Ostinatamente impegnati per la Pace in Ucraina e nel Mondo
COMMENTI
La maledizione di Ramstein
06-05-2022 – di Domenico Gallo su Volerelaluna.
Una maledizione grava sulla base NATO di Ramstein in Germania. Da quando il 28 agosto 1988 durante l’Airshow Flugtag ’88, nel corso di un’esibizione della pattuglia acrobatica italiana, si verificò una collisione fra i tre Aermacchi MB 339 delle frecce tricolori, uno dei quali cadde sulla folla causando 67 vittime e 346 feriti tra gli spettatori. Morirono anche i tre piloti, uno dei quali, il tenente colonnello Ivo Nutarelli, era un testimone chiave della strage di Ustica perché la sera del 27 giugno 1980 si trovava in volo sul Tirreno meridionale e aveva assistito alla battaglia aerea che aveva portato all’abbattimento del DC9 in volo da Bologna a Palermo. Il caso ha voluto togliere di mezzo un testimone, ma difficilmente si potevano ipotizzare circostanze più tragiche.
Dopo 34 anni la maledizione di Ramstein ha colpito di nuovo, ma questa volta le conseguenze sono imprevedibili ed enormemente più gravi. Il 26 aprile, su invito degli Stati Uniti, si sono incontrati nella base statunitense di Ramstein, i ministri della Difesa di 40 Paesi per un vertice straordinario sull’Ucraina. Non solo i paesi della NATO, ma anche, fra gli altri, Svezia, Finlandia, Australia, Nuova Zelanda. In apertura del summit il segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin ha dichiarato: «Oggi siamo qui riuniti per aiutare l’Ucraina a vincere la battaglia contro la Russia. La battaglia di Kiev entrerà nei libri di storia. Ma ora dobbiamo capire di cosa ha bisogno l’Ucraina per combattere […]. Vogliamo rendere più difficile per la Russia minacciare i suoi vicini e indebolirla in questo senso». Quindi ha ribadito: «Vogliamo essere sicuri che non abbiano più le capacità per bullizzare i loro vicini, quelle che avevano prima che iniziasse il conflitto in Ucraina». Austin, inoltre, ha paragonato la resistenza del popolo ucraino contro i russi a quella degli europei e degli americani contro i nazisti, aggiungendo che proprio quella resistenza «ha ispirato tutto il mondo libero, e ha portato grande determinazione alla NATO e gloria all’Ucraina».
A Ramstein è stata stipulata una sorta di Santa Alleanza dei paesi dell’Occidente con l’obiettivo di fornire una poderosa assistenza militare in grado di consentire all’Ucraina di sconfiggere la Russia e di metterla in condizione di non nuocere per il futuro, costi quel che costi in termini di distruzioni e morti. Contemporaneamente il Presidente Biden ha annunciato lo stanziamento di 20 miliardi di dollari in armamenti, mentre il premier inglese Boris Johnson ha incoraggiato l’Ucraina a esportare la guerra in Russia, dichiarando di considerare «interamente legittimo» l’uso da parte ucraina di armi fornite dal Regno Unito per prendere di mira obiettivi all’interno del territorio della Russia. Poiché la sconfitta di una superpotenza militare come la Russia non è una cosa facile, il segretario della NATO Stoltenberg ha dichiarato al summit della Gioventù della NATO, il 28 aprile, che «questa guerra potrebbe trascinarsi e prolungarsi per mesi o anni».
A questo punto è ormai innegabile che la guerra in corso non è più solo un conflitto fra Russia e Ucraina, ma si è trasformata in una guerra per procura di USA, GB e NATO contro la Russia e che l’obiettivo non è un negoziato con concessioni reciproche per porre fine alla guerra, ma la sconfitta militare della Russia. Cosa intende Kiev per sconfitta della Russia ce lo dice Kirill Budanov, capo del Kgb ucraino, citato da Domenico Quirico (La stampa del 5 maggio): «la disintegrazione della Russia o la rimozione di Putin con una sopravvivenza relativa della Russia».
