nonostante l’avvertimento russo che ciò sarebbe stato causa di guerra, poi, a guerra iniziata, precipitandosi nell’illusione della vittoria propiziata dalla bulimia delle armi, spensieratamente fornitele in regalo dall’Occidente. Zelensky, mettendoci del suo ogni energia, è caduto nella voragine che gli era stata allestita in quanto, personaggio della TV, era digiuno di scienze storiche, ignaro del diritto, inesperto di rapporti internazionali e non immune dalle mitologie dei nazionalismi novecenteschi; ed è per questo che, in una intervista a Nbc News, mettendo in guardia sulle conseguenze di un’eventuale sconfitta di Kiev ha sostenuto che gli Stati Uniti dovrebbero scegliere tra “entrare in guerra con la Russia” o “il collasso della NATO”. È questo il contesto dell’attuale disastro dal quale l’unico modo per uscire è agire perché prevalga un’altra visione del mondo.
Sulla morte di Berlusconi pubblichiamo nel sito una riflessione dal titolo “Arcitaliano?”
Con i più cordiali saluti,
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Note
CLOWNTERAPIA
PETER MARCIAS
TEATRO SARDEGNA
TEOREMA #37
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Gianni Loy (Cagliari, 1946). Autore di saggi, romanzi e sceneggiature. Tra più recenti: “L’ultima notte ad Helissandur” (Condaghes 2019); “Eva e Petra” (Domus de Janas, 2022), il volume di poesie: “Movimenti” (Cuec, 2018). Per il teatro, la pièce: “L’ultima volta che ho visto il mare” (Domus de Janas 2018). Tra le sceneggiature, “Dimmi che destino avrò”, per la regia di Peter Marcias, (Festival di Torino 2012).
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