Cattolici e Politica

IL DIBATTITO
L’Unione Sarda, 11 marzo 2023
La diaspora dei cattolici
di Antonio Secchi

Ogni volta che si attraversa una fase di crisi della politica, ci si interroga sempre sulla “questione cattolica”, cioè sul ruolo che giocano i cattolici nella vita democratica del Paese.
[segue]

Questa domanda si ripropone oggi con qualche urgenza perché il binomio cattolici-politica sembra muoversi in controtendenza rispetto almeno all’ultimo secolo di storia del nostro Paese. I cattolici infatti entrarono in parlamento con il Partito Popolare di don Sturzo, nato nel 1919, subirono lo scioglimento dei partiti da parte del regime fascista.

S i presentarono poi come compagine determinante nella composizione dell’Assemblea Costituente e nella scrittura della Carta costituzionale. Governi di centro e poi di centro-sinistra, guidati costantemente da esponenti democristiani, da De Gasperi a Moro, patrocinarono la ricostruzione e la modernizzazione del Paese. Poi la politica italiana fece anche i conti con la rivoluzione culturale del ’68 e con le tensioni sociali degli anni ’70 da cui nascerà il fenomeno del terrorismo. Saranno le Brigate Rosse a rivendicare nel 1978 il sequestro di Aldo Moro, lo sterminio della sua scorta e dopo 55 giorni la soppressione del Presidente della Dc. Una tragedia nazionale che segnò un cesura profonda nella vita politica italiana, trascinatasi stancamente fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989 e alla bufera giudiziaria di Mani pulite degli anni ’90 che decretò la scomparsa dei grandi partiti di massa. Nel 1994 il segretario della Dc, Mino Martinazzoli, ammainò la bandiera del suo partito e in quello stesso anno a vincere le elezioni fu Berlusconi. Qualche storico sostiene che con il 1994 è finita la prima Repubblica ed è iniziata la seconda che non sembrerebbe neppure conclusa fino ad oggi, come se fosse una sorta di grande transizione durante la quale è accaduto un fatto nuovo, la diaspora dei cattolici, la loro dispersione in tutti i partiti presenti nell’agone politico, “dispersione infruttuosa” secondo alcuni, anzi causa dell’attuale irrilevanza dei cattolici nei nuovi scenari della politica.

In questo ultimo trentennio (1994-2023) si è affermato un sistema politico di bipolarismo conflittuale che non accenna a trovare una stabile governabilità e che ha registrato la nascita di nuovi partiti portatori di culture populiste e sovraniste influenzate da logiche comunicative definibili con la categoria della “politica spettacolo”. In questo sistema di partiti leggeri e di leader che si esauriscono velocemente cresce il fenomeno della disaffezione alle urne che tocca pesantemente anche il mondo cattolico: “I cattolici sono capaci di grande aggregazione sul versante della coesione sociale, ma la politica è un’altra cosa, richiede tempo e volontà di sporcarsi le mani”: parole di Giuseppe De Rita, fondatore del Censis.

Dunque i cattolici dove sono? “Dappertutto e da nessuna parte” è la risposta di Giorgio Campanini, uno degli studiosi più accreditati nel campo della teologia dei laici, i quali, a suo parere, soffrono di una sorta di individualismo che si manifesta nel vissuto di una fede tutta intimistica. Stefano Zamagni ritiene invece che la più grande responsabilità dei cattolici sia stata, in questo tempo di diaspora, la rinuncia a produrre cultura politica, a immaginare una propria visione della “città dell’uomo” attingendo ai valori cristiani e alla Dottrina sociale della Chiesa aggiornata dal magistero degli ultimi Papi.Papa Francesco in questo primo decennio di pontificato ha tracciato un cammino prezioso di esortazioni e di encicliche molto innovative partendo da “Evangelii gaudium”, affrontando l’urgente tema dell’eco logia integrale per giungere a delineare il profilo della migliore politica nella “Fratelli tutti”. Il mondo cattolico “laico” deve ora riflettere sul proprio ruolo nella crisi della democrazia, che non va sottovalutata. Se ha un senso continuare nella separazione tra cattolici del sociale e cattolici della morale, tra coloro che si limitano all’impegno culturale prepolitico e quanti invece sostengono l’opzione obbligata di scendere nell’agorà dei partiti politici.

Questo tempo rivolge domande incalzanti a tutti, credenti e non credenti, dal cambiamento d’epoca alla guerra mondiale a pezzi, dalle colossali migrazioni ai cambiamenti climatici, dalla questione della pace alla difesa della libertà e della democrazia nella consapevolezza che il tempo della cristianità è finito ma non quello del cristianesimo.

Saggista,

coordinatore regionale “insieme”
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cattolici-e-politicaSu L’Unione Sarda sono apparsi due editoriali sull’impegno dei cattolici in politica. Precisamente:
- giovedì 2 marzo a firma di Antonello Menne (https://www.unionesarda.it/opinioni/i-cattolici-e-la-politica-ei7ji6hq?fbclid=IwAR3oIGqJajSjnHdUtOe5TGBiV2zsmXeQ3gfWF9zaTqQ6z3l3oglZVqBlibs),
- ripreso domenica 4 marzo da Sergio Nuvoli (https://www.unionesarda.it/opinioni/limpegno-dei-cattolici-pruf9ga0?amp=1&fbclid=IwAR3rN-vJ5qV5Cc33Rcufsn39IoKiBBNOtSoO6GVep122zAk7Oc3xkgou9cE).
Riteniamo sia un dibattito importante, a cui intendiamo partecipare e sollecitare la partecipazione di tanti altri, cattolici e no, che crediamo interessati. Rimandiamo pertanto agli auspicati contributi in tutte le sedi essi vengano riportati (quotidiani e periodici cartacei e online, social, etc.). Sebbene i due articolisti non ne parlino, per nostro conto intendiamo connettere almeno una parte dei contenuti del dibattito, per quanto possibile e pertinente, ai cammini sinodali della Chiesa italiana (specificamente) e della Chiesa universale.
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