Fermatevi! La guerra è una follia.
In cammino per la pace. La Marcia di Capitini e la Marcia di oggi
di Daniele Taurino
Azione nonviolenta. Apr 21, 2022
Nella macchina della propaganda bellica è finito pure Aldo Capitini – insieme a Gandhi, Langer e altri – tirato in ballo e utilizzato come schermo morale da chi non si vuole assumere la responsabilità delle sue scelte nette per l’invio di armi all’Ucraina e per l’aumento delle spese militari; ma Capitini non può essere un paravento nemmeno per un certo “pacifismo da divano” che si limita a scrivere e lanciare appelli, senza contribuire realmente alla costruzione di politiche attive della nonviolenza. La conseguenza pratica della nonviolenza politica, da Gandhi a Capitini, infatti è l’azione diretta antimilitarista, cioè il rifiuto di collaborare a tutto ciò che tiene in piedi gli eserciti e che prepara le guerre. La nonviolenza dunque è soprattutto prevenzione della guerra, ma anche quando sono solo le armi a prendersi la scena, qualcosa si può fare.
In «Il Mattino del Popolo», del 13 marzo 1948 a questo proposito Capitini scriveva: «In quanti modi si può ostacolare l’invasore senza uccidere nessuno! Ma bisogna imparare, bisogna avere pronti certi mezzi. Una noncollaborazione attivissima di moltitudini non è una terza via oltre la guerra e il cedere? […] L’Italia deve dare l’esempio a sé, all’Europa e agli altri del mondo, insensualiti dal possesso delle armi, di modi diversi nell’affermare la civiltà».
E questi modi (il metodo della nonviolenza) ce li indica lo stesso Capitini:
Rifiuto di prestare il servizio militare (obiezione di coscienza) o di essere considerati membri dell’esercito (restituzione del congedo militare);
Rifiuto di pagare la percentuale delle tasse che vanno al bilancio militare (obiezione fiscale);
Rifiuto di lavorare per ricerche scientifiche destinate all’esercito;
Rifiuto dell’educazione militarista e della propaganda bellica sui giovani;
Rifiuto di trasportare materiale bellico, rifiuto dell’industria bellica
Sono tutte azioni all’immediata portata delle singole persone e sostenibili dall’opinione pubblica. Non vederne la possibilità di attuazione, è già una precisa scelta politica.
La prima Marcia della Pace Perugia-Assisi del 1961 ha partorito il Movimento Nonviolento, l’una e l’altro voluti da Aldo Capitini. La Marcia come presentazione del programma, il Movimento come strumento attuativo. Marcia e Movimento, insieme, per la nonviolenza organizzata. La nonviolenza, quella di Capitini, continua a “produrre onde che vanno lontano”: una di queste onde ha generato la Rete italiana Pace e disarmo, di cui il Movimento Nonviolento è parte fondativa e integrante, che in questi anni ha segnato una piena maturazione del movimento pacifista italiano.
La Marcia per la pace che si conclude ad Assisi (la città del santo della nonviolenza) risponde ad un’esigenza diffusa di sentirsi parte di una mobilitazione più ampia contro la guerra. Una Marcia è utile quando diventa uno strumento finalizzato a sostenere le campagne disarmiste e pacifiste che i movimenti stanno portando avanti da anni.
E a chi ci chiede “dove sono i pacifisti? Cosa fate per aiutare l’Ucraina?” occorrerebbe chiedere invece dov’erano loro mentre noi dal 2014 condannavamo l’invasione Russa di parti dell’Ucraina e scrivevamo su Azione nonviolenta (come già avevamo fatto per la Siria e per tutte le guerre recenti) che “in Europa, la guerra, la sua preparazione e la sua minaccia non sono solo memoria, ma ancora realtà. Poco più di un secolo fa l’Europa ‘scivolava’ nella prima guerra mondiale: anche allora le caste al potere non volevano una grande guerra in Europa, ma neppure volevano rinunciare alla guerra, agli armamenti e alla politica delle minacce come mezzo della politica internazionale. Queste stesse ragioni potrebbero portarci nuovamente a ‘scivolare’ dentro un’altra guerra, perché l’accumulazione attuale di armi in Europa non ha precedenti”. Non si tratta di profetismo, ma della capacità di leggere criticamente la realtà con gli strumenti della nonviolenza capitiniana: le spese militari non servono per accumulare inutili armi nei depositi, ma per realizzare la politica di potenza fondata sulla continua preparazione della guerra. E mentre si è continuato a investire per la guerra, nessuna risorsa è stata destinata per preparare un efficace corpo civile europeo di pace, competente ad intervenire nei conflitti prima che degenerino in guerra e durante di essi con interposizioni, mediazioni, protezione dei civili e azioni di sabotaggio.
