Cos’è il SINODO? Ce lo spiega Papa Francesco.
L’espressione è di papa Francesco: il 18 settembre, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, egli ha rivolto ai fedeli della diocesi di Roma un discorso forte e vivo e molto reale, di una apertura comunicativa che spesso si cerca invano nelle allocuzioni ufficiali della chiesa, soprattutto quando parla di se stessa o a se stessa. [segue]
Un discorso sulla stessa linea pastorale del Documento preparatorio e del Vademecum pubblicati il 7 settembre e apprezzabili per linearità e concretezza: ma questi ultimi sono documenti di curia, quello invece un discorso personale, più libero e fluido, che aiuta ad affrontare il senso e il cuore della sinodalità in un mondo che ormai viene abitualmente definito postmoderno (anche se le varie regioni del mondo presentano tra loro differenze di ‘modernità’ anche molto forti e non si può generalizzare), e che è il mondo in cui si svolge di solito la vita delle parrocchie: grandi e piccole, profetiche e stagnanti… Anche l’organizzazione fondata sulle parrocchie, comunque, in molti casi appare superata: la parrocchia è una circoscrizione ecclesiastica di origine medievale che ha ormai solo deboli collegamenti con realtà umane concrete.
Come sottolinea papa Francesco, la riflessione si fa doverosa perché impegna l’ascolto di culture che, nel breve spazio di qualche decennio, sono profondamente cambiate.
ascoltare i cambiamenti
Il concetto di popolo è uno dei pilastri della riflessione ecclesiale del papa, e in questo ci sembrano avvertibili le sue radici sudamericane. In realtà almeno nel mondo occidentale di cui più abbiamo l’esperienza, il popolo di cui si parla è profondamente trasformato, quasi irriconoscibile, fino al punto di mettere in difficoltà l’uso stesso della parola. Di fatto «il soggetto moderno è considerato e strutturato come semplice consumatore» (il papa cita J. Baudrillard, La società dei consumi, un libro che ha già 45 anni ma appare oggi
anche più attuale di quando fu scritto).
Nell’eclissi delle grandi sintesi (cristiane, marxiste, liberali) sono saltati di colpo, quasi spostati nell’inattualità più sconfortante e conturbante i riferimenti che, più amati o più criticati, ci erano familiari; il loro posto è stato occupato da «un consumismo il cui potere è nelle mani di pochi grandi gruppi di intermediazione che, tramite la pubblicità, inducono all’acquisto ossessivo di beni e di merci, senza altri riferimenti.
La stessa pubblicità, con i mezzi di comunicazione, stravolge la realtà, rendendola semplicemente visione lontana e irreale».
Gli stessi concetti-base (persona, dignità, comunità…), così frequenti e anzi indispensabili nel discorso ecclesiale, suonano ormai come espressioni astratte, almeno al di fuori di cerchie molto specializzate.
Veramente notevole la parte finale del discorso, perché fa avvertire la prossimità di una chiesa che ricerca seriamente la capacità di andare oltre se stessa. Quello che si prepara non dovrebbe essere un incontro di soli vescovi né di soli cattolici, né un evento finalizzato in primo luogo a parlare, ma anche all’ascolto, a tutti i livelli. «…Perché vi dico queste cose? Perché nel cammino sinodale, l’ascolto deve tener conto del sensus fidei, ma non deve trascurare tutti quei ‘presentimenti’ incarnati dove non ce l’aspetteremmo: ci può essere un ‘fiuto senza cittadinanza’, ma non meno efficace. Lo Spirito Santo nella sua libertà non conosce confini, e non si lascia nemmeno limitare dalle appartenenze. Se la parrocchia è la casa di tutti nel quartiere, non un club esclusivo, mi raccomando: lasciate aperte porte e finestre, non vi limitate a prendere in considerazione solo chi frequenta o la pensa come voi – che saranno il 3, 4 o 5%, non di più.
Permettete a tutti di entrare… Permettete a voi stessi di andare incontro e lasciarsi interrogare, che le loro domande siano le vostre domande, permettete di camminare insieme: lo Spirito vi condurrà, abbiate fiducia nello Spirito. Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza. Non siate disincantati, preparatevi alle sorprese…». L’analisi che il papa offre, rivolta esplicitamente alla sua diocesi di Roma («Ed è per questo che sono qui, come vostro Vescovo, a condividere, perché è molto importante che la Diocesi di Roma si impegni con convinzione in questo cammino. Sarebbe una figuraccia che la Diocesi del Papa non si impegnasse in questo, no? Una figuraccia per il Papa e anche per voi»), ma in realtà a tutto il mondo cattolico e non solo, è semplice e diretta molto più del pur apprezzabile documento preparatorio, e dice serenamente cose di notevole gravità sul cambiamento storico accelerato che è in corso, e rispetto al quale si rischia di rimanere indietro; evidenzia anche rischi non imputabili alla chiesa, se non per la proverbiale lentezza che la conduce a restare sempre più indietro rispetto alle istanze della storia sempre più accelerata. Il divario di sintesi religiosa e mondo sociale è diventato quasi inesplorabile.
