Pace

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Come e quando la guerra finirà?

Il Presidente ucraino Zelensky ci ha fatto sapere che: “Solo quando la bandiera ucraina sventolerà di nuovo sulla Crimea liberata il mondo potrà sentirsi sicuro e dire che la guerra è finita.”

Domenico Gallo​
su il Fatto Quotidiano 1° novembre 2022

Ormai abbiamo superato gli otto mesi di guerra, senza che vi sia stato un solo giorno di tregua. Se alla controffensiva ucraina la Russia ha risposto mobilitando da trecentomila a un milione di coscritti e riprendendo bombardamenti in larga scala su Kiev ed altre città, diretti soprattutto contro le infrastrutture elettriche, l’Ucraina, dopo il ponte di Kerch, il 29 ottobre ha colpito un’altra volta in Crimea, con l’attacco alla base della flotta russa a Sebastopoli. Si è trattato dell’attacco più massiccio dall’inizio del conflitto, portato con armi particolarmente sofisticate, come i droni subacquei (forniti dalla Royal Navy), che ha provocato danni a quattro unità, compresa la nave ammiraglia. I russi hanno reagito sospendendo l’unico accordo negoziato con Kiev durante il conflitto, quello relativo alla creazione di un canale sicuro per l’esportazione del grano via mare. E’ evidente pertanto che il conflitto sta virando verso un’escalation incontrollabile, capace di provocare sofferenze inaudite alle popolazioni coinvolte e di avvicinare lo scontro diretto fra la NATO e la Federazione russa. In questi giorni, grazie alla crescente insofferenza dell’opinione pubblica europea ed italiana e ai ripetuti appelli del Papa, tutti invocano – a parole – la pace ma nessuno ci lascia intravedere come e quando questa guerra finirà. Intervenendo alle assise “il grido della pace” convocate dalla Comunità di Sant’Egidio, il Presidente francese, Emanuel Macron ha dichiarato che “la pace è possibile” ma sarà “quando e quella che loro decideranno (riferendosi agli ucraini) e che rispetterà i diritti del popolo sovrano (..) Non lasciamo che la pace oggi sia catturata dal potere russo. Oggi la pace non può essere la consacrazione della legge del più forte, né il cessate il fuoco che definirebbe uno stato di fatto”. Dal momento che -secondo la dottrina NATO-UE – dovranno essere gli ucraini a decidere quando e quale pace sarà possibile, è al Presidente Zelensky che dobbiamo guardare per capire quale sia la sua disponibilità a porre termine al conflitto. Ebbene Zelensky ce lo ha fatto sapere il 25 ottobre rivolgendosi ai partecipanti al vertice interparlamentare della “piattaforma di Crimea” svoltosi a Zagabria con la partecipazione di una quarantina di delegazioni, inclusa la speaker della Camera dei Rappresentanti del Congresso americano, Nancy Pelosi. Il Presidente dell’Ucraina si è espresso così: “Solo quando la bandiera ucraina sventolerà di nuovo sulla Crimea liberata il mondo potrà sentirsi sicuro e dire che la guerra è finita.” Orbene è fin troppo chiaro che per il Governo ucraino la guerra non deve limitarsi alla difesa, vale a dire a respingere le truppe d’invasione della Federazione russa ma deve spingersi oltre e ribaltare uno status quo consolidato