In un intervista pubblicata dal Corriere della Sera del 1° maggio l’economista americano Jeffrey Sachs, docente della Columbia University, ha dichiarato: «La mia ipotesi è che gli Stati Uniti siano più riluttanti della Russia a una pace negoziata. La Russia vuole un’Ucraina neutrale e l’accesso ai suoi mercati e risorse. Alcuni di questi obiettivi sono inaccettabili ma sono comunque chiari. Gli Stati Uniti e l’Ucraina invece non hanno mai dichiarato i loro termini per trattare. Gli Stati Uniti vogliono un’Ucraina nel campo euro-americano in termini militari, politici ed economici. Qui è la ragione principale di questa guerra. Gli Stati Uniti non hanno mai dato un segno di compromesso né prima che la guerra scoppiasse né dopo. […] Quando Zelensky ha lanciato l’idea della neutralità, l’Amministrazione americana ha mantenuto un silenzio di tomba. Ogni giorno setaccio i media per trovare almeno un caso di un esponente statunitense che approvi l’obiettivo di negoziare un accordo. Non ho visto una sola dichiarazione». Purtroppo più si alza il tono dello scontro e più cresce il rischio di estensione del conflitto, che si avvita in una spirale di violenza della quale non è possibile prevedere l’esito. Nell’intervista citata Jeffrey Sachs mette il dito nella piaga: «Il grande errore è credere che la NATO sconfiggerà la Russia, tipica arroganza e miopia americana. Difficile capire cosa significhi sconfiggere la Russia dato che Vladimir Putin controlla migliaia di testate nucleari. I politici americani hanno un desiderio di morte? Conosco bene il mio paese, i leader sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino. Meglio fare la pace che distruggere l’Ucraina in nome della sconfitta di Putin».
Dopo Ramstein ci troviamo di fronte a una svolta della guerra e forse della storia. La Santa Alleanza ci porta dritti all’inferno. Per favore niente vittoria, preferiamo la pace!
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CONTROCANTO
Fermiamo i padroni della Terra!
05-05-2022 – di Tomaso Montanari su Volerelaluna.
«Padroni della Terra, / vi scrivo queste righe / che forse leggerete / se tempo avrete mai. […] / Lontano me ne andrò; / sul mare e sulla terra, / per dire no alla guerra / a quelli che vedrò. / E li convincerò / che c’è un nemico solo: / la fame che nel mondo / ha gente come noi». È così che, nel 1962, Luigi Tenco traduce la canzone di Boris Vian dedicata al disertore. La versione originale, cui è fedele la traduzione più recente di Ivano Fossati, si indirizza a un «signor presidente». Ma la versione di Tenco è, purtroppo, ancor più aderente alla realtà di oggi: «Padroni della terra».
Già, perché questa guerra che le nostre democrazie occidentali dicono di stare combattendo – per procura, «fino all’ultimo ucraino» – «in difesa della democrazia» è una guerra di padroni, di potenti. Gli stessi che distruggono il clima e condannano a morte il pianeta.
Il capo del governo dei migliori ci ha detto che siamo entrati in una economia di guerra. Bontà sua, che ce l’ha detto. Che siamo entrati in guerra con la Russia, quello no, non ce l’ha detto.
E il Parlamento? Siamo sull’orlo dell’olocausto nucleare, e la nostra Repubblica – che dovrebbe ripudiare la guerra, e cedere sovranità solo in condizioni di parità e per costruire giustizia e pace – è una delle potenze che corrono verso la guerra atomica. Ma il Parlamento non ne discute, il Governo non parla alla nazione: ci dicono che siamo in guerra per la democrazia: ma dov’è la nostra democrazia?
Il papa ha chiesto a tutti noi, di qualunque fede siamo, di continuare a «manifestare che la pace è possibile». E ha supplicato: «I leader politici, per favore, ascoltino la voce della gente, che vuole la pace, non una escalation del conflitto». Ma chi ascolta, nelle nostre famose democrazie, la voce della gente? I padroni della terra decidono, la povera gente muore. Gli ucraini, invasi da un despota sanguinario. I soldati russi, mandati al macello da quel despota.