Anche durante il periodo tragico della guerra la lezione di Capitini – lui visse la seconda mondiale da antifascista e nonviolento – ci invita a tenere aperti i collegamenti tra i resistenti alla guerra sul piano internazionale, con una specifica attenzione agli attori in guerra: ora quindi è fondamentale dialogare e sostenere gli obiettori e i disertori russi e ucraini. È quello che stiamo facendo con la nostra campagna di “obiezione alla guerra”, coordinata dal Movimento Nonviolento.
Daniele Taurino – Direttivo nazionale Movimento Nonviolento
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I nonviolenti di Ucraina, Russia e Italia:
I nostri tre popoli sono contro la guerra perché la conoscono. Siamo fratelli e sorelle.
Una dichiarazione congiunta
La guerra è il più grande crimine contro l’umanità.
Non esiste guerra giusta. Ogni guerra è sacrilega.
Per questo siamo obiettori di coscienza, rifiutiamo le armi e gli eserciti che sono gli strumenti che rendono possibili le guerre.
Il conflitto tra Russia e Ucraina può e deve essere risolto con mezzi pacifici, salvando così molte vite. Sappiamo che l’invasione russa in corso in Ucraina viola il diritto internazionale e che l’Ucraina ha il diritto di difendersi dall’aggressione armata, ma non possiamo accettare alcuna giustificazione della guerra, perché siamo persuasi che l’azione nonviolenta sia la migliore forma di autodifesa. Non possiamo accettare le narrazioni russe e ucraine che ritraggono questi due popoli come nemici esistenziali che devono essere fermati con la forza militare. Le vittime di questo conflitto, civili di diverse nazionalità, muoiono e soffrono a causa delle azioni militari di tutti i combattenti. Ecco perché le armi e le voci dell’odio devono essere messe a tacere per cedere il passo alla verità e alla riconciliazione.
Facciamo parte dell’Internazionale dei Resistenti alla Guerra (W.R.I.) e dell’Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza (EBCO), e lavoriamo insieme in un unico grande movimento per la pace. Ci rivolgiamo ai nostri governi (ucraino, russo, italiano) affinché attivino subito ogni strada diplomatica possibile per un tavolo delle trattative per il cessate il fuoco. I nostri popoli sono contro la guerra. I nostri popoli hanno già subito l’immenso dramma della seconda guerra mondiale, hanno conosciuto i totalitarismi, e vogliono un futuro di pace per le nuove generazioni.
Siamo per il disarmo, siamo contro le spese militari; vogliamo che i nostri governanti usino i soldi del popolo per combattere la povertà e per il benessere di tutti, non per nuove armi.
Un inutile sforzo bellico non dovrebbe distrarci dalla risoluzione di urgenti problemi socioeconomici ed ecologici. Non possiamo permettere ai politici di gonfiare la loro popolarità e alle industrie militari di trarre profitto dall’infinito spargimento di sangue.
Conosciamo l’efficacia della nonviolenza come stile di vita e forza più potente dell’ingiustizia, della violenza e della guerra. Stiamo lavorando sia per la resistenza nonviolenta alla guerra che per le trasformazioni sociali, sviluppando una cultura di pace che riporterà i soldati ad essere civili e distruggerà tutte le armi. Crediamo nella libertà, nella democrazia, nei diritti umani e lavoriamo affinché i nostri paesi si rispettino a vicenda.
La coscienza individuale è una tutela contro la propaganda di guerra e può salvaguardare dal coinvolgimento dei civili nella guerra. Faremo tutto il possibile per proteggere il diritto umano all’obiezione di coscienza al servizio militare nei nostri paesi.