dal 2014, consentendo alle forze armate ucraine di prendere possesso di un territorio che costituisce una Repubblica autonoma inserita nella Federazione russa. La penisola di Crimea fa parte della Russia da oltre 200 anni, nel 1954 Kruscev la “donò” all’Ucraina, ma si trattava di una mera unificazione amministrativa poiché l’Ucraina continuava a far parte dell’URSS. Nel 2014, dopo il traumatico cambio del regime politico a Kiev, il Consiglio Supremo della Repubblica di Crimea votò all’unanimità la dichiarazione d’indipendenza dall’Ucraina e chiese l’annessione alla Russia. Il 16 marzo del 2014 un referendum popolare approvò l’annessione alla Russia con il 96,77% di voti favorevoli, con la partecipazione dell’83,1% degli aventi diritto al voto. L’Ucraina non accettò l’annessione della Repubblica di Crimea alla Federazione russa. Anche l’Unione Europea rifiutò di riconoscere l’annessione ed applicò delle sanzioni commerciali alla Russia. Per la Crimea si verificò, a parti invertite, lo stesso processo che aveva portato all’indipendenza del Kossovo, che la NATO distaccò dalla Jugoslavia a seguito di un’azione di bombardamento durata 78 giorni. Quando il Kosovo, ormai separato di fatto, votò la propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008, quest’ultima dichiarò immediatamente di non riconoscerla. L’indipendenza del Kosovo è stata riconosciuta soltanto da una metà degli Stati membri dell’ONU, mentre l’altra metà non l’ha riconosciuta. Attualmente esiste una controversia internazionale sullo status del Kosovo, così come esiste una controversia internazionale sullo status della Repubblica di Crimea. La Costituzione italiana “ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Non v’è dubbio che se la Serbia decidesse di invadere il Kosovo per annullarne l’indipendenza, l’Italia dovrebbe “ripudiare” quest’azione perché non si possono risolvere le controversie internazionali con l’uso della forza. Lo stesso discorso vale per l’Ucraina, se volesse – come lascia intendere il suo governo – riprendere manu militari il controllo del territorio della Repubblica di Crimea per staccarla dalla Federazione russa, si tratterebbe di un’aggressione pura e semplice. Il fatto che gli ucraini siano stati aggrediti dalla Russia, che ha invaso una parte del loro territorio, giustifica la resistenza all’azione in corso, ma non può essere un valido pretesto per legittimare un’altra aggressione. Un’azione di forza per staccare la Crimea dalla Federazione russa, oltre ad essere inammissibile sul piano del diritto internazionale e ripudiabile, dal punto di vista della Costituzione italiana, rappresenta una provocazione che renderebbe la pace impossibile perchè la Russia, se non altro per ragioni strategiche, mai potrebbe rinunciare alla Crimea, se non a prezzo di una completa disfatta sul piano militare. Quanto sangue si deve ancora versare per consentire all’Ucraina di “vincere” la guerra con la Russia e risolvere tutte le controversie in corso? Quanti nuovi cimiteri si devono costruire? Siamo proprio sicuri che devono essere gli ucraini a decidere come e quando porre fine alla guerra?

