Una festa di Liberazione e di Pace
In piazza del Carmine viene tenuto il discorso finale da Antonello Murgia – Presidente porv. ANPI e del Comitato 25 aprile
Abbiamo voluto chiamare questo 25 aprile “Una Festa di Liberazione e di Pace” perché quest’anno non vogliamo solo ricordare e mantenere vivo quel percorso di democrazia nato dalla guerra partigiana e realizzato con l’avvento della Repubblica e con la sua Carta costituzionale. [segue] La guerra che imperversa in Europa ci chiama a mantenere vivo, dello spirito della Costituzione, anche il ripudio della guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali. Ripudio della guerra che non vuol dire che il più debole deve arrendersi al più forte, ma che il più debole è più tutelato da un negoziato di pace che dal rafforzamento delle sue capacità militari: è semplice e chiaro. C’è chi la pensa diversamente: non c’è niente di male, occorre parlarne senza distorcere la posizione dell’interlocutore e soprattutto senza demonizzare. Demonizzare, fare la caricatura e attribuire all’altro posizioni mai espresse fa parte di quella propaganda che sempre accompagna le guerre e che in questa occasione è particolarmente virulenta e risente anche di interessi inconfessabili come quelli dei produttori di armi. La spesa militare mondiale è in spaventoso aumento: dal 2000 ad oggi è raddoppiata, nonostante 2 gravi crisi economiche e finanziarie intervenute nel frattempo.
La nostra posizione è chiara e non è di questi giorni come qualche propagandista cerca di accreditare. Ve la dico con le parole del Presidente Pagliarulo al congresso nazionale di Riccione, un mese fa: “Ribadiamo con la massima energia questa condanna inappellabile, perché [la guerra] contrasta con i principi universali di libertà e democrazia che sono anche i fondamenti ideali dell’ANPI. Non sono in discussione perciò la condanna irreversibile dell’invasione russa, le violenze imperdonabili, la piena e concreta solidarietà col popolo ucraino e il suo diritto alla resistenza”.
Chiarito questo, occorre valutare obiettivi e mezzi per raggiungerli: tutti vogliamo la pace, ma alcuni pensano che al momento non si possa fare altro che il potenziamento militare dell’Ucraina in quanto Putin non avrebbe intenzione di sospendere la guerra. Noi crediamo che occorra uscire dalla logica di contrapposizione fra buoni da armare e cattivi da sconfiggere. E fare riferimento sempre alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e alla nostra Costituzione che sono il faro che illumina la nostra via anche in momenti bui come questo.
E’ il riconoscimento dell’uguaglianza in dignità e diritti che apre le porte al confronto e alla risoluzione pacifica delle controversie, mentre la sua negazione, il mancato rispetto dell’altro, le apre alle logiche della guerra.
Le differenze fra Resistenza partigiana ed ucraina non intaccano in alcun modo il diritto del popolo ucraino a resistere all’invasione. Ma le similitudini fra le due Resistenze non possono essere usate per giustificare la guerra e per criticare senza fondamento l’ANPI: voglio ricordare che i nostri partigiani, conclusa vittoriosamente la guerra di Liberazione, furono l’asse portante dell’Assemblea costituente nella quale contribuirono in maniera decisiva alla stesura anche dell’art. 11. Furono combattenti, ma con l’aspirazione a non esserlo, e lavorarono per ridurre il più possibile la necessità che in futuro loro o altri lo fossero nuovamente. La partigiana Mirella Alloisio oggi 96-enne componente della Presidenza onoraria dell’ANPI Nazionale ha detto giorni fa in un’intervista: “Sono entrata nella Resistenza perché non ne potevo più delle guerre del fascismo. La nostra vita di ragazze è stata una continua guerra… Le guerre servono ad arricchire i produttori d’armi”. Perciò, non demonizziamo nessuno, non insultiamo chi ha posizioni differenti ad esempio sull’invio di armi, ma la vulgata di tradimento degli ideali e della memoria dei partigiani da parte dell’ANPI e di chi chiede un maggiore impegno per i negoziati di pace, è totalmente priva di fondamento. Se proprio vogliamo parlare di poco rispetto di quegli ideali e di quella memoria, lasciatemelo dire, lo dobbiamo piuttosto imputare a chi 20 giorni fa ha votato l’istituzione della «Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini» adottando come data quella della battaglia di Nikolajewka». La dichiarata intenzione dei legislatori è stata quella di promuovere «i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale nonché dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano». A parte la data, il 26 gennaio e cioè il giorno prima della Giornata della Memoria, è arduo convenire che si possa incarnare l’etica della partecipazione civile e della solidarietà celebrando una battaglia di una guerra di aggressione dell’Italia fascista, in regioni oggi sconvolte dall’invasione da parte di chi allora era invaso, quasi in un macabro bilanciamento di errori e di orrori. La critica alla Legge istitutiva è partita dalla Società italiana per lo studio della Storia Contemporanea che ha auspicato che in futuro il Parlamento, nell’attività legislativa approfitti delle competenze delle Società scientifiche così da tener conto delle implicazioni non solo politiche, ma anche culturali delle sue decisioni. Noi abbiamo apprezzato il mea culpa di qualche parlamentare che ha assunto l’impegno di effettuare una modifica della legge, che aspettiamo fiduciosi.
Gli insulti e il clima di scontro alimentati in questo periodo impediscono il ragionamento pacato, impediscono di prendere atto di un fatto importante e cioè che tutti i sondaggi condotti dall’inizio della guerra ad oggi dicono che i cittadini italiani vogliono la pace e chiedono, in larga maggioranza, l’avvio al più presto di una soluzione negoziata. L’ANPI è in sintonia con questo sentire degli italiani, è l’organizzazione più numerosa fra quelle che sostengono la pace e per questo subisce gli attacchi più pesanti. E’ l’organizzazione più numerosa, ma non certo l’unica: il coordinamento “Prepariamo la pace” che ha organizzato la bella manifestazione qui a Cagliari il 26 febbraio scorso è costituito da oltre 40 associazioni e organizzazioni. E ieri abbiamo assistito alle riprese dal vivo della marcia Perugia-Assisi, abbiamo visto la ricchezza e la bellezza di questo movimento che si sforza di portare avanti le ragioni di uno sviluppo pacifico e nel segno del rispetto e della collaborazione e abbiamo sentito ragionamenti importanti di leader nazionali e di semplici cittadini, in particolare di giovani impegnati nel volontariato. Ci danno speranza per continuare a lavorare per un mondo più giusto. E’ necessario lasciarci alle spalle quella che è stata chiamata “la militarizzazione del dibattito pubblico”, c’è bisogno di un ritorno allo spirito della Costituzione e c’è bisogno di unità nella difesa della cultura dei diritti fondamentali.
W la Resistenza e W la Costituzione.
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Foto Renato d’Ascanio Ticca
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