È online Rocca due/2022
L’editoriale di Mariano Borgognoni.
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Volare basso ma dritto
Qualche volta devi volare basso ma dritto. Insomma evita gli effetti speciali. Ricordo ancora questa frase di un vecchio maestro, di quelli che sanno perdere tempo con te.
È un consiglio che si potrebbe dare al Governo in riferimento al contrasto della pandemia. Forse si è fatta troppa propaganda (siamo l’esempio!) e troppo poco per la scuola (su cui si alza la bandierina del rientro alla cieca), per i trasporti, per il potenziamento della sanità pubblica, che resta ancora una promessa. Spesso si è «volato alto ma storto». Peggiori degli altri paesi? No, ma neanche migliori. E stavolta forse i segnali che venivano dal Regno Unito e poi dall’Austria e dalla Germania dovevano metterci in condizione di fare qualcosa di più e di meglio. Poi, diciamoci la verità, le misure prese a fine dicembre sono pezze calde e quelle non prese (a cominciare dallo smart working) ciniche e incomprensibili. Quelle che ha portato la Befana, sono invece, pezze calde rafforzate. Per non farci mancare nulla c’è poi questo miscuglio, malsanamente montato, tra pandemia ed elezione del Presidente della Repubblica. Che c’entra? Non è in capo al Presidente della Repubblica il governo della sanità e una democrazia seria deve affrontare questi passaggi con responsabilità, rapidità e normalità anche nelle situazioni più difficili. Il presidente Mattarella ha compiuto la scelta giusta sottraendosi all’ipotesi di una rielezione. La ripetizione di questo schema per la seconda volta consecutiva darebbe luogo ad una consuetudine, suscettibile di modificare la fisionomia costituzionale della Presidenza della Repubblica, inducendo in chi ne svolge il ruolo un atteggiamento meno libero, autonomo e di suprema garanzia e potenzialmente esponendolo alla tentazione della ricerca del consenso per la sua riconferma; che invece sarebbe saggio escludere anche formalmente. Certo la funzione del Capo dello Stato è venuta assumendo un più considerevole peso politico negli ultimi decenni per effetto della crisi crescente dei partiti, come d’altra parte si è accresciuto nel Governo il ruolo del Presidente del Consiglio, soprattutto quando la funzione viene svolta da un tecnico. E ciò mentre precipita il prestigio e la forza rappresentativa del Parlamento (e dell’insieme delle Assemblee elettive: dalle Regioni ai Comuni). Tutto questo anche come esito del sistematico picconamento sulle istituzioni democratiche da parte delle forze di centrodestra ma anche degli opposti ma convergenti populismi renziani e pentastellati (almeno vetero pentastellati).
Se non ci sarà, come è quasi certo, nemmeno la promessa riforma del sistema elettorale che consenta la scelta dei candidati e la rappresentanza proporzionale dei partiti, questo processo di progressivo logoramento della democrazia e della sua credibilità, rischierà di diventare irreversibile, facendoci precipitare in una situazione post-democratica dai contorni incerti e pericolosi. Prendendo atto di questa situazione sarebbe forse meglio pensare davvero ad una grande riforma che, portata avanti da un Parlamento pienamente rappresentativo del Paese e quindi legittimamente costituente, non escluda neanche ipotesi di innovazioni istituzionali coraggiose compresa l’elezione diretta e non necessariamente simultanea di Parlamento e Presidente in un quadro di bilanciamento dei poteri legislativo ed esecutivo, rafforzando sia il governo che la rappresentanza e rendendo più netta la possibilità di scelta dei cittadini e anche più necessaria la funzione delle minoranze nel Parlamento e la mobilitazione popolare nel Paese. Perché, infine, bisogna prendere atto che il pantano politico in cui siamo ormai da molti anni porta, di compromesso in compromesso, a erodere l’identità di tutti i soggetti politici in campo e a colpire la residua credibilità della politica, o meglio della politica democratica. Una sinistra troppo timorosa e autoconvintasi della sua ineluttabile posizione minoritaria tende a non porsi una questione ormai aperta circa i caratteri di una democrazia effettiva, in cui abbiano la possibilità di confrontarsi anche ipotesi politiche radicalmente alternative e non esista solo la logica della limitazione del danno o la gestione subalterna dell’amministrazione. Sarebbe interessante aprire anche sulle nostre pagine una riflessione, sine ira et studio, su questo tema, al di là delle pur serie contingenze che, speriamo, conducano alla scelta di un Presidente della Repubblica della massima autorevolezza morale e politica, capace di rappresentare i sentimenti profondi di un Paese che, pur nelle differenze, ha bisogno di sentirsi rappresentato con onore, competenza, senso delle istituzioni. Come ha fatto Sergio Mattarella in questo suo settennato. Volando basso ma dritto.
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LA POLITICA PER I GIOVANI: Veronica De Romanis, “Questa non è una politica per giovani. Resta la chance del Pnrr” (Foglio). Elsa Fornero, “Senza istruzione nessuna eredità per i giovani” (La Stampa). Nicolas Schmit (commissario Ue per il lavoro), “Giovani e lavoro, perché l’Italia è in fondo alla classifica Ue” (intervista al Sole 24 ore).
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MATTARELLA E I GIOVANI: Due opposti commenti alla parte del discorso di Mattarella al Paese rivolto ai giovani: Daniela Raineri, “Mattarella, la retorica che distrugge i giovani” (Il Fatto) e Ferdinando Camon, “Ultima lezione da vero prof. Si vis pacem para scholam” (Avvenire).
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Alla conquista di nuove normalità
7 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su Democraziaoggi.
Antonio Scurati, “Alla conquista di nuove normalità” (Corriere della sera).
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UNA NUOVA STAGIONE POPULISTA. IL PNRR E IL PROBLEMA DEL DEBITO
10 Gennaio 2022 su C3dem.
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Immagini in testa tratte da Rocca, Pro Civitate Christiana.
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