(questo articolo è stato pubblicato in versione più breve su il Fatto Quotidiano del 1 novembre 2022 con il titolo: Un timido grido di pace nel deserto di guerra)
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COMITATO “NO ARMI -TRATTATIVA SUBITO”

Se amate la pace e siete per il cessate il fuoco subito e l’avvio immediato delle trattative tra l’Ucraina e la Russia sotto l’egida dell’ONU,
vi aspettiamo al SIT-IN,
promosso dal Coordinamento Prov.le “Prepariamo la Pace”
Sabato 5 novembre 2022 con inizio alle ore 17 in Piazza Garibaldi a Cagliari.
Partecipiamo numerosi. Fermiamo le armi!
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Lettera a chi manifesta per la pace

Di seguito il testo della lettera a chi manifesta per la pace firmata dal Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, e pubblicata il 3 novembre da Avvenire.

Cara amica e caro amico,
sono contento che ti metti in marcia per la pace. Qualunque sia la tua età e condizione, permettimi di darti del “tu”. Le guerre iniziano sempre perché non si riesce più a parlarsi in modo amichevole tra le persone, come accadde ai fratelli di Giuseppe che provavano invidia verso uno di loro, Giuseppe, invece di gustare la gioia di averlo come fratello. Così Caino vide nel fratello Abele solo un nemico.
Ti do del “tu” perché da fratelli siamo spaventati da un mondo sempre più violento e guerriero. Per questo non possiamo rimanere fermi. Alcuni diranno che manifestare è inutile, che ci sono problemi più grandi e spiegheranno che c’è sempre qualcosa di più decisivo da fare. Desidero dirti, chiunque tu sia – perché la pace è di tutti e ha bisogno di tutti – che invece è importante che tutti vedano quanto è grande la nostra voglia di pace. Poi ognuno farà i conti con se stesso. Noi non vogliamo la violenza e la guerra. E ricorda che manifesti anche per i tanti che non possono farlo. Pensa: ancora nel mondo ci sono posti in cui parlare di pace è reato e se si manifesta si viene arrestati! Grida la pace anche per loro!
Quanti muoiono drammaticamente a causa della guerra. I morti non sono statistiche, ma persone. Non vogliamo abituarci alla guerra e a vedere immagini strazianti. E poi quanta violenza resta invisibile nelle tante guerre davvero dimenticate. Ecco, per questo chiediamo con tutta la forza di cui siamo capaci: “Aiuto! Stanno male! Stanno morendo! Facciamo qualcosa! Non c’è tempo da perdere perché il tempo significa altre morti!”. Il dolore diventa un grido di pace.
La pace mette in movimento. È un cammino. “E, per giunta, cammino in salita”, sottolineava don Tonino Bello, che aggiungeva: “Occorre una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo”. Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché altri abbiamo il coraggio di farlo. Facciamo capire da che parte vogliamo stare e dove bisogna andare. E questo è importante perché nessuno dica che lo sapevamo, ma non abbiamo detto o fatto niente. Non sei un ingenuo. Non è realista chi scrolla le spalle e dice che tanto è tutto inutile. Noi vogliamo dire che la pace è possibile, indispensabile, perché è come l’aria per respirare. E in questi mesi ne manca tanta.
È proprio vero che uccidere un uomo significa uccidere un mondo intero. E allora quanti mondi dobbiamo vedere uccisi per fermarci? “Quante volte devono volare le palle di cannone prima che siano bandite per sempre?”. “Quante orecchie deve avere un uomo prima che possa sentire la gente piangere?”. “Quante morti ci vorranno finché non lo saprà che troppe persone sono morte?”. “Quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare?”. Io, te e tanti non vogliamo lutti peggiori, forse definitivi per il mondo, prima di fermare queste guerre, quella dell’Ucraina e tutti gli altri pezzi dell’unica guerra mondiale. Le morti sono già troppe per non capire! E se continua, non sarà sempre peggio?
Chi lotta per la pace è realista, anzi è il vero realista perché sa che non c’è futuro se non insieme. È la lezione che abbiamo imparato dalla pandemia. Non vogliamo dimenticarla. L’unica strada è quella di riscoprirci “Fratelli tutti”. Fai bene a non portare nessuna bandiera, solo te stesso: la pace raccoglie e accende tutti i colori.
Chiedere pace non significa dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito e quindi riconoscere una responsabilità precisa. Papa Francesco con tanta insistenza ha chiesto di fermare la guerra. Poco tempo fa ha detto: “Chiediamo al Presidente della Federazione Russa, di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte e chiediamo al Presidente dell’Ucraina perché sia aperto a serie proposte di pace”. Chiedi quindi la pace e con essa la giustizia.
L’umanità ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra. Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti che combattano le povertà. E chiediamo all’Italia di ratificare il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta.
Dio, il cui nome è sempre quello di pace, liberi i cuori dall’odio e ispiri scelte di pace, soprattutto in chi ha la responsabilità di quello che sta accadendo. Nulla è perduto con la pace. L’uomo di pace è sempre benedetto e diventa una benedizione per gli altri.
Ti abbraccio fraternamente.

Card. Matteo Zuppi

03 Novembre 2022
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Dal sito web della CEI

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