Non è intenzione di papa Francesco svolgere un’analisi sociologica esauriente, ma le sue osservazioni sono vibranti di verità e di concretezza, in particolare quando, pronto a riconoscere responsabilità anche in prima persona, come Vescovo tra i vescovi, osserva che l’organizzazione ecclesiale è ferma sostanzialmente agli anni ’50: «…liturgia, catechesi, carità, pietà popolare sono rimaste le stesse. Di fronte alle trasformazioni si sono approfonditi i temi della secolarizzazione, della nuova evangelizzazione, della riscoperta della catechesi battesimale: tentativi che si sono dimostrati insufficienti nella realtà che ha annullato antiche sintesi. Non ci siamo resi conto della velocità delle trasformazioni e – per essere sinceri – non è stata compresa la loro portata». I motivi di fondo, a suo parere, sono due: la mancanza di adeguati strumenti di lettura e l’ostinata fedeltà a quanto la liturgia, la morale, la teologia … avevano suggerito nel dopoguerra. La nuova visione del mondo appare enormemente lontana dai comportamenti del passato.
La conclusione: «Prima di incominciare questo cammino sinodale, a che cosa siete più inclini: a custodire le ceneri della Chiesa, cioè della vostra associazione, del vostro gruppo, o a custodire il fuoco? Siete più inclini ad adorare le vostre cose, che vi chiudono – io sono di Pietro, io sono di Paolo, io sono di questa associazione, voi dell’altra, io sono prete, io sono vescovo – o vi sentite chiamati a custodire il fuoco dello Spirito?». (Corsivi nostri)
il lungo cammino sinodale
Il cammino del Sinodo sarà molto lungo; anche questo suggerisce una certa lentezza. Inevitabile, per poter far fronte alle indagini e agli adempimenti richiesti, ma senza dubbio esposta a rischi: rischio di ripiegamento all’interno, di assuefazione…
Un cammino durante il quale si potrebbe anche dimenticare di essere in cammino.
Il percorso del Sinodo 2021-2023, almeno nella sua scansione esterna, avrà la sua apertura solenne in Vaticano il 9 ottobre, con la presenza di papa Francesco. Il 17 ottobre l’apertura sarà celebrata nelle chiese locali. Dopo questa apertura, nelle Chiese locali e nelle altre realtà ecclesiali (i dicasteri della Curia romana, i movimenti laicali, le facoltà di teologia delle università, le Unioni dei/delle Superiori Maggiori e altri gruppi e federazioni di vita consacrata) inizia una fase che si estenderà dall’ottobre 2021 all’aprile 2022 e che vuole essere una consultazione generale di tutte queste realtà, con l’aiuto del documento preparatorio, del Vademecum e di un questionario preparato dalla segreteria generale del Sinodo. Qui si incontreranno i primi rischi, ovviamente; rischi di una consultazione solo apparente e poco effettiva, come avvenne al tempo del Sinodo sulla famiglia.
La fase diocesana è molto importante, sottolinea papa Francesco nel discorso che abbiamo ricordato, perché realizza l’ascolto della totalità dei battezzati, soggetto del sensus fidei infallibile in credendo.
Il percorso sarà scandito da un duplice Instrumentum laboris (da non confondere coni due Instrumenta già pubblicati, il Documento preparatorio e il Vademecum che l’accompagna come parte inscindibile).
Il Sinodo dei vescovi ha stabilito anche tre commissioni preparatorie, con quarantuno esperti che si suddividono in Commissione Teologica, Commissione Metodologica, e Comitato Consultivo di Orientamento. Nelle tre commissioni lavoreranno anche 10 donne, religiose e teologhe; la commissione metodologica sarà coordinata da sr. Nathalie Becquart, religiosa saveriana, sottosegretaria generale del Sinodo.
In ogni diocesi deve essere nominato dal vescovo un responsabile diocesano (o una équipe) per la consultazione, e lo stesso deve fare ogni Conferenza Episcopale nazionale, a cui saranno inviati i contributi di sua pertinenza; ognuno dovrà fare un discernimento e una sintesi dei risultati da inviare alla segreteria generale del Sinodo. Anche tutti gli altri organismi consultati invieranno i loro contributi alla Segreteria generale. Quindi, ci sarà una riunione pre-sinodale cui seguirà l’invio dei contributi alla Conferenza Episcopale relativa, e ciascuna dovrà fare un discernimento e una sintesi dei risultati da inviare alla Segreteria generale del Sinodo, che riceverà anche i contributi di tutti gli altri organismi consultati. Entro il mese di settembre 2022, sarà pubblicato, come frutto di questi contributi particolari e del relativo discernimento, il primo Instrumentum Laboris del Sinodo.
