Europe for Peace
Vaticano, tutti all’Angelus il 23 ottobre
Redazione Sbilanciamoci
A Roma, oltre alla fiaccolata venerdì 21 sera dalle 17 e 30 in Campidoglio, domenica 23 mattina Europe for Peace si dà appuntamento all’Angelus in piazza San Pietro alle 11 con Papa Francesco.
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Conferenza stampa sulla manifestazione del 5 a Roma
Rachele Gonnelli su Sbilanciamoci
18 Ottobre 2022 | Sezione: Apertura, Europa. Su Sbilanciamoci.
“I partiti sono benvenuti ma noi siamo la società civile, la manifestazione è stata indetta da oltre 500 realtà associative”, dice Rete Pace e Disarmo. Sant’Egidio: “Il mondo della pace si sta risvegliando”. I sindacati: a rischio anche il tessuto industriale europeo e la democrazia.
Serviva una conferenza stampa a Roma degli organizzatori della manifestazione nazionale per la pace già convocata il prossimo 5 novembre. Sì serviva anche se il percorso non è ancora ufficiale, si sa che sono state chieste le piazze di concentramento (piazza della Repubblica) dalle ore 12 e di arrivo (piazza San Giovanni) ma ancora non ci sono i permessi ufficiali, che saranno comunicati nei prossimi i giorni. Serviva intanto per far capire che, come ha detto in apertura Sergio Bassoli della Rete Pace e Disarmo, “questa manifestazione nazionale è stata convocata dal basso, dalla società civile, ci sono oltre 500 realtà associative, laiche e cattoliche, organizzazioni locali, sindacati, che hanno promosso le mobilitazioni dell’appello Europe for Peace e sono nel comitato promotore”. E che “non è concepita come un evento, ma come un percorso”, che è iniziato il 25 febbraio scorso e è proseguito con manifestazioni locali, incluso quelle che si stanno organizzando in cento città per il fine settimana tra il 21 e il 23 ottobre, carovane di aiuti umanitari per la popolazione ucraina e altri appuntamenti. Aderiscono tra l’altro gli enti locali tramite l’Anci e l’Ali. Non è dunque una manifestazione dei partiti, che – ha specificato Bassoli – possono partecipare, come tutti, e sono bene accetti, come le persone a titolo individuale. Mentre Sergio Bassoli parlava, nella sala della protomoteca del Campidoglio, scorreva infatti sul video di spalle il lungo elenco delle adesioni insieme al logo di Europe for Peace con la macchia nera con i confini dell’Ucraina al centro dell’Europa.
La manifestazione nazionale a Roma del 5 novembre secondo Daniele Lorenzi, presidente nazionale dell’Arci, e Flavio Lotti della Tavola della Pace -che hanno parlato dopo – sarebbe dovuta essere convocata già prima ma Lotti ha comunque voluto ricordare che da quando è partita questa guerra, cioè dal 2014, sono state organizzate dai pacifisti 6 marce Perugia-Assisi per invocare la pace, “alle quali non risulta abbiano partecipato quelli che oggi criticano i pacifisti e vogliono metterci sotto processo”.
Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci – che insieme a Rete pace e Disarmo e a Stoptewarnow ha dato vita all’appello e alle mobilitazioni di Europe for Peace – ha ricordato come non sia mai mancata la solidarietà alla popolazione ucraina, così come ai disertori e ai pacifisti russi incarcerati. “Non siamo equidistanti”, ha detto Marcon e ha voluto ricordare a questo proposito le parole di don Tonino Bello nell’editoriale “Noi pacifisti latitanti”. Marcon ha sottolineato come sia essenziale per tutto, dalle azioni contro il riscaldamento climatico alla sopravvivenza stessa della democrazia, che si cambi strada rispetto all’attuale corsa al riarmo. In un solo anno il riarmo è costato 50 miliardi di dollari, dieci volte lo stanziamento mondiale per dare vaccini anti Covid ai paesi più poveri. “Non si può continuare così, se riempiamo il mondo di armi è chiaro che poi verranno usate”.
