Racconto di Natale
LA STELLA
Racconto di Natale
venuto alla luce dopo aver sentito il nostro vescovo, Giuseppe Baturi, che raccontava due episodi della sua vita, durante un Incontro della Caritas di Cagliari.
Maria Elisabetta Angius
Dicembre 2022
L’uomo era alto e robusto, la pelle del viso non era più liscia ma neppure rugosa, gli occhi scuri e malinconici, i capelli tagliati cortissimi erano brizzolati, le spalle spioventi e incurvate. Vestiva un giubbotto scuro e dei jeans chiari, calzava delle sneakers grigie. Mentre camminava lasciava andare una scia di dopobarba da pochi soldi. Nonostante indossasse abiti nuovi e puliti dava l’idea di trasandatezza. Salì lentamente i gradini della cattedrale ed entrò nella navata laterale di destra. Si guardò intorno smarrito. […] Avrebbe voluto proseguire verso il fondo della chiesa ma qualcosa dentro di lui glielo impediva. Si sedette su uno degli ultimi banchi e si guardò ancora intorno. La chiesa era silenziosa e deserta ma in quell’angolo, nella semioscurità, provava una sensazione di sicurezza. Improvvisamente si alzò e velocemente come se si fosse ricordato di un appuntamento mancato, lasciò la chiesa e si disperse tra le strette vie del rione.
Dopo una settimana era di nuovo lì, nella navata laterale destra della cattedrale, nel medesimo banco al quale ora si aggrappava, quasi fosse un’ancora sicura che trattiene la barca in porto e le impedisce di seguire la corrente. Pensava proprio a questo quando il vecchio vescovo si avvicinò:
“Hai bisogno di qualcosa, fratello?” – disse guardandolo negli occhi.
L’uomo chinò il capo non riuscendo a reggere quello sguardo benevolo e con un filo di voce rispose:
“Vorrei confessarmi”.
“Sono una settimana che ti aspetto – replicò il vescovo – ti ho visto l’altra volta che sei venuto. Sediamoci qua in questo angolo appartato e silenzioso e aprimi il tuo cuore”.
“Padre ho visto passare la stella e non l’ho seguita! – Si fermò, sospirò e riprese – Mi piaceva la ricchezza, io che sono nato povero. E allora me la sono presa, la ricchezza! Ho rubato! Abiti, motociclette, automobili, cellulari. E più rubavo più desideravo! Non ero mai contento! Sino al giorno che ho esagerato. Credevo di essere molto furbo e avevo preso meno precauzioni che sino a quel momento mi avevano permesso di cavarmela! Due agenti di polizia mi hanno fermato e sono stato rinchiuso in prigione per dieci anni. Sono appena uscito!”
“La stella passa ogni anno per chi vuole vederla – rispose il vecchio vescovo – mancano poche settimane a Natale, attendila!”
L’uomo si mise a piangere, in silenzio. Le lacrime gli solcavano il viso e cadevano sulle mani che teneva strette una all’altra ma riuscì ugualmente a sussurrare:
“La stella passa solo una volta!”
“Vai ora figlio e cerca di capire che non è come tu dici”.
Solo allora l’uomo avvertì un odore di candele misto a quello dell’incenso. Prese poche gocce d’acqua dall’acquasantiera e si segnò. Uscì dalla cattedrale e si avviò per la stradina in discesa. L’odore di incenso sembrava lo seguisse. Raggiunse una porticina, infilò una chiave nella toppa della serratura e aprì. Scese due gradini e fu nella casa, la casa che gli avevano lasciato i suoi genitori. Due stanzette con un bagno, provvisto solo di un gabinetto e un lavandino. Dentro quelle mura che odoravano di chiuso c’era tutto quello che era appartenuto alla mamma e al babbo. Pochi e semplici oggetti, c’era solo il necessario per la quotidianità. I mobili erano di legno chiaro, un televisore di vecchia generazione, un telefono da tavolo senza connessione telefonica. C’era anche un album con le fotografie della famiglia: il matrimonio dei genitori, il suo battesimo, il primo giorno di scuola, una gita con i parenti, un compleanno dei nonni, lui ragazzo con la fidanzatina e poi adulto.
Una sola finestra dava sulla strada ma per fortuna non c’erano abitazioni nel lato opposto. Una vista sulla città apriva a un susseguirsi di case lontane, di chiese e campanili e poi, lontano, il mare. L’uomo avvicinava il viso alla finestra, poggiava la fronte sul vetro freddo e così osservava il cielo. Quel cielo che lì nel rione vecchio e alto della città sembrava più vicino a chi aveva il tempo o la voglia di guardarlo. Ogni sera, come gli aveva suggerito il vecchio vescovo, dopo aver spento la luce della stanza che fungeva da cucina e sala da pranzo, si avvicinava alla finestra e poggiava la fronte al vetro. Stava così per un tempo che non sapeva misurare. All’inizio guardava il cielo senza nessuna aspettativa ma man mano che i giorni passavano la speranza cresceva.
E la stella apparve, era una cometa. Tutti i giornali e i telegiornali da settimane ne parlavano, la cometa sarebbe arrivata in Italia proprio nel periodo natalizio ma lui non comprava i quotidiani e non seguiva i telegiornali. Il televisore serviva per vedere le partite di calcio e i film di azione. La cometa rimase lì nel cielo per diverse sere, proprio all’ora nella quale le famiglie del rione si sedevano a tavola per la cena. Era lì, la stella a tenergli compagnia. L’uomo la osservava e pensava. Tutta la vita passata lo attraversò durante quelle serate. Poi la stella sparì all’improvviso, come era apparsa.
L’uomo salì le scale della cattedrale e cercò il vecchio vescovo, inutilmente. Si fece coraggio e varcò la soglia della sacrestia e chiese a un incredulo sacrestano di parlare con il vescovo. Solo per scrupolo l’anziano uomo citofonò al segretario di sua eminenza.
“Fallo salire nello studio privato di sua eccellenza – disse la voce gioviale del sacerdote”.
Il vecchio vescovo scrutò il viso dell’uomo e disse:
“So che hai visto la stella ma non so cosa ti abbia detto!”
“Di vivere!” – sussurrò in fretta l’uomo, quasi vergognandosi di ciò che diceva.
Un anno dopo, il 23 Dicembre, il vecchio vescovo univa in matrimonio nella cripta della cattedrale Gianni e Angelina, la fidanzatina della fotografia. Erano un uomo e una donna entrambi maturi che si erano rivisti per caso, nell’arcivescovado. Gianni era diventato l’uomo di fiducia del vescovo perché riusciva ad aggiustare ogni tipo di guasto, sia idraulico, che elettrico o meccanico. Angelina, da quando Gianni l’aveva lasciata per rincorrere la ricchezza, aveva trovato rifugio nelle cucine dell’arcivescovado. Ora avevano deciso di unire le loro solitudini, data l’età non avrebbero potuto avere dei figli ma questo non era un problema. Avevano rimesso a posto la casetta dei genitori di Gianni e ogni sera prima di sedersi a cena guardavano con la fronte appoggiata al vetro della finestra se passava la stella.
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