È sempre stato così, lo sappiamo, in ogni guerra. «Il potere di aprire e far cessare le ostilità è esclusivamente nelle mani di coloro che non combattono», ha scritto Simone Weil. E Trilussa, nella sua Ninna nanna del 1914, ci diceva già che: «domani / rivedremo li sovrani (i padroni della terra: Biden, Putin, ndr) / che se scambieno la stima, / boni amici come prima. / E riuniti fra de loro / senza l’ombra d’un rimorso, / ce faranno un ber discorso / su la Pace e sul Lavoro / pe quer popolo cojone / risparmiato dar cannone!». Ma oggi ci chiediamo: ci sarà un domani? Qualcuno sarà risparmiato?
Tra potenze nucleari non ci sono guerre giuste: perché non ci possono essere vincitori, solo macerie radioattive. E nessuno a piantarci una bandiera sopra.
Nel 1965, don Lorenzo Milani scriveva (nel suo discorso in difesa dell’obiezione di coscienza) che, di fronte alla minaccia nucleare, «la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una “guerra giusta” né per la Chiesa né per la Costituzione». E, nel 2020, papa Francesco dice, in Fratelli tutti, che di fronte «allo sviluppo delle armi atomiche, chimiche, biologiche, […] non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”».
Noi diciamo: l’unica guerra giusta è quella che non si fa. Fermatevi! Oggi, tutti noi gridiamo ai pochi maschi, anziani e ricchi, che sono padroni della terra: fermatevi! Non siamo organizzati, non abbiamo rappresentanza, non abbiamo democrazia: ma sappiamo di essere l’intera umanità.
Ricordate il film Don’t look up? I potenti della terra ci dicono che la cometa non arriverà: ma è già sopra di noi. E quella cometa è la guerra atomica. Fermiamo i padroni della terra, i signori della guerra! Fermiamoli, finché è possibile.
Intervento letto all’iniziativa “Pace Proibita” promossa da Michele Santoro il 2 maggio 2022 a Roma –
Ninna nanna di Trilussa contro la guerra: https://www.youtube.com/watch?v=TUb37MlJw9A&ab_channel=Rai
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La soluzione non è militare, ma solo politica
Giulio Marcon
4 Maggio 2022 | Sezione: Editoriale, Politica su Sbilanciamoci!
Si continua a pensare – nei circoli occidentali – che la soluzione alla guerra in corso sia militare (la sconfitta sul campo di Putin), mentre può essere solo politica: intanto la ricerca di un accordo per il “cessate il fuoco”. L’invio delle armi invece prolunga la guerra e rischia di estenderla e di renderla più […]
Ci stiamo avvicinando alla fine del terzo mese di guerra e le cose in questo periodo non hanno fatto che peggiorare. All’intensificazione criminale della aggressione di Putin ha corrisposto un demenziale atteggiamento dei paesi occidentali e della NATO tutto rivolto a conseguire la “vittoria militare” sull’aggressore piuttosto che a raggiungere un “cessate il fuoco” per un compromesso accettabile da tutti.
Si continua a pensare – nei circoli occidentali – che la soluzione alla guerra in corso sia militare (la sconfitta sul campo di Putin), mentre può essere solo politica: la ricerca di un accordo per il “cessate il fuoco” sulla base del quale costruire le condizioni di una pace possibile che dia stabilità e sicurezza all’intera regione. L’invio delle armi invece non accelera la fine della guerra, ma la prolunga, rischia di estenderla e di renderla più feroce.
Ora, gran parte dell’opinione pubblica condivide queste preoccupazioni – come dimostrano alcuni recenti sondaggi – e vuole evitare l’aggravamento e l’estensione della guerra che porterebbe ulteriori sofferenze, distruzioni, perdita di vite umane. Come ricordiamo sempre, e come ha fatto Mauro Biani con l’illustrazione al nostro ebook I pacifisti e l’Ucraina, non si tratta di vincere la guerra, ma di vincere la pace. Con la logica della “guerra giusta” ci sarebbero (dopo 50 anni) ancora combattimenti a Cipro e (dopo 30) in Bosnia: forse gli accordi di pace che hanno messo fine a quelle guerre sono equi e soddisfacenti? Cipro (soprattutto) e la Bosnia Erzegovina sono ancora divise, come volevano gli aggressori, eppure abbiamo condiviso l’impegno a porre fine a quelle guerre e fermare gli eccidi. Meglio una pace ingiusta (gli accordi di pace non sono mai giusti, purtroppo) che una guerra classificata come giusta, ma che è solo un crimine, un massacro di povera gente.