Ci sentiamo come fratelli e sorelle, e siamo solidali con coloro che oggi soffrono a causa di questa guerra e di ogni altra guerra nel mondo.
Yurii Sheliazhenko
Ukrainian Pacifist Movement
Elena Popova
Russian Conscientious Objectors Movement
Mao Valpiana
Movimento Nonviolento italiano
Kiev, Sankt Peterburg, Verona, 14 aprile 2022
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Manifesto Russell-Einstein
Nel 1955 il filosofo-matematico Bertrand Russell e lo scienziato Albert Einstein si fanno promotori di una importante dichiarazione in favore del disarmo nucleare e della scelta pacifista per l’umanità, sottoscritta da scienziati e intellettuali di prestigio.
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Nella tragica situazione che l’umanità si trova ad affrontare, riteniamo che gli scienziati debbano riunirsi per valutare i pericoli sorti come conseguenza dello sviluppo delle armi di distruzione di massa e per discutere una risoluzione nello spirito del documento che segue.
Non parliamo, in questa occasione, come appartenenti a questa o a quella nazione, continente o credo, bensì come esseri umani, membri del genere umano, la cui stessa sopravvivenza è ora in pericolo. Il mondo è pieno di conflitti, e su tutti i conflitti domina la titanica lotta tra comunismo
e anticomunismo. Chiunque sia dotato di una coscienza politica avrà maturato una posizione a riguardo. Tuttavia noi vi chiediamo, se vi riesce, di mettere da parte le vostre opinioni e di ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica la cui evoluzione è stata sorprendente e la cui scomparsa nessuno di noi può desiderare.
Tenteremo di non utilizzare parole che facciano appello soltanto a una categoria di persone e non ad altre. Gli uomini sono tutti in pericolo, e solo se tale pericolo viene compreso vi è speranza che, tutti insieme, lo si possa scongiurare.
Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Dobbiamo imparare a domandarci non già quali misure adottare affinché il gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiché tali misure ormai non sono più contemplabili; la domanda che dobbiamo porci è: “Quali misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?”
La gente comune, così come molti uomini al potere, ancora non ha ben compreso quali potrebbero essere le conseguenze di una guerra combattuta con armi nucleari. Si ragiona ancora in termini di città distrutte. Si sa, per esempio, che le nuove bombe sono più potenti delle precedenti e che se una bomba atomica è riuscita a distruggere Hiroshima, una bomba all’idrogeno potrebbe distruggere grandi città come Londra, New York e Mosca.
È fuor di dubbio che in una guerra con bombe all’idrogeno verrebbero distrutte grandi città. Ma questa non sarebbe che una delle tante catastrofi che ci troveremmo a fronteggiare, e nemmeno
la peggiore. Se le popolazioni di Londra, New York e Mosca venissero sterminate, nel giro di alcuni secoli il mondo potrebbe comunque riuscire a riprendersi dal colpo. Tuttavia ora sappiamo, soprat- tutto dopo l’esperimento di Bikini, che le bombe atomiche possono portare gradatamente alla distruzione di zone molto più vaste di quanto si fosse creduto.
Fonti autorevoli hanno dichiarato che oggi è possibile costruire una bomba 2500 volte più potente di quella che distrusse Hiroshima. Se fatta esplodere a terra o in mare, tale bomba disperde nell’atmosfera particelle radioattive che poi ridiscendono gradualmente sulla superficie sotto forma di pioggia o pulviscolo letale. È stato questo pulviscolo a contaminare i pescatori giapponesi e il loro pescato.
Nessuno sa con esattezza quanto si possono diffondere le particelle radioattive, ma tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che una guerra con bombe all’idrogeno avrebbe un’alta probabilità di portare alla distruzione della razza umana. Si teme che l’impiego di molte bombe all’idrogeno possa portare alla morte universale – morte che sarebbe immediata solo per una minoranza, mentre alla maggior parte degli uomini toccherebbe una lenta agonia dovuta a malattie e disfacimento.
