In giro sulla rete martedì 22 novembre 2022

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————————Dalla rete—————
Come sfamare tutti
di Carlo Petrini
[ripreso dal blog di Enzo Bianchi]

Undici anni fa il mondo tagliava il traguardo dei sette miliardi di abitanti, oggi siamo arrivati a otto.

E così, presto o tardi, si tornerà a discutere della presunta necessità di aumentare la produzione alimentare per poter sfamare l’intera popolazione della Terra. Di cibo, in verità, ce n’è in abbondanza: già oggi, quasi un terzo di quello che viene prodotto a livello globale va sprecato, buttato via senza essere stato consumato: dal campo alla pattumiera, potremmo dire. A volte scartato semplicemente perché in eccesso rispetto alle necessità; altre volte perché mal conservato lungo le rotte infinite sulle quali viaggia da una parte all’altra del mondo; spesso sprecato da noi consumatori dei Paesi ricchi, che non diamo valore al cibo.

Oggi se ne produce per 12 miliardi di persone. Il cibo c’è, eppure 800 milioni di persone ogni anno soffrono la fame.

Secondo la Fao, nel 2030 la percentuale di persone che ne patiranno sarà la stessa del 2015: l’8%.

Significa che, nonostante i discorsi, le tante parole pronunciate e le promesse, in quindici anni non sarà cambiato nulla. Un altro dato penso debba far riflettere: il 13% degli adulti che vivono nel mondo è obeso. Da una parte c’è chi muore di fame, dall’altra chi convive con malattie dovute alla sovralimentazione e alla cattiva alimentazione. La dolorosa constatazione è che si soffre di malnutrizione non per scarsità di cibo, ma per povertà.

Credo che il fallimento delle attuali politiche alimentari sia sotto gli occhi di tutti: il cibo, oggi, non è per tutti; non è pulito, considerato che un terzo delle emissioni di gas serra è legato alla filiera alimentare; e spesso non è nemmeno particolarmente buono.

Ma io sono convinto che otto miliardi di persone possano vivere e alimentarsi in modo sostenibile.

Dico sostenibile, intendendo di questo aggettivo il significato più autentico: utilizzando cioè le risorse in modo che possano continuare a essere disponibili in futuro. Alimentarsi in modo sostenibile (meglio in modo duraturo) significa allora far sì che ciò che noi sfruttiamo oggi possa continuare a essere sfruttato dai nostri figli, a partire dal suolo che è l’origine di tutto il cibo che mangiamo. Per essere sostenibile, ad esempio, l’agricoltura deve abbandonare i pesticidi: veleni che uccidono la fertilità dei terreni, oltre a far male alla salute.

Nel mondo esistono tante realtà virtuose: pensate che oltre la metà della popolazione viene alimentata da 500 milioni di produttori di piccola scala, imprese familiari oppure piccole cooperative. Un tessuto enormemente prezioso, da salvaguardare e tutelare, da difendere e promuovere, da sostenere, ma che invece si trova sempre più spesso strozzato in un sistema che privilegia le multinazionali, l’agroindustria, i big della chimica applicata al cibo, chi possiede i brevetti e i semi ibridi, gli stessi che incassano una grande fetta dei fondi stanziati a livello internazionale. Per sfamare otto miliardi di persone la strada è tanto chiara quanto rivoluzionaria: smettere di inseguire la produttività e cominciare a difendere la produzione alimentare. Il cibo dev’essere un diritto, non un bene da scambiare in Borsa, non una commodity grazie alla quale arricchirsi a discapito di qualcuno, della salute del pianeta e del futuro stesso dell’umanità.
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Ai figli si vuol garantire tutto tranne la fede la nuova religione adulti è la giovinezza
Un teologo fra i più attenti nello studiare l’epocale crisi nel rapporto tra giovani e il cristianesimo individua la causa principale nella rottura della catena generazionale nella trasmissione del credo. E scongiura la chiesa di creare le condizioni per permettere ai ragazzi di ritornare a Messa.

La Stampa – Tuttolibri – 19 Novembre 2022
di Enzo Bianchi [sul suo blog]
Mai come in questi ultimi anni i giovani sono al centro di studi sociologici, di ricerche antropologiche e di riflessioni filosofiche che concordi gettano un grido di allarme sulle condizioni del mondo giovanile, mostrando inquietudine per la complessità e drammaticità di problematiche che questa generazione manifesta. Anche la chiesa cattolica in questi ultimi tempi ha prestato molta attenzione all’universo giovanile, mentre constata l’estraneità dei giovani nei confronti del messaggio cristiano e il tracollo della loro presenza all’interno della sua vita. Gli oceanici raduni di giovani cattolici che dal 1986 hanno caratterizzato le “Giornate mondiali della gioventù” volute da Giovanni Paolo II e proseguite dai suoi successori si sono rivelate un miraggio: milioni di giovani che hanno riempito gli stadi ma che disertano in massa le chiese. Un fallimento? Di certo qualcosa di decisivo non ha funzionato. Neppure il Sinodo dei vescovi del 2018 interamente dedicato ai giovani sembra aver invertito la tendenza.