Seguirà la ‘fase continentale’ del Sinodo sulla Sinodalità, dal settembre 2022 al marzo 2023, il cui relatore generale sarà il card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo. Avranno luogo riunioni internazionali di conferenze episcopali (che nomineranno un responsabile incaricato di tenere i rapporti con la Segreteria generale del Sinodo) e un discernimento pre-sinodale da parte delle assemblee continentali, che termineranno con la redazione di un documento finale. Sono anche raccomandate in questa fase (ma senza prescrizioni dettagliate) assemblee nazionali di specialisti che inviino i loro contributi alla Segreteria generale del Sinodo. Dalla seconda ondata di consultazioni e contributi nascerà un secondo Instrumentum Laboris: si prevede che sia pronto entro il mese di giugno 2023. Seguirà, in autunno, la celebrazione vera e propria del sinodo dei vescovi.
preparazione e apprensioni
Una preparazione senza dubbio maestosa e capillare, che suscita ammirazione ma insieme anche un misto di smarrimento e apprensione, per quella che Pietro Pisarra («Le christianisme va-t-il mourir?», in baptises.fr) dell’8 settembre 2021, chiama l’ultima tentazione. «L’ultima tentazione sarebbe minimizzare la portata del cammino sinodale, riducendolo ad una faccenda interna, di organizzazione. O a una campagna di marketing, per rilanciare un prodotto scaduto. E se, di fronte all’esodo silenzioso, alle chiese che si svuotano, il sinodo fosse l’ultima chance, il kairòs da cogliere?».
Su Jesus di settembre 2021 è apparsa un’interessantissima intervista alla teologa francese Paule Zellitch presidente della Conférence catholique de baptisé-e-s francophones (Ccbf), impegnata dal 2010 per promuovere l’inclusione dei laici e delle donne nella Chiesa, di cui fanno ora parte anche molti preti.
Essa, per rendere l’idea dell’attuale situazione della chiesa cattolica, si serve di un doppio paragone che colpisce. Immaginate, dice, di vedere un prete che dal pulpito predichi in una lingua poco comprensibile a un uditorio muto e sconcertato, che piano piano si alza dai banchi per uscire dalla chiesa; o un circolo chiuso in cui i membri, tutti maschi, si confrontino soltanto fra di loro.
«… Siamo arrivati al paradosso che, nella fede basata sulla Parola, è proprio la parola dei fedeli che è stata confiscata. È una Chiesa monocroma (…). I vescovi hanno assecondato la propensione di Wojtyla a ridurre l’influenza dei teologi e la possibilità di fare nuove proposte. Non c’è contraddittorio né dibattito, i discorsi sono piatti, e questo non è certo un segno di salute nella Chiesa». «I numeri parlano chiaro: oggi in Francia il 34% degli abitanti si dichiara cattolico ma soltanto il 2% è praticante; allora, a chi parlano i vescovi?».
Anche i circa 10000 casi di abusi sessuali perpetrati da membri del clero negli ultimi settant’anni contribuiscono alla generale crisi di credibilità dell’istituzione-Chiesa. Secondo Paule Zellitch, vi è bisogno di coniugare la giusta verticalità con una sana orizzontalità. I laici, e le donne in prima fila, sono stanchi di essere emarginati, trattati come bambini incapaci di prendere una direzione, di vedere le loro competenze ignorate e i loro carismi sottovalutati.
Ricorda che lo Spirito soffia dove vuole e aggiunge: «Le gerarchie temono la libertà di pensiero dei laici: ma obbedienza non significa abdicare all’intelligenza e allo spirito critico, significa seguire Cristo».
Rispetto a quelli ricordati per la Francia, i «numeri della crisi» in Italia possono sembrare un po’ (solo un po’) meno catastrofici ma, vista la tendenza degli ultimi decenni, si può temere che sia ormai solo questione di tempo. È fondamentale che almeno i credenti impegnati, che sono forse meno numerosi di quelli ‘ancora’ praticanti ma l’unica speranza in vista del futuro, assumano senza timidezze le loro responsabilità ecclesiali, si sentano responsabili della sinodalità effettiva della chiesa e facciano udire con spirito fraterno e senso critico la loro parola, anche e soprattutto quando può sembrare che la Chiesa non la richieda veramente e non l’ascolti abbastanza.
Lilia Sebastiani
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ROCCA 15 OTTOBRE 2021
SINODO. Lasciarsi sconvolgere dal dialogo.
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Anche su Giornalia: https://www.giornalia.com/articoli/cose-il-sinodo-ce-lo-spiega-papa-francesco/
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