Ta mundu leggiu!

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Ta mundu leggiu seus vivendi! Che mondo brutto stiamo vivendo! Ripeteva spesso mia mamma, non facendo differenze tra i tempi terribili di distruzione e morte della guerra (che aveva attraversato con la sua numerosa famiglia pesantemente sulle sue spalle) e i tempi oggettivamente migliori del dopoguerra. Come segno di speranza addiritura mise al mondo altri tre figli che si aggiunsero agli otto precedenti. Viveva con ottimismo sorretta da una fede incrollabile. Eppure continuava a ripetere “Ta mundu leggiu…” pensando non tanto alla sua situazione, quanto a ciò che continuava ad accadere di brutto nel mondo: povertà, violenze, guerre diffuse (quantunque lontane dall’Europa)… Dunque di che ci meravigliamo. Anzi statisticamente il mondo sta complessivamente meglio del passato, nonostante i rallentamenti e in diversi ambiti i peggioramenti dovuti in prevalenza alla pandemia e alle guerre in corso, in primis quella Russo-Ucraina. Per questa osservazione ci aiutano i 17 parametri/obbiettivi dell’Agenda Onu 2030 sullo sviluppo sostenibile. Ma intanto dobbiamo dire che la rilevazione statistica di carattere generale non dà conto di situazioni specifiche, come il sostanziale squilibrio tra ricchi e poveri del mondo con l’aumento vertiginoso delle povertà (al plurale), un po’ più precisamente rileva il rischio di precipitazioni delle condizioni ambientali con il verificarsi considerevole dei disastri ambientali. A questi eventi nel corso della sua storia l’Umanità ha cercato sempre di far fronte. Lo fa tuttora? Sicuramente in qualche misura, non certo in modo convinto e sufficiente, anzi. E non certamente in modo coinvolgente tutta l’Umanità, prevalendo diseguaglianze, sfruttamento, fame e caduta delle democrazie. La caduta peggiore è la caduta della Speranza, che comporta un regresso irreversibile. Anche la situazione italiana sta tutta dentro questa lettura, come ben argomenta Alessandro Portelli nel suo efficace intervento su il manifesto (che di seguito riportiamo). Una lettura pessimistica, certo, ma, come dice Alessandro, tutto potrà andare diversamente se crediamo e ci impegniamo perché “… è arrivato il momento di scrollarci di dosso il torpore interiorizzato di chi si sente sconfitto, e di ritrovare le nostre convinzioni, le nostre passioni, la nostra intensità. Forse non è troppo tardi per provare a rimettere il mondo in sesto”.
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Mondo alla rovescia. Rimettiamolo in sesto, ribellarsi è giusto.

[COMMENTI su il manifesto]. Solo in un tempo scardinato è possibile rispondere a un’aggressione fascista minacciando di sanzioni un’insegnante antifascista, o dare la colpa di una strage in mare a genitori snaturati che, chissà perché, hanno portato con sé i figli su una barca clandestina e precaria
Pubblicato un giorno fa

il manifesto Edizione del 4 marzo 2023

di Alessandro Portelli
I tempi sono fuori sesto, diceva Amleto, e mi fa rabbia che tocchi a me rimetterli a posto. Solo in un tempo scardinato è possibile rispondere a un’aggressione fascista minacciando di sanzioni un’insegnante antifascista, o dare la colpa di una strage in mare a genitori snaturati che, chissà perché, hanno portato con sé i figli su una barca clandestina e precaria. Per questo tocca a noi, con rabbia serena, rimetterli a posto scendendo in strada come antifascisti a Firenze e come antirazzisti a Milano. Che poi è la stessa cosa.

Nel 1939, una nave chiamata Saint Louis attraversò l’Atlantico cercando di portare in salvo 937 ebrei rifugiati dalla Germania nazista. Le autorità del nuovo mondo – a Cuba, negli Stati Uniti, in Canada – furono tutte concordi nel rifiutargli il permesso di sbarcare.

La nave dovette riattraversare l’oceano e tornarsene in Europa, dove almeno un terzo di quelle persone furono assassinate dei campi di sterminio nazisti.