Ed è dai risultati di questo Sinodo che muove l’ultima di una nutrita serie di pubblicazioni che da anni Armando Matteo dedica alla condizione del mondo giovanile cattolico, mostrandosi come il teologo italiano che con maggiore lucidità riflette sulla epocale crisi nel rapporto tra i giovani e la fede. Nel suo ultimo saggio Riportare i giovani a Messa. La trasmissione della fede in una società senza adulti, Matteo formula l’ipotesi che la persistente fatica dei giovani nei confronti della fede sia essenzialmente da individuare nel fatto che il Sinodo sui giovani non abbia riflettuto fino in fondo sulla rottura della catena generazionale della trasmissione fede. Da qui il chiarissimo grido d’allarme: “Fatto il Sinodo, la trasmissione della fede ai giovani non rappresenta più, per i credenti e i loro pastori, un problema, un’urgenza, un tema cui dedicare altra attenzione e altra energia”.

Con questo volume Armando Matteo, teologo e segretario del Dicastero per la dottrina della fede, conclude la “triologia di Pete Pan”, cioè la riflessione da lui avviata con i saggi Pastorale 4.0 e Convertire Peter Pan sul fenomeno dell’ateismo giovanile e il suo strettissimo legame con la crisi degli adulti nell’attuale società occidentale, definita “società dell’eterna giovinezza”. La rimozione compiuta dal Sinodo sui giovani consiste essenzialmente per Matteo nella mancata cognizione della grande responsabilità che gli adulti hanno nei confronti dei giovani. Più esattamente l’incapacità di “pensare la crisi dell’iniziazione cristiana delle nuove generazioni in piena continuità con l’evoluzione della crisi di adultità specifica delle nostre società”. La nostra è con tutta evidenza una società senza adulti incapace di educare e che alimenta un solo mito: la giovinezza. Agli occhi dei cosiddetti “adulti” i giovani avendo la giovinezza hanno già tutto ciò che serve nella vita e non hanno bisogno di essere educati, e tanto meno necessitano di una iniziazione alla vita religiosa. La società dell’eterna giovinezza abbandona i giovani a una povertà umana e spirituale.

La crisi della fede nei giovani è in realtà per Armando Matteo la crisi dell’adultità degli credenti e della loro incapacità di educare i figli alla fede e di esserne testimoni credibili. L’effetto è sotto gli occhi di tutti: il grembo della chiesa è sterile e incapace di generare nuovi cristiani, e fino a quando non si avrà di nuovo la capacità di riavviare legami credibili e significativi con le nuove generazioni la chiesa in occidente diventerà, utilizzando parole di papa Francesco, “una chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire”. Senza giovani la chiesa è destinata a morire dissanguata.

Armando Matteo invita, anzi scongiura la chiesa e i credenti a creare le condizioni attraverso le quali permettere ai giovani di diventare cristiani, intersecando la loro reale difficoltà a diventare adulti: “Riportare i giovani a Messa implica dunque l’onerosa fatica di aiutarli a diventare adulti, nel tempo in cui i loro genitori e adulti di riferimento vogliono unicamente essere e fare i giovani per sempre”.

Questo libro indica con estrema lucidità l’urgenza che si aprano nuovi modi di pastorale, di presenza in mezzo ai giovani, di vicinanza. Perché se manca quello e se manca anche la voglia generativa della chiesa verso la fede allora non ci sarà una generazione cristiana futura. Sì, non si diventa cristiani se non si diventa adulti.
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——————————————-Da Aladinpensiero———
In libreria
«Giovanni XXIII. Il Vaticano II un Concilio per il mondo», di Marco Roncalli ed Ettore Malnati, collega l’assise avviatasi l’11 ottobre 1962 al percorso sinodale: prefazione di Papa Francesco.
Dal Dossier Caritas 2022 (in allestimento)
(…) 8302ef74-53e3-4e69-87bc-5df492cc6029. Scegliamo, infine, di riprendere in sintesi la prefazione di Papa Francesco al libro “Il Vaticano II un Concilio per il mondo”, uscito di recente (8) nel quale definisce il Concilio un «evento di grazia per la Chiesa e per il mondo», «i cui frutti non si sono esauriti» e che «non è stato ancora interamente compreso, vissuto e applicato». E così lo collega al Sinodo: «Siamo in cammino, e una tappa fondamentale di questo cammino è quella che stiamo vivendo con il Sinodo e che ci chiede di uscire dalla logica del “si è sempre fatto così”, dall’applicazione dei soliti vecchi schemi, dal riduzionismo che finisce per voler inquadrare sempre tutto in ciò che è già risaputo e praticato». «Dal Concilio Ecumenico Vaticano II abbiamo ricevuto molto. Abbiamo approfondito, ad esempio, l’importanza del popolo di Dio, categoria centrale nei testi conciliari, richiamata ben centottantaquattro volte, che ci aiuta a comprendere il fatto che la Chiesa non è un’élite di sacerdoti e consacrati e che ciascun battezzato è un soggetto attivo di evangelizzazione. Non si comprenderebbe il Concilio e nemmeno l’attuale percorso sinodale, se non si mettesse al centro di tutto l’evangelizzazione». E continua, lodando il libro in questione: «[dobbiamo] riscoprire l’ispirazione del Concilio e come passo dopo passo questo evento abbia trasformato la vita della Chiesa, è l’occasione per affrontare meglio il percorso sinodale, che è fatto innanzitutto di ascolto, di coinvolgimento, di capacità di far spazio al soffio dello Spirito, lasciando a Lui la possibilità di guidarci».
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One Response to In giro sulla rete martedì 22 novembre 2022

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