Indegnità

Da via Rasella al 25 aprile:
quali altri attacchi alla Costituzione
e all’antifascismo?
di Ottavio Olita

All’indomani dell’indegna dichiarazione del Presidente del Senato Ignazio La Russa sull’attentato del 23 marzo 1944 di Via Rasella a Roma la prima domanda che viene da porsi, con urgenza, è: ma su che cosa hanno giurato questi nuovi rappresentanti istituzionali? Su carta straccia o sul documento su cui si fonda la nostra comunità nazionale, la nostra ragione di stare insieme, la nostra stessa storia?
​Non bastava Giorgia Meloni che nel giorno del ricordo delle 335 vittime delle Fosse Ardeatine aveva definito genericamente italiani gli ebrei, gli antifascisti, gli avversari politici e tanti detenuti senza una precisa identità politica massacrati dai macellai nazifascisti. Si era detto, da più parti: è la sua fobia ad usare la parola antifascista.
​Beh, ora cosa si potrà dire di questa sortita in cui il reggimento Bozen dei nazisti è stato definito una ‘banda musicale di quasi pensionati’ contro cui venne commesso uno degli atti meno nobili35b9386b-53af-4b9d-a4bf-8fc77485482a della resistenza? La ricostruzione storica dell’attentato che ne fa oggi ‘Il Corriere della Sera’ dimostra quale fosse la vera natura militare e oppressiva, da occupazione militare, di quel reggimento. E così tante altre ricostruzioni filmiche e storiche fatte, negli anni passati, di quella tragedia.
​La reazione dell’ANPI, così come degli esponenti delle forze politiche d’opposizione e della comunità ebraica è stata netta e decisa intorno a due parole: indegna e ignobile. Molto più politica la dichiarazione di Gianni Cuperlo che non ha usato mezzi termini: ‘ È un nostalgico dichiarato del fascismo, dunque un fascista, e non può essere la seconda carica dello Stato’. Poi, le voci si sono attenuate, fino al giustificazionismo.
​Calenda, terzo polo, ha dichiarato ‘Sono ammirato dalla determinazione con cui La Russa dimostra l’inadeguatezza come presidente del Senato’. Nessuna parola, finora, da parte di Renzi (e qui si rinnova il sospetto che appartenesse al suo schieramento la pattuglia di 17/18 parlamentari che dall’opposizione sostennero l’elezione di La Russa).
​Quindi la maggioranza, che evidentemente ritiene più importante il giuramento di fedeltà alla Meloni che alla Costituzione Italiana. Mulé, Forza Italia, ha detto che le affermazioni di La Russa riguardano lui e basta. Silenzio tombale da parte dei moderati di Lupi e della Lega (in questo caso probabilmente – si spera? – solo per opportunismo elettorale dato che domani si vota in Friuli Venezia Giulia). Per finire con Fratelli d’Italia le cui uniche affermazioni sono volte a condannare le ‘strumentalizzazioni della sinistra’.
​La verità storica ridotta a strumentalizzazione? Si sta ripetendo continuamente il tentativo di riscrivere la storia da parte della destra. Al confronto fa sorridere il ricordo di Berlusconi che durante un Porta a Porta di qualche decennio fa dichiarò di voler stringere la mano ad Alcide Cervi, morto da tempo – come gli ricordò subito Fausto Bertinotti -, padre dei sette eroici fratelli trucidati dai fascisti. Chissà se oggi sarebbe disposto a stringere la mano a qualcuno dei discendenti dei massacrati alle Fosse Ardeatine o se solidarizza con La Russa.
​Tutto questo accade alla vigilia di un 25 aprile che si preannuncia assolutamente particolare e in qualche modo decisivo per affermare la volontà antifascista dell’Italia. E non è da escludere che ci sia dietro una strategia di distrazione di massa rispetto alla povertà crescente, ai privati del Reddito di Cittadinanza, ai senza lavoro, all’incapacità che sta dimostrando il governo di gestire il PNRR secondo i tempo dettati dall’Europa. E su questo sarebbe interessante sapere se e come Mattarella ha catechizzato la presidente del Consiglio.
​C’è infine una domanda da porre direttamente a La Russa, così come sul ‘Corriere’ di oggi fa Massimo Gramellini. Nel suo mostrarsi Giano Bifronte cosa preferisce essere: Presidente del Senato, con le sue inderogabili responsabilità politiche, storiche, culturali, o un ‘battutista da apericena’ – scrive Gramellini – che non rinuncia alla sua esuberanza da nostalgico capopartito?
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