Secondo Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli “nel lessico deve tornare la parola pace, anche in quello della politica e questa manifestazione nazionale serve a questo, oltre che a dare sfogo all’inquietudine e al dolore allo stomaco di ciascuno per ciò che sta succedendo, per dire soprattutto all’Europa che le armi devono tacere”. Manfredonia si è detto contento di vedere che sul piano della pace “non ci sono divisioni tra noi, tra laici e cattolici”. Mentre Fabrizio De Sanctis dell’Anpi ha voluto rammentare i Partigiani per la Pace degli anni ’60 e ’70, nati per segnalare come “senza la pace nessun ideale della Resistenza, dalla giustizia sociale alla democrazia, possa essere perseguito”.
Paolo Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha voluto sottolineare come siamo di fronte a un risveglio del mondo della pace. “Purtroppo è mancato durante la guerra in Siria – ha notato – ma fortunatamente adesso c’è un risveglio perché non è possibile adattarsi alla guerra, convivere con lo sdoganamento della minaccia nucleare”. Impagliazzo ha detto che anche tra i profughi ucraini di cui Sant’Egidio si occupa si nota un bisogno di pace. “I nostri ragazzi, quelli che abbiamo accolto non volevano iscriversi a scuola a settembre nella speranza di poter tornare nelle loro scuole in Ucraina”, ha raccontato.
“La guerra è un crimine, non è possibile nel 2022 riconoscerla come strumento legittimo per dirimere le controversie tra gli Stati”, ha detto, nel nome di Gino Strada, la presidente di Emergency Rossella Miccio. “La pace non si misura in chilometri quadrati di terreno conquistato, si costruisce ogni giorno come noi facciamo nei nostri ospedali”, ha aggiunto. E ricordano proprio l’Afghanistan, dove dopo vent’anni di guerra sono tornati al potere i talebani, è anche chiaro come sia uno strumento che non funziona, controproducente.
Christian Ferrari per la Cgil nazionale ha messo in rilievo inoltre come a pagare i conti della guerra sia sempre la popolazione civile, i lavoratori e le lavoratori e le fasce più povere della popolazione. “Non esiste una soluzione militare – ha chiosato – e non è possibile affrontare nodi come la transizione energetica o la tenuta del tessuto industriale continentale senza la pace, una escalation anzi finirebbe per mettere a rischio la stessa democrazia”. L’Italia, per la Cisl, deve farsi promotrice all’Onu e all’Unione Europea di una ripresa del negoziato per arrivare a una conferenza internazionale di pace. Mentre per Monica Usai di Libera “sono le organizzazioni criminali che alla fine guadagnano sulla guerra”. In chiusura, Silvia Stilli, portavoce delle ong di Aoi (Associazione delle Organizzazioni non governative Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale) che con Stoptewarnow ha organizzato le varie carovane verso Leopoli, Odessa e Kiev, si è impegnata a continuare anche dopo il 5 novembre nell’organizzazione di invii di aiuti umanitari e staffette solidali con la popolazione dell’Ucraina. “Ci piacerebbe andare anche in Russia ad aiutare i pacifisti di là”, ha concluso quasi con un sogno ad occhi aperti.
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Da Vatican News.
