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Newsletter n. 237 del 2 novembre 2021
IL LINGUAGGIO E LA GIOIA
Care Amiche ed Amici,
[segue]
nei brevi giorni del G 20 a Roma il papa ha compiuto alcuni gesti importanti per la credibilità della fede.
Il primo è stato quello di dare per scontato, nell’incontro col presidente americano Biden, che egli continui a ricevere la comunione nonostante ci siano vescovi degli Stati Uniti che vorrebbero togliergliela come momento della lotta contro la legislazione americana che regola l’aborto e i politici che non la impediscono. L’evento emerge da quanto Biden ha riferito del suo incontro col papa, che il Vaticano non ha smentito. L’importanza della cosa sta nel non usare l’Eucarestia, e quindi la scomunica, come un’arma impropria per ottenere un risultato politico in nome di un dogmatismo dottrinale, ciò di cui purtroppo sono pieni molti secoli di temporalismo ecclesiastico. In tal modo viene purificato l’annuncio di fede sulla comunione che, come dice Francesco, non è “il premio dei santi ma il pane dei peccatori” e la cui privazione non deve essere usata come un’arma, che è spuntata per chi non crede ma devastante per un credente.
Ma c’è anche un altro annuncio che viene purificato da questo gesto, ed è l’annuncio che lo stesso papa Francesco ha dato in più occasioni sulla dolorosa pratica dell’aborto. Nel linguaggio immaginifico che il papa usa continuamente per trasmettere la fede e insegnare una morale, l’aborto, in quanto interruzione di una vita non venuta alla luce, è assimilato a un omicidio, le donne che vi fanno ricorso sono assassine e i medici che lo operano sono definiti come sicari. Interpretare alla lettera queste parole sarebbe una catastrofe, ed è quello che fanno purtroppo i fondamentalisti dei movimenti per la vita; una Chiesa che si attestasse su queste posizioni non avrebbe per le donne parole di vita e la sua autorità non sarebbe credibile. Fin dall’inizio del pontificato papa Francesco ha preservato la Chiesa da questo precipizio, pur ribadendo il tradizionale insegnamento sull’aborto, ma con linguaggio, appunto, inappropriato. Ora, con il gesto compiuto nei confronti di Biden papa Francesco manifesta la distanza tra la verità di un insegnamento e il linguaggio che lo illustra, destituendo di validità parole come assassini o sicari applicate a chi non riduce l’aborto a un capitolo del codice penale e a un caso sanzionato dal carcere.
L’altro gesto importante per far capire dove sta la Chiesa papa Francesco lo ha compiuto alla recita dell’Angelus di domenica 31 ottobre; infatti benché si stesse concludendo il G 20 a Roma, la preghiera del papa è stata per il COP 26, il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Glasgow; a Roma c’erano “i Grandi”, coloro di cui il vangelo dice che dominano e opprimono le nazioni, mentre a Glasgow si riunivano tutti i partecipanti del sistema delle Nazioni Unite, ed è a loro che Francesco ha chiesto di ascoltare il grido della Terra e il grido dei poveri. In ciò il papa è stato più persuasivo di Draghi che ha parlato di multilateralismo ma nell’ambito dei 20 e ignorando la conflittualità con la Cina, mentre per papa Francesco il multilateralismo significa l’inclusione pacifica, e addirittura fraterna, di tutti.
Infine nell’Angelus di Ognissanti Francesco ha fatto ancora una volta l’elogio della gioia, come argomento della credibilità del cristianesimo, sulla scia della domenica “Laetare” della liturgia, della “Gaudium et Spes” del Concilio, della “Evangelii gaudium” del suo inizio di pontificato, della “Veritatis gaudium” della Costituzione sulle università; senza la gioia, ha detto “la fede diventa un esercizio rigoroso e opprimente, e rischia di ammalarsi di tristezza”: e questo ammalarsi di tristezza lo ha ripetuto tre volte, citando poi un padre del deserto, Evagrio Pontico che diceva che la tristezza è «un verme del cuore», che corrode la vita.
Nel sito pubblichiamo il testo di questa catechesi del papa, e un articolo di Domenico Gallo su una nuova violazione israeliana dei diritti palestinesi.
Con i più cordiali saluti
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