Con il nonno e l’agnellino all’alba di un nuovo anno
1951 Notte di San Silvestro
di Gianni Pisanu
La conoscenza fra mio nonno e “tiu Pedrigheddu” risaliva agli anni terribili della grande guerra. Erano tornati vivi e dopo quasi quarant’anni non si erano persi di vista. Tiu Pedrigheddu era un pastore di Thiesi ed aveva l’ovile a Baddemanna, a monte della cantoniera di Pianu. Non era sposato e aveva con sé due nipoti che lo aiutavano nella cura del gregge, era proprietario oltre che del grosso gregge anche delle terre dove teneva stabilmente l’ovile e questo gli consentiva di evitare la transumanza. Insomma tiu Pedrigheddu era uno che stava bene. Era un ometto minuto sempre vestito di nero, con la camicia bianca, le scarpe a polacchina, e un berretto di quel materiale nero lucido uguale a quello dei capelli dei monsignori, ma forse quello era l’abbigliamento dei giorni di festa o per le occasioni. Una volta al mese veniva a fare visita a mio nonno, o quanto meno, se era diretto a Sassari, scendeva dalla corriera e nel salutare dava appuntamento per il pomeriggio quando, al ritorno poteva fare una sosta di un paio d’ore prima di prendere l’ultima corriera con destinazione Ozieri che passava per la cantoniera. [segue]
Mio nonno, indossata la giacca, senza togliere il grembiule di tela azzurra da calzolaio, usciva e faceva una ricca spesa, possibilmente, se quel giorno ne trovava, optava per il pesce, particolarmente gradito da tiu Pedrigheddu. Mama Ittori, mia nonna, si dava subito da fare per preparare un buon pasto. Tiu Pedru era atteso per le tre del pomeriggio e quella sarebbe stata l’ora del pranzo per i due amici, mentre Mama Ittori rispettava l’orario abituale che era a mezzogiorno in punto.
L’ospite era un uomo molto gentile, e ogni volta non mancava di portare in dono i prodotti del suo lavoro: lardo, salsicce, formaggi, ricotta, e per le festività un agnello e della frutta secca. Quando era di ritorno da Sassari portava a Mama Ittori un grosso vassoio di paste di crema che in paese non c’erano e mia nonna le portava subito a casa nostra. Mia madre si preoccupava di farle durare il più a lungo possibile, ne dava una a ciascuno di noi tre fratelli e si riprometteva di conservarne qualcuna da consumare con babbo e gli immancabili ospiti dell’ora del giornale radio.
Nonno contraccambiava le visite di tiu Pedru solo due volte all’anno, per la tosatura delle pecore nel mese di giugno e la notte di fine anno. Una volta per la notte di San Silvestro mio nonno mi portò con sé all’ovile di tiu Pedru. Prendemmo la corriera delle cinque e il conducente fermò vicino alla cantoniera. Era il tramonto. Li ci attendevano i due nipoti di tiu Pedru con i cavalli, uno per nonno e uno per me. Sapevano che con nonno ci sarebbe stato un nipote, ma non sapevano che fosse un bambino e dopo aver tenuto il cavallo per aiutare mio nonno a montare in sella, accostarono l’altro ad un muretto e mi fu facile saltare in sella. Il mio cavallo sapeva la strada. Il tragitto per raggiungere l’ovile era piuttosto lungo ma per me fu un attimo.
L’ovile era composto da una pinneta molto grande e da piccole costruzioni in muratura. Li ci attendeva tiu Pedru. Dopo il saluto chiamò uno dei nipoti e si fece portare un agnello vivo dal mantello maculato, lo prese per le zampe anteriori e me lo diede in regalo. Faceva freddo e tutti entrammo nella pinnetta. I grandi per entrare dovevano chinarsi, ma l’interno era molto ampio, la poca luce era fornita dal fuoco al centro e per sedere c’erano i banchittos di sughero. Vicino al fuoco due uomini preparavano per la cena. C’erano spiedi con trecce, tattalios e carne, appese ai lati ceste contenenti pane e verdure, accostate al muretto perimetrale brocche d’acqua e fiasche di vino. Altri uomini si unirono più tardi, forse pastori da qualche ovile confinante. Uno dei nipoti accese due lumi a petrolio appesi ai lati. Tiu Pedru estrasse dalla tasca la pattadese e usando come tagliere e vassoio una lastra di sughero tagliò una salsiccia, me ne diede un grosso pezzo, mise la salsiccia su un banchetto vicino al fuoco e diede il buon appetito. I due anziani si ritrovarono seduti fianco a fianco. Mio nonno e tiu Pedrigheddu rinnovavano in silenzio la celebrazione della loro amicizia.
Il mio ricordo passa direttamente dalla cena alla sveglia alle sei del mattino seguente, alla brina che ricopriva d’argento la campagna e alla corriera che dalla fermata della cantoniera ci riportava in paese. Mio nonno, io e l’agnellino.
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