Oggi Convegno a Cagliari con Luca Diotallevi
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Religione e cristianesimo oggi: intervista a Luca Diotallevi
CAGLIARI, 19 aprile 2023 – In anteprima rispetto all’incontro “Laicità e laicismo: una questione aperta”, che il professor Luca Diotallevi terrà nell’aula magna della Facoltà Teologica della Sardegna venerdì 21 aprile alle ore 17.30, proponiamo una sua intervista esclusiva rilasciata alla Facoltà su questi stessi temi. Diotallevi è docente ordinario di Sociologia all’Università Roma Tre. Da anni si occupa di tematiche quali: la trasformazione del clero negli ultimi decenni, la transizione del cattolicesimo tra vecchie e nuove sfide, e il nuovo “laicato”, diviso tra religione e politica.
Prof. Diotallevi, la religione è incompatibile oggi con modernità e innovazione?
“È difficile rispondere a questa domanda. Dipende dalla forma della modernizzazione e dipende dalla forma della religione. Per quello poi che riguarda il cristianesimo dipende anche dal tipo di rapporto tra religione e cristianesimo (essendo il cristianesimo ‘anche una religione’ e ‘non solo una religione’). Al momento attuale abbiamo due correnti di modernizzazione. Una liberale e occidentale che ospita un boom religioso che ha per protagonista una cosa che i sociologi chiamano ‘religione a bassa intensità’: in questo caso il mercato religioso prospera. In questa non ha alcuno spazio la religione di forma confessionale (quella affermatasi in ambito europeo-continentale centro-occidentale dal XVI al XIX secolo e che infatti è in rapido declino sia nella sua variante cattolica che nelle sue varianti ‘protestanti’). Potenzialmente, in questo contesto potrebbe avere uno spazio importante, un vero e proprio protagonismo, anche un ben diverso tipo di religione a matrice cristiana, quella che – in campo cattolico – è stata codificata dal Vaticano II dopo circa due secoli di incubazione. Il cattolicesimo, però, dopo Paolo VI sembra aver perso interesse verso questa via, o aver perso la forza necessaria a percorrerla. Scriveva Paolo VI: ‘Non molle e vile è il cristiano, ma fedele e forte’ (ES n.28). Una seconda corrente di modernizzazione è quella autoritaria e reazionaria, declinata – sia ‘a destra’ che ‘a sinistra’ – in termini populisti e sovranisti. Anche in questo caso la religione nella sua forma identitaria e a-morale non se la passa affatto male al coperto di poteri politici. Cina, Russia, Turchia, India, Brasile ne sono gli esempi maggiori, ma anche le società libere occidentali ne hanno conosciuto esempi vigorosi.”
Ma la Chiesa, secondo lei, è sconfitta dalla religione cosiddetta “fai da te” e dal “Dio personalizzato”?
“La Chiesa cattolica in larga parte si è buttata nel mercato della ‘religione a bassa intensità’ per un verso lasciando da parte tratti importanti della sua eredità, per altro verso con successi significativi solamente nel breve periodo. Ci sono infatti troppe ‘resistenze’ interne al vangelo perché questo possa essere ridotto facilmente a ‘leisure’, a divertimento o a strumento del potere politico. L’auto-picconamento della Chiesa prosegue: quanto sono lontani i tempi del Vaticano II, della Ecclesiam Suam e della Evangelii nuntiandi di Paolo VI. Dentro la Chiesa cattolica troviamo esperimenti di tutti i tipi: commercializzazione del sacro, strumentalizzazione identitaria e politicamente subalterna di un depositum fidei arbitrariamente spezzettato, pentecostalizzazione, disperata fuga nella routine, professionalizzazione della pastorale (si pensi agli ‘operatori pastorali’) che uccide l’apostolato dei laici (cfr. LG n.31).”
Si può affermare che la politica abbia messo al bando la religione, la quale venga a volte recuperata solo come “stampella confessionale” del potere dello Stato?
“Anche qui è difficile fare un discorso generale. A me pare che la politica sia un ambito nel quale invece emerge una grande attenzione alla religione. Putin non fa mistero di aver bisogno della Ortodossia e Xi ha portato a termine il recupero del confucianesimo che molto più del marxismo si presta a cementare l’obbedienza nei ranghi del Partito Comunista Cinese. Il punto, semmai, è che i professionisti della religione (clero o laici) raramente si negano a questo reimpiego.”
“Cristo sì, Chiesa no”. Come e perché si è arrivati a questa dicotomia?
“Questa opposizione forse era vera negli anni ’70. Oggi mi pare piuttosto che sia vero il contrario: ‘Chiesa sì e Cristo no’. Chiesa come aggregazione sociale e non come altro. Chiesa come spazio di recupero di identità e/o di emozioni; Chiesa come luna park religioso. Impressionante, ad esempio, è l’anti-intellettualismo che serpeggia nelle Chiese e nelle Comunità cristiane. Non si sa più cosa il Vangelo significhi, né come e dove faccia presa sulla storia e scardini i poteri. Se a questo si unisce il rifiuto dell’ascesi si capisce perché oggi la gente non sappia più che credere – come insegnerebbe la Dei Verbum – significa ‘prestare al Dio che si rivela l’ossequio dell’intelletto e della volontà’. Tradizionalisti e progressisti hanno ingaggiato una gara a chi fa più danni.”
C’è ancora posto in politica per proporre una visione cristiana della vita e della storia?
“Certo che c’è. C’è spazio per il sovranismo ‘cristiano’ (se mai un sovranismo può ammantarsi di cristianesimo). C’è spazio per il populismo cristiano (se mai un populismo può ammantarsi di cristianesimo): dilaga in ambito cattolico, ad esempio, una sorta di ‘neo-peronismo’. E ci sarebbe pure spazio, all’opposto, per una ripresa del popolarismo di Sturzo e De Gasperi, ma è ancora più forte l’appeal dell’andreottismo e del doroteismo, di una qualsiasi delle tante forme di opportunismo clerico-moderato.” (mg)
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A cura di Mario Girau.
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