Nel 2023, i rifugiati delle guerre, delle catastrofi climatiche, della povertà e della mancanza di futuro non hanno nemmeno una nave che provi a portarli in salvo. Devono attraversare il mare come possono, ma ancora una volta trovano i porti chiusi e se muoiono è colpa loro.

In questi tempi fuori sesto i criminali sotto processo sono Mimmo Lucano che aveva provato ad accoglierli, o il contadino francese Cédric Herrou. Colpevole di solidarietà verso i migranti attraverso le Alpi.

Ha proprio ragione l’improbabile ministro Valditara: non c’è pericolo di un ritorno del fascismo. Da un lato, è improbabile che torni il fascismo del folklore, coi gagliardetti, gli slogan, i gerarchi in camicia nera che saltano nel cerchio di fuoco, il fez con la nappa. Dall’altro, non “tornerà”, perché non se n’è mai andato, il fascismo che chiudeva i porti ai rifugiati ebrei del 1939 e che adesso li chiude ai rifugiati africani e mediorientali col colore sbagliato e la pelle sbagliata. Per questo le due manifestazioni di oggi a Firenze e Milano sono la stessa cosa: è lo stesso fascismo quello che aggredisce chi non è d’accordo e quello che lascia morire chi non è uguale. L’ipocrita «prima gli italiani» di Salvini e complici e successori significa solo gli «italiani»: sono non-italiani e non hanno diritti i “clandestini” fuori dei confini; e dentro i confini sono «antitaliani» (questi sì proprio come nel ventennio) quelli che non si accodano disciplinatamente al consenso verso chi comanda.

Nel 1984 immaginato da George Orwell, il senso delle parole si rovesciava: «La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza». Nel 2023 in cui viviamo noi, abbiamo fatto molti passi avanti su quella strada. Antifascismo e solidarietà sono reati, le vittime sono colpevoli, i carnefici buoni samaritani, lasciar morire la gente è pietà. Nei suoi discorsi, Giorgia Meloni – madre, cristiana, ma soprattutto italiana – ci insiste ripetutamente. «Siamo umani, noi», proclama, «noi siamo quelli umani che si pongono il problema del destino di persone che stanno in difficoltà e per evitare che muoiano in mare con nostro grande dolore gli diciamo di non partire, vantando una politica di respingimento come un atto umanità e di buoni sentimenti.

In quanto madre, Giorgia Meloni non ha una parola umana per i ragazzi massacrati di botte dai fascisti a Firenze; in quanto cristiana, non ha niente di umano da dire sugli esseri umani morti per mancanza di soccorsi nel mare della Calabria. D’altra parte, è in nome di umani sentimenti paterni che il suo accolito Piantedosi dà ai loro stessi genitori la colpa della morte di bambini che sarebbe stato suo compito salvare. E non ci dimentichiamo che il suo alleato Matteo Salvini schedava i rom perché «non come ministro, ma come papà» voleva «salvare quei bambini che crescono nella schifezza» di campi che sarebbe stato suo dovere rendere vivibili.

Ma sarebbe stato, ed è, anche dovere nostro. Abbiamo senz’altro il cuore dalla parte giusta, ma non basta. Anche una solidarietà rassegnata rischia di risolversi in inerzia, che è una forma attenuata di indifferenza. Ho cominciato con Amleto, finirei con Yeats: le cose vanno in pezzi, scriveva, perché «ai migliori manca ogni convinzione, mentre i peggiori sono pieni di intensità appassionata». Basta ascoltare i comizi di Giorgia Meloni per capire di che cosa parlava. Ebbene, è arrivato il momento di scrollarci di dosso il torpore interiorizzato di chi si sente sconfitto, e di ritrovare le nostre convinzioni , le nostre passioni, la nostra intensità. Forse non è troppo tardi per provare a rimettere il mondo in sesto.
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Per correlazione vedi il pensiero di Giuseppe De Rita: https://www.ildomaniditalia.eu/intervista-a-giuseppe-de-rita-la-chiesa-di-fronte-allera-dello-spirito/
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Dal Credo
Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.

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