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2022-10/papa-francesco-uniapac-dirigenti-cristiani-nuova-economia-patto.html
Il Papa: c’è bisogno di un’”economia del bene comune”
Nell’udienza ai partecipanti al 27.mo congresso mondiale dell’Unione internazionale cristiana di dirigenti d’azienda in corso a Roma, Francesco invita al coraggio di “una nuova alleanza” con i ragazzi di Economy of Francesco, che ad Assisi hanno scritto e firmato “un Patto per migliorare il sistema economico globale”
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
E’ necessaria “una nuova alleanza” tra i giovani di Economy of Francesco, che ad Assisi hanno scritto e firmato “un Patto per migliorare il sistema economico globale” e “voi dirigenti d’azienda e imprenditori maturi e di successo”, per dare forma insieme a “una nuova economia per il bene comune”. E’ l’invito che Papa Francesco rivolge ai 850 partecipanti al 27.mo congresso mondiale Uniapac, l’Unione internazionale cristiana di dirigenti d’azienda, in corso a Roma, incontrati questa mattina in Aula Paolo VI. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
La sfida di “Creare una nuova economia per il bene comune”
Dopo il saluto del presidente di Uniapac Bruno Bobone, il Papa definisce il tema scelto per il congresso, iniziato il 20 ottobre per chiudersi il 22, “Creare una nuova economia per il bene comune”, una “grande sfida” per voi e molti altri attori del mondo imprenditoriale”. Francesco chiama quella dell’imprenditore, citando l’Enciclica Laudato si, una “nobile vocazione” di imprenditori, ricordando “che tutte le nostre capacità, incluso il successo negli affari, sono doni di Dio” e come scrive nella Fratelli tutti, “dovrebbero essere orientate chiaramente allo sviluppo degli altri e alla eliminazione della povertà, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate”.
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Il Papa agli imprenditori cristiani: crescete nella creatività
12/11/2021
Chiamati ad essere creativi nel fare il bene
Si augura allora che i dirigenti cristiani abbiano il coraggio “di saper riconoscere la grazia” e la sapienza di Dio nelle loro vite, permettendo a queste “di guidare e dirigere le vostre relazioni nel mondo degli affari e con quanti lavorano per voi”. Siamo infatti “chiamati ad essere creativi nel fare il bene, – chiarisce ripetendo quanto detto all’Angelus del 18 settembre 2022 – usando i beni di questo mondo” inclusi “tutti i doni che abbiamo ricevuto dal Signore”, non “per arricchire noi stessi, ma per generare amore fraterno e amicizia sociale”.
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Il saluto del Papa ai partecipanti al congresso mondiale Uniapac
Una economia diversa, che fa vivere e non uccide
Guardando agli elementi costitutivi di un “economia diversa”, il Pontefice ribadisce quanto detto ai partecipanti ad Economy of Francesco nel 2019, ricordando che “fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda”. Inoltre, come si legge nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, “tutti hanno il diritto di partecipare alla vita economica e il dovere di contribuire, secondo le proprie capacità, al progresso del proprio Paese e dell’intera famiglia umana” e questo “è dovere di solidarietà e di giustizia, ma è anche la via migliore per far progredire l’intera umanità”.
Pertanto, qualsiasi “nuova economia per il bene comune” dev’essere inclusiva. Troppo spesso lo slogan “non lasciare indietro nessuno” viene pronunciato senza alcuna intenzione di offrire il sacrificio e lo sforzo per trasformare veramente queste parole in realtà.
Siate lievito perchè lo sviluppo raggiunga tutti
Qui Papa Francesco guarda all’ Enciclica Populorum progressio di san Paolo VI, che definiva lo sviluppo integrale l’unico possibile, “volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”. I dirigenti d’azienda e imprenditori, sono così “chiamati a fungere da lievito per garantire che lo sviluppo raggiunga tutte le persone, ma soprattutto quelle più emarginate e bisognose, affinché l’economia possa contribuire sempre a una crescita umana integrale”.
Includere nell’economia anche i lavoratori informali
Il Papa chiede così di non dimenticare i lavoratori informali, a giornata, poco qualificati e spesso ai “margini del mercato del lavoro”, quelli del lavoro “pericoloso, sporco e degradante”, spesso migranti e rifugiati, che durante la pandemia e i lockdown “hanno assicurato la fornitura e la consegna dei beni necessari per la vita quotidiana e la cura dei nostri cari più fragili, e hanno mantenuto le attività economiche di base, nonostante l’interruzione di molte attività formali”. Perché l’inclusione dei poveri e degli emarginati, chiarisce Francesco, non può essere soddisfatta “dai nostri sforzi per fornire assistenza finanziaria e materiale”.