In più occasioni eminenti uomini di scienza ed esperti di strategia militare hanno lanciato l’allarme. Nessuno di loro afferma che il peggio avverrà per certo. Ciò che dicono è che il peggio può accadere e che nessuno può escluderlo. Non ci risulta, per ora, che le opinioni degli esperti in questo campo dipendano in alcuna misura dal loro orientamento politico e dai loro preconcetti. Dipendono, a quanto emerso dalle nostre ricerche, dalla misura delle loro competenze. E abbiamo riscontrato che i più esperti sono anche i più pessimisti.
Questo dunque è il problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui non si può sfuggire: metteremo fine al genere umano, o l’umanità saprà rinunciare alla guerra? È una scelta con la quale la gente non vuole confrontarsi, poiché abolire la guerra è oltremodo difficile.
Abolire la guerra richiede sgradite limitazioni alla sovranità nazionale. Ma forse ciò che maggior- mente ci impedisce di comprendere pienamente la situazione è che la parola “umanità” suona vaga e astratta. Gli individui faticano a immaginare che a essere in pericolo sono loro stessi, i loro figli e nipoti e non solo una generica umanità. Faticano a comprendere che per essi stessi e per i loro cari esiste il pericolo immediato di una mortale agonia. E così credono che le guerre potranno continuare a esserci, a patto che vengano vietate le armi moderne.
Ma non è che un’illusione. Gli accordi conclusi in tempo di pace di non utilizzare bombe all’idrogeno non verrebbero più considerati vincolanti in tempo di guerra. Con lo scoppio di un conflitto armato entrambe le parti si metterebbero a fabbricare bombe all’idrogeno, poiché se una parte costruisse bombe e l’altra no, la parte che ha fabbricato le bombe risulterebbe inevitabilmente vittoriosa. Tuttavia, anche se un accordo alla rinuncia all’armamento nucleare nel quadro di una generale riduzione degli armamenti non costituirebbe la soluzione definitiva del problema, avrebbe nondimeno una sua utilità. In primo luogo, ogni accordo tra Oriente e Occidente è comunque positivo poiché contribuisce a diminuire la tensione internazionale. In secondo luogo, l’abolizione delle armi termonucleari, nel momento in cui ciascuna parte fosse convinta della buona fede dell’altra, diminuirebbe il timore di un attacco improvviso come quello di Pearl Harbour, timore che al momento genera in entrambe le parti uno stato di agitazione. Dunque un tale accordo andrebbe accolto con sollievo, quanto meno come un primo passo.
La maggior parte di noi non è neutrale, ma in quanto esseri umani dobbiamo tenere ben presente che affinché i contrasti tra Oriente e Occidente si risolvano in modo da dare una qualche soddisfa- zione a tutte le parti in causa, comunisti e anticomunisti, asiatici, europei e americani, bianchi e neri, tali contrasti non devono essere risolti mediante una guerra. È questo che vorremmo far capire, tanto all’Oriente quanto all’Occidente.
Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicità, conoscenza e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte solo perché non siamo capaci di dimenticare le nostre contese? Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto. Se ci riuscirete, si aprirà la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un’estinzione totale.
Invitiamo questo congresso, e per suo tramite gli scienziati di tutto il mondo e la gente comune, a sottoscrivere la seguente mozione:
In considerazione del fatto che in una futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi sono una minaccia alla sopravvivenza del genere umano, ci appelliamo con forza a tutti i governi del mondo affinché prendano atto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e di conseguenza li invitiamo a trovare mezzi pacifici per la risoluzione di tutte le loro controversie.
Albert Einstein Bertrand Russell
Max Born
(Premio Nobel per la fisica)
Percy W. Bridgman
(Premio Nobel per la fisica)
Leopold Infeld
(Professore di fisica teorica)
Frédéric Joliot-Curie
(Premio Nobel per la chimica)
Herman J. Muller
(Premio Nobel per la fisiologia e medicina)
Linus Pauling
(Premio Nobel per la chimica)
Cecil F. Powell
(Premio Nobel per la fisica)
Józef Rotblat (Professore di fisica)
Hideki Yukawa
(Premio Nobel per la fisica)
Trad. it. di Aurelia Martelli
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