Evitiamo la retorica e il delirio (militarista) di chi vorrebbe continuare la guerra sulla pelle degli altri. Troppi errori ha fatto l’occidente dopo la caduta del muro di Berlino, alimentando i nazionalismi (violenti) ad est, impedendo che si costruissero con il multilateralismo le condizioni di assetti delle relazioni internazionali fondati sulla sicurezza condivisa, alimentando la logica minacciosa delle alleanze militari e dell’unipolarismo.
Evitiamo l’ennesimo errore, che potrebbe essere fatale. La strada – difficile e impervia- è quella della ricerca del negoziato e di una soluzione politica. Quella militare, invece, ci porta verso il baratro.
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L’OSSESSIONE DI PUTIN. L’UE E LA TRAPPOLA DELL’UNANIMITÀ. IL “FATTORE Z” NELLA POLITICA ITALIANA
8 Maggio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Maurizio Molinari, “Biden-Draghi, un’agenda contro le autocrazie” (Repubblica). IL PUNTO SULLA GUERRA : Lucio Caracciolo mette a fuoco la sua analisi: “L’ossessione imperiale di Putin: evitare alla Russia la fine dell’Urss” (La Stampa). Ferdinando Nelli Feroci, “Putin ha fallito ed è più minaccioso. Ora potrebbe allargare il conflitto” (intervista a Qn). Francesca Mannocchi, “Controffensiva ucraina” (La Stampa). Il punto in due articoli di Giuseppe Sarcina: “Mosca: gli Usa sono in guerra” e “Fin dove si spingerà l’aiuto a Zelensky?” (Corriere della sera). Igor Volobuev (già dirigente di Gazprom): “Così fabbricavamo fake news agli ordini del Cremlino” (intervista a Repubblica). Jens Stoltenberg spiega perché “Gli alleati non accetteranno mai di dare la Crimea ai russi” (intervista tradotta da Repubblica). Sigmund Ginzberg, “Perché alla Cina non conviene la guerra di Putin” (Foglio). Nello Scavo, “La guerra affama il mondo. L’Onu: riaprite i porti. Putin risponde coi razzi su Odessa” (Avvenire). Andres Fogh Rasmussen (ex segretario Nato): “L’embargo al petrolio non basta. E’ il momento di colpire il gas” (intervista a La Stampa). Sergio Romano, “La neutralità mancata di Kiev e i troppi che sfruttano il conflitto” (Corriere della sera). L’utopia di Raniero La Valle: “Liberarci dal ‘warshow’ per poi salvare noi stessi” (Il Fatto). Alberto Melloni, “La pace prima della vittoria” (Repubblica) UNIONE EUROPEA: Romano Prodi, “Questa Europa indebolita dal sistema dell’unanimità” (Messaggero). Sergio Fabbrini, “Come uscire dalla trappola dell’unanimità” (Sole 24 ore). Enzo Moavero Milanesi, “L’Europa ritrovi lo slancio e la concretezza di Schuman” (Corriere della sera). Ferdinando Adornato, “Che cosa significa il 9 maggio per l’Europa” (Messaggero). ITALIA: Antonio Polito, “Il ‘fattore Z’ nella politica italiana” (Corriere della sera). Marcello Sorgi, “Gli sgambetti dell’avvocato del popolo” (La Stampa). Non così la pensano Eugenio Fatigante, “Il dibattito da non rinviare” (Avvenire) e Giovanni Valentini, “Conte, leader laico. 5 punti per vincere” (Il Fatto). Stefano Lepri, “Lo spread oltre quota 200 e il nodo dello scostamento” (La Stampa). INOLTRE: Giuliano Battiston, “Guerra talebana alle donne: burka o restate a casa” (Manifesto). Enrico Franceschini, “L’Irlanda riunita è più vicina ” (Repubblica).
[segue]
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