Verso il convegno su Charles de Foucauld

43946c92-c3c0-4856-8e22-74e17dbdd791 Materiali per l’incontro di martedì 7 giugno. Claudia Zuncheddu: Sulle piste dei tuareg dell’Hoggar verso l’Assekrem.
(L’Hoggar è tutta la catena montuosa Sud Algeria e nella cima del monte Assekrem, l’heremitage di C. de Foucauld).
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Charles de Foucauld Chicco di grano nel deserto
di Anna Pozzi
[segue]
[domenica 15 maggio 2022] «La figura di Charles de Foucauld è estremamente complessa. Non può essere troppo semplificata perché si rischia di banalizzarla. Ma è vero che la fraternità è centrale nella sua vita e nella sua spiritualità, questo suo desiderio di andare verso l’altro, di farsi l’altro; è una volontà folle, la sua, di divenire fratello. Fratello di tutti». Sintetizza così l’arcivescovo di Algeri, Jean-Paul Vesco, la personalità straordinaria – proprio perché fuori dall’ordinario – di frère Charles, il santo della fraternità, che oggi viene canonizzato a Roma insieme ad altri nove nuovi santi.

«Voleva essere il fratello universale – scrive papa Francesco nella Fratelli tutti – ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti». Lo sanno bene in Algeria, dove visse nel deserto del Grande Sud, a Beni Abbès, Tamanrasett e all’Assekrem: qui, ancora oggi, resistono alcuni Piccoli Fratelli, uno dei tanti rami della famiglia foucauldiana che sono nati ispirandosi alla sua spiritualità.

«Un uomo assetato di fraternità – lo definisce monsignor Vesco, che è arrivato ieri a Roma con un gruppo di una trentina di persone in rappresentanza della minuscola Chiesa d’Algeria –. Un uomo che bruciava di passione e che ha portato su di sé il Vangelo, continuando a ispirare tanti cristiani non solo là dove ha vissuto, ma in tutto il mondo. E oggi diventa a tutti gli effetti un’icona dalla Chiesa universale».

I tuareg del Sahara, con cui ha vissuto l’ultima parte della sua vita, lo avevano ribattezzato il «marabutto cristiano», riconoscendo in quell’uomo così diverso da loro, di un altro mondo e un’altra fede, un’intensa esperienza di Dio.

Ma chi era Charles de Foucauld? E che cosa continua a dire oggi la sua spiritualità e radicalità? Certamente era un uomo complesso e fuori dal comune, un esploratore del deserto e dell’anima. Che ha vissuto molte vite. Nato a Strasburgo il 15 settembre 1858, in una famiglia nobiliare, intraprende l’accademia militare, tra molti eccessi e poca disciplina. Nel 1880, parte per la prima volta per l’Algeria dove viene congedato. Viaggia quindi in Marocco, camuffato da ebreo, insieme a un rabbino: qui compie una serie di rilevazioni geografiche che gli valgono la medaglia d’oro dalla Société de Géographie di Parigi. È solo tornando in Francia nel 1886 che ritrova la fede, grazie all’abbé Henri Huvelin. E la sua vita ne è stravolta. Per sempre. «Appena ho creduto che Dio c’era – scrive – ho capito che non potevo fare altro che vivere per Lui».

Non è un uomo dalle mezze misure, Charles de Foucauld. Durante un pellegrinaggio in Terra Santa, decide che deve spogliarsi di tutto per vivere alla maniera di Gesù. Vuole farsi monaco trappista ed entra nell’abbazia di Notre Dame des Neiges nell’Ardèche e da lì viene mandato in una nuova fondazione ad Akbès, in Siria. Ma anche la vita rigorosa della trappa non gli basta. Torna a Nazareth nel 1897, per riprendere il cammino sulle orme di Gesù. E solo nel 1901 viene ordinato prete a Viviers, in Francia. Nel frattempo, è il richiamo del deserto che infiamma nuovamente la sua anima. Sente con forza che «bisogna passare per il deserto per ricevere la grazia di Dio».

«Nel Sahara, frère Charles si è davvero spogliato di tutto – riflette Vesco – e questa sua spogliazione lo ha messo a nudo di fronte all’altro, nella povertà più totale, nella preghiera e nella contemplazione, nel lavoro indefesso e nella testimonianza di una solidarietà fraterna con tutti». Si insedia a Beni Abbès, dove costruisce una fraternità e scrive la regola dei Piccoli Fratelli del Sacro Cuore di Gesù e successivamente quella delle Piccole Sorelle. Sono i primi semi di qualcosa che darà frutto solo dopo la sua morte. Si trasferisce quindi a Tamanrasset, ancora più a Sud. È il 1905 e qui comincia una vita nuova, ancora più radicale, in questo «luogo abbandonato e di abbandono».

Solo, si dedica alla realizzazione di un poderoso dizionario di francese-tuareg e alla trascrizione di poesie e proverbi di quel popolo. La preghiera riempie il resto delle sue giornate. Per alcuni mesi si trasferisce in un eremo all’Assekrem, sul massiccio dell’Hoggar, dove ponendosi «nella solitudine di fronte alle cose eterne – scrive – ci si sente invasi dalla verità».

«Morire a se stessi per far sì che la propria vita diventi feconda», ricorda oggi frère Ventura, uno dei due Piccoli Fratelli che continuano a vivere all’Assekrem: «La parabola del chicco di grano caduto in terra accompagna frère Charles per tutta la vita». È quanto scriveva anche all’abbé Huvelin: «Devo convertirmi, devo morire, come il chicco di grano che, se non muore, resta solo». È una specie di profezia. Charles de Foucauld viene ucciso il primo dicembre 1916 durante un assalto di predoni. Ora riposa a El Goléa, dove questa mattina, in concomitanza con la canonizzazione romana, si tiene una cerimonia presieduta dal vescovo di Costantine, Nicolas Lhernould.

«Qualunque sia il mio avvenire – scriveva frère Charles –, lungo o di un giorno solamente, sereno o doloroso, la tua Volontà è che esso sia santo». Un santo fuori da tutti gli schemi.

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