“Come è scritto nella Laudato si’, «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte alle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro». Difatti, la porta alla dignità di un uomo è il lavoro”
Per una economia di cura
Il lavoro che per l’uomo è “parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale” dovrebbe essere ben integrato in una economia di cura, intesa come “prendersi cura delle persone e della natura, offrendo prodotti e servizi per la crescita del bene comune”.
Un’economia che ha cura del lavoro, creando opportunità di impiego che non sfruttano il lavoratore attraverso condizioni di lavoro degradanti e orari estenuanti». «La cura va oltre, deve essere una dimensione di ogni lavoro. Un lavoro che non si prende cura, che distrugge la creazione, che mette in pericolo la sopravvivenza delle generazioni future, non è rispettoso della dignità dei lavoratori e non si può considerare dignitoso.
La “buona notizia” del patto di Economy of Francesco
Il Pontefice condivide quindi con i membri di Uniapac la “buona notizia” uscita dall’incontro di Economy of Francesco a fine settembre ad Assisi, dove “mille giovani economisti e imprenditori hanno ragionato sulla creazione di una nuova economia e hanno scritto e firmato un Patto per migliorare il sistema economico globale al fine di migliorare la vita di tutte le persone”. Per una nuova economia del bene comune, questi giovani hanno proposto una “economia del Vangelo”, ricorda Papa Francesco.
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Il Patto dei giovani: si torni ad una economia del Vangelo
24/09/2022
Il Patto dei giovani: si torni ad una economia del Vangelo
I punti costituitivi di una “economia del Vangelo”
E cita alcuni punti del Patto, per “un’economia di pace e non di guerra, che si prende cura del creato e non lo depreda, a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili”. E poi “un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza, che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari; che riconosce e tutela il lavoro dignitoso e sicuro per tutti; in cui la finanza sia amica e alleata dell’economia reale e del lavoro, non contro di loro. Perché la finanza ha il pericolo di fare liquida l’economia, anzi gassosa, e va avanti con questo ritmo di liquidità e gassosità e finisce come la catena di sant’Antonio”.
La nuova alleanza tra giovani imprenditori e manager maturi
Oggi, conclude il Papa, “ci sono centinaia, migliaia, milioni e forse miliardi di giovani che lottano per accedere ai sistemi economici formali, o anche solo per avere accesso al loro primo lavoro retribuito dove mettere in pratica le conoscenze accademiche, le competenze acquisite, l’energia e l’entusiasmo”.
Vorrei incoraggiare voi, dirigenti d’azienda e imprenditori maturi e di successo, a considerare una nuova alleanza con i giovani che hanno creato e che si sono impegnati in questo Patto. E’ vero che i giovani sempre ti portano dei problemi ma hanno il fiuto di far vedere la vera strada. Per camminare con loro, insegnare loro e imparare da loro, insegnare loro, pure; e, insieme, dare forma a “una nuova economia per il bene comune”. Grazie di quello che fate, grazie per essere qui.
L’Uniapac, oggi associazione ecumenica
L’Uniapac è nata come Conferenza Internazionale delle Associazioni di Imprenditori Cattolici, costituita dalle associazioni di Olanda, Belgio, Francia, nel quarantesimo anniversario della “Rerum novarum”, con l’intento di raggruppare imprenditori e quadri che, per l’adempimento dei propri compiti e doveri professionali, si ispirano all’insegnamento sociale cristiano. Dopo la Seconda guerra mondiale, si è diffusa in altri Paesi europei e in America Latina. Negli anni Sessanta l’Unione è diventata un’associazione ecumenica ed ha assunto la denominazione attuale (Unione internazionale cristiana di dirigenti d’azienda).
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