È online Rocca numero nove duemilaventidue
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L’editoriale di Maurizio Landini e Tonino dell’Olio.
Lavorare per la pace
Il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace.
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Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. In questa prospettiva marcatamente sociale, il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello» (Papa Francesco, Messaggio per la 55a Giornata Mondiale della pace, 1 gennaio 2022). D’altra parte come non essere d’accordo che la casa, la terra e il lavoro, costituiscono gli elementi basilarmente essenziali per creare condizioni di pace? Papa Francesco, in occasione degli incontri mondiali dei Movimenti popolari, ha prestato solo la sua voce alla vita quotidiana degli abitanti del pianeta. Esiste una correlazione intima tra il lavoro e la pace. Dobbiamo avere il coraggio di affermarlo e gridarlo anche (o soprattutto) in questo tempo di guerra, lutti, distruzione, sofferenze e morte. Con don Tonino Bello riaffermiamo la convinzione che «è nel tempo della tempesta che bisogna mettere da parte la semente». E il lavoro è la semente migliore perché indica la di- gnità e il senso della vita di ogni persona, nonché il suo contributo per la vita di ogni giorno fino a diventare architrave nella costruzione della pace. Per questo chiediamo che siano le lavoratrici e i lavoratori a unirsi nel cantiere della pace dal momento che le guerre moderne prevedono e producono proprio tra i civili, tra i lavoratori, la stragrande maggioranza delle vittime. Da secoli siamo ormai fuori dal modello cavalleresco o romantico in cui la stupidità della guerra veniva presentata come una tenzone tra uomini scelti e provati, quasi una partita a scacchi. Dal secondo conflitto mondiale in poi le armi vengono progettate e costruite proprio per abbattersi inesorabilmente su civili inermi, la distruzione riguarda le case della gente, i campi, i luoghi di lavoro. E persino in un territorio come il nostro, apparentemente lontano dal fuoco del conflitto, sono i lavoratori e i pensionati a subire i disastrosi effetti economici della guerra vedendo compromesso il potere di acquisto del proprio salario. Peraltro se è vero che in questo conflitto la questione della dipendenza energetica è un elemento essenziale, non finiremo di impegnarci per una conversione (che è più di una semplice transizione) ecologica che peraltro prevede di incrementare occupazione e lavoro. È per questo che sono i lavoratori di ogni latitudine che devono riprendersi in mano i destini della propria vita e della vita dei popoli e dire basta alla tragedia insensata della guerra. Lo abbiamo fatto nei giorni scorsi organizzando diverse manifestazioni per la pace, portando aiuti di prima necessità alle popolazioni ucraine, accompagnando famiglie e persone fragili oltre i confini della guerra e favorendo le possibilità di accoglienza dei profughi stessi. Lo abbiamo fatto an- che con una manifestazione di pace nella stessa città di Leopoli per lanciare un segnale di fraternità a tutti coloro che si trovano nella condizione di subire la guerra e indicare che il futuro deve vederci coraggiosamente e solidamente come forza nonviolenta di interposizione a difesa dei civili. C’eravamo come organizzazioni sindacali, movimenti ecclesiali, organizzazioni non governative, associazioni e movimenti di base. Non è per niente poco! È l’insegnamento che sgorga ancora limpido dalla Carta della nostra comunità nazionale dove, diverse matrici culturali, ideologiche e politiche, si riconobbero attorno al valore fondante del lavoro come forza di garanzia della pace. Il lavoro delle persone e la possibilità di realizzarsi nel lavoro è l’elemento fondamentale che costituisce la democrazia e la pace. La scelta della città di Assisi, città messaggio, universalmente riconosciuta come luogo di pace, per la manifestazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil in occasione del Primo maggio, ha significati profondi.
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