“Liaisons dangereuses: la scienza tra guerra e pace”

unica-bisDiscorsi di Scienza, discorsi di Pace.
La lectio magistralis del prof. Pietro Corsi all’inaugurazione del 401mo Anno Accademico dell’Università degli Studi di Cagliari
.
di Pietro Corsi
[segue]
Nessuno di noi avrebbe immaginato, solo poche settimane fa, di dover assistere nuovamente agli orrori di una guerra e di rivivere le paure di un allargamento del conflitto e di una escalation che, ci è stato minacciato, potrebbe includere l’uso di armi nucleari.
L’Università è luogo deputato all’insegnamento e alla ricerca, ma anche alla strenua difesa della libertà di espressione. Senza voler imporre le mie opinioni a nessuno, sento il bisogno di esprimere tutta la mia solidarietà al popolo Ucraino. Appartengo a quella parte della specie umana che non tollera le aggressioni, le sevizie ai civili, i bombardamenti indiscriminati di ospedali, scuole, colonne di esuli.
Con l’animo non sereno per quel che vediamo ogni giorno sui nostri schermi e leggiamo sulla stampa nazionale e internazionale, nel mio intervento debbo tuttavia sforzarmi di mettere in pratica il nostro dovere e diritto primario in quanto docenti universitari: cercare di capire quel che accade ed è accaduto, a prescindere dalle nostre emozioni e dalla insopportabile pressione di quanto sta accadendo. Parlare di Scienza, Guerra e Pace non è facile, perché il quadro che cercherò di tratteggiare per sommi capi e qualche esempio storico presenta elementi di notevole complessità. Per essere brutalmente franchi, cercherò di argomentare che non tutta la Scienza che esce dalla Pace finisce per aiutare l’umanità, e non tutta la Scienza che esce dalla Guerra provoca solo effetti nefasti una volta tornata la Pace.
La tesi che la Scienza è oramai un elemento determinante nella realizzazione di sistemi d’armi sempre più efficaci, mortalmente efficaci, per essere del tutto espliciti, è facile da provare. Si continua, giustamente, a ricordare che il Progetto Manhattan, che portò alla distruzione delle città di Hiroshima e Nagashaki il 6 e il 9 agosto 1945, uccidendo centinaia di migliaia di civili, inaugurò una stagione di terrore nucleare e cambiò radicalmente il modo di fare ricerca. Alla Seconda Guerra Mondiale seguirono decenni di Guerra Fredda, e il progetto Manhattan divenne il modello da replicare, negli Stati Uniti come in Unione Sovietica, Francia, Inghilterra e – come studi recenti mettono in luce – in parte anche in Cina. L’immagine iconica e consolante di un Einstein che mostra la lingua, genio assoluto e assolutamente inimitabile, continua a sedurre l’opinione pubblica globale. La realtà della Big Science è fatta invece di laboratori nazionali spesso gestiti da militari o da managers di grandi imprese tecnologiche, che impiegano migliaia di scienziati, ridotti per la più parte a tecnici di laboratorio. Vi sono obiettivi da raggiungere, finanziamenti da garantire, Commissioni parlamentari e governanti da convincere. Resta poco tempo per le domande sulle conseguenze di tante fatiche.
Il crudo sommario che ho tratteggiato coglie importanti elementi che hanno caratterizzato la Big Science del ventesimo e del ventunesimo secolo. Pecca tuttavia di eccessiva semplificazione e offre e ha offerto sostegno a chi cerca di demonizzare la Scienza tout court, non solo i pericoli costituiti da apparati scientifico-militari coperti da segreto di Stato, impenetrabili anche alle istanze democraticamente elette, quando non sono, come purtroppo sappiamo bene, dirette emanazioni di spietate dittature. Nei trenta minuti del mio intervento cercherò di invitarvi a riflettere sul fatto che la Scienza è ancora e sarà sempre opera di singoli individui le cui idee possono tuttavia essere usate nei modi più diversi e imprevisti. All’icona di Einstein potrebbe facilmente sostituirsi quella di Giorgio Parisi che balla il tango. La prima volta che sentire parlare di lui fu molti anni fa, a Oxford,

quando il Professore di Astrofisica mi disse: “He is dressed like a homeless, speaks in a funny way, and he is the best mind we have around”. Parisi mi perdoni, ma lo storico ha il dovere di registrare le testimonianze in cui si imbatte. La Scienza è ancora fatta da scienziati, e non solo da anonimi tecnocratici.
Se guardiamo alla storia degli ultimi tre-quattro secoli, e alla storia più recente in particolare, anche la Scienza che nasce per, e nella pace, animata da profondi intenti umanitari, può avere esiti imprevisti. La storia della chimica ne è un esempio paradigmatico. Robert Boyle, il grande chimico inglese del diciassettesimo secolo che il collega Camerota ben conosce, impiegava notevoli energie per porre rimedio alla fame che tormentava la popolazione del suo paese -la legge sul rapporto tra pressione e temperatura di un gas oggi nota come Legge di Boyle e Mariotte venne enunciata in un trattato per insegnare ai comuni cittadini come occuparsi del loro frutteto per aumentare le risorse alimentari. Gran parte della nuova scienza nata nei decenni a cavallo del 1650 era animata da intenti umanitari e utopistici, sorretti da profonde convinzioni millenaristiche. Durante la cosiddetta Rivoluzione Puritana, il Parlamento inglese invitava esperti nelle arti chimiche o nel controllo delle acque per suggerire come far aumentare la produzione di derrate alimentari grazie alle tecnologie della pace.
La crescita della popolazione Europea e mondiale tra fine Settecento e i primi decennio del diciannovesimo pose ancor più gravi problemi di approvvigionamento. La chimica fu in prima linea nella ricerca di nuovi fertilizzanti. La chimica organica, promossa da scienziati come Justus Liebig, divenne una scienza di punta. Diversi prodotti di sintesi si rivelarono cruciali per aumentare in modo significativo la produzione agricola Europea e Occidentale.
Nessuno si sarebbe aspettato che i nitrati e altri fertilizzanti di sintesi avrebbero potuto produrre esplosivi di inaudita potenza. Nel 1870, il potente esercito francese (il più temuto in Europa) venne sconfitto nel giro di qualche settimana dal piccolo esercito Prussiano. Napoleone III dovette dimettersi, e la Francia conobbe la sanguinosa guerra civile della Comune parigina, sino all’instaurazione della Terza Repubblica. Due commissioni d’inchiesta parlamentare inglese, convocate per porre rimedio all’arretratezza dell’istruzione tecnica e scientifica nel Regno Unito, individuarono nel sistema delle Technische Hochschulen
e della ricerca universitaria tedesca, il modello da seguire. A nessuno era sfuggito che la Guerra Franco Prussiana era stata vinta nei laboratori di chimica delle università tedesche. Gli inglesi continuavano ad illudersi che il loro Impero traeva la sua forza dai campi di giuoco di Eton, scuola per ricchi che avrebbero disdegnato sporcarsi le mani in un laboratorio.
Ma il peggio doveva ancora venire. La sintesi dell’ammoniaca scoperta da Fritz Haber fu certo utile per molti importanti applicazioni civili e ancora una volta per l’agricoltura. L’industria della Germania unita si lasciò rapidamente indietro le rivale inglesi, francesi e americane. Da tutto il mondo, per tutta la seconda metà del diciannovesimo secolo e sino alla Prima Guerra Mondiale, ambiziosi giovani chimici si recavano in Germani per studiare nei grandi laboratori delle università e dei giganti dell’industria chimica come Bayer. Haber era adorato da allievi e industriali, invidiato e apprezzato da tutti i colleghi Europei. Il fatto che tra le sue scoperte vi fu il micidiale gas usato contro le trincee alleate nel corso della Prima Guerra Mondiale non gli impedì di ricevere il Premio Nobel nel 1918. Dopo la sua morte, le sue scoperte volte a migliorare la produzione agricola, e quelle dei suoi

collaboratori più stretti, conobbero nuove agghiaccianti applicazioni: in Etiopia, tra il dicembre del 1935 e il gennaio del 1936, le truppe italiane del Generale Badoglio usarono i gas contro le popolazioni civili, come fecero in seguito altri dittatori come Saddam Hussein il 16 maggio 1988, contro le popolazioni curde. Fino allo sviluppo del famigerato Zirkon B d parte di allievi di Haber, usato nell’orrore estremo delle camere a gas dei campi di concentramento nazisti.
Non intendo prolungare oltre questo sommario, né privarvi – se siete interessati – di poter riflettere su altri esempi significativi delle ambiguità insiste nel rapporto tra Scienza e Pace, e Scienza e Guerra: le liaisons continuano a essere dangereuses, ma non per questo cessano di stupirci. La lista forzatamente breve di discipline scientifiche che hanno beneficiato degli stanziamenti per la Guerra Fredda, o che ne beneficiano tutt’ora, non mancherà di sorprendervi.
Ogni scoperta scientifica sfugge ed è sempre sfuggita al controllo di chi ne è stato l’autore. Non deve tuttavia sfuggire al controllo dei cittadini e delle istituzioni. Non è molto, ne sono consapevole, ma non credo che oltre la democrazia vi siano altre barriere agli sviluppi imprevedibili e spesso nefasti delle vicende politiche come di quelle scientifiche. Ciò che l’assenza di democrazia può fare, lo abbiamo sono i nostri occhi. Non è la scienza in sé e per sé a commettere atrocità – atrocità che gli esseri umani sono capaci di perpetrare col solo aiuto di machete e bastoni, come abbiamo visto fare in Ruanda nel 1994. Solo la forza delle istituzioni democratiche e delle istanze di governance mondiale possono sanzionare le brutalità, negoziare moratorie, rendere illegali certi tipi di armi, prevenire che conflitti locali

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>