Che succede?
ALLA RISCOPERTA DELLA SINODALITA’. BOSE. L’ECONOMIA GIUSTA. L’ADDIO A GIOVANNI AVENA
8 Settembre 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
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Francesco in Ungheria
Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco a Budapest in occasione della Santa Messa conclusiva del 52.mo Congresso Eucaristico Internazionale e in Slovacchia (12-15 settembre 2021) – Santa Messa e recita dell’Angelus, 12.09.2021
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Santa Messa a Piazza degli Eroi di Budapest
Le parole del Papa alla recita dell’Angelus
Santa Messa a Piazza degli Eroi di Budapest
Dopo l’incontro con i Rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e alcune Comunità Ebraiche dell’Ungheria, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto a Piazza degli Eroi a Budapest per la celebrazione della Santa Messa a conclusione del 52° Congresso Eucaristico Internazionale.
Al Suo arrivo nella piazza, il Papa ha compiuto alcuni giri in papamobile tra gli oltre 100mila fedeli presenti e alle ore 11.30 ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella XXIV Domenica del Tempo Ordinario.
Nel corso della Santa Messa, dopo il saluto di benvenuto dell’Arcivescovo Metropolita di Esztergom-Budapest, Card. Péter Erdő, e dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.
Al termine, prima della benedizione finale e della recita dell’Angelus, il Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, Arcivescovo tit. di Martirano, S.E. Mons. Piero Marini, ha rivolto a Papa Francesco un indirizzo di saluto. Quindi il Papa si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Budapest per la cerimonia di congedo dall’Ungheria.
Riportiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:
Omelia del Santo Padre
A Cesarea di Filippo Gesù chiede ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). Questa domanda mette alle strette i discepoli e segna una svolta nel loro cammino dietro al Maestro. Essi conoscevano bene Gesù, non erano più dei principianti: avevano familiarità con Lui, erano stati testimoni di molti miracoli compiuti, rimanevano colpiti dal suo insegnamento, lo seguivano dovunque andava. Eppure, non pensavano ancora come Lui. Mancava il passaggio decisivo, quello dall’ammirazione per Gesù all’imitazione di Gesù. Anche oggi il Signore, fissando lo sguardo su ognuno di noi, ci interpella personalmente: “Ma io chi sono davvero per te?”. Chi sono per te? È una domanda che, rivolta a ciascuno di noi, non chiede solo una risposta esatta, da catechismo, ma una risposta personale, una risposta di vita.
Da questa risposta nasce il rinnovamento del discepolato. Esso avviene attraverso tre passaggi, che fecero i discepoli e possiamo compiere anche noi: l’annuncio di Gesù il primo, il discernimento con Gesù il secondo, il cammino dietro a Gesù il terzo.
1. L’annuncio di Gesù. A quel “Ma voi, chi dite che io sia?” rispose Pietro, come rappresentante dell’intero gruppo: «Tu sei il Cristo». Pietro dice tutto in poche parole, la risposta è giusta, ma sorprendentemente, dopo questo riconoscimento Gesù ordina «severamente di non parlare ad alcuno di lui» (v. 30). Ci domandiamo: perché un divieto così drastico? Per una ragione precisa: dire che Gesù è il Cristo, il Messia, è esatto ma incompleto. C’è sempre il rischio di annunciare una falsa messianicità, secondo gli uomini e non secondo Dio. Perciò, a partire da quel momento, Gesù comincia a rivelare la sua identità, quella pasquale, quella che troviamo nell’Eucaristia. Spiega che la sua missione sarebbe culminata, sì, nella gloria della risurrezione, ma passando attraverso l’umiliazione della croce. Si sarebbe cioè svolta secondo la sapienza di Dio, «che – dice San Paolo – non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo» (1 Cor 2,6). Gesù impone il silenzio sulla sua identità messianica, non però sulla croce che lo attende. Anzi – annota l’evangelista – Gesù comincia ad insegnare «apertamente» (Mc 8,32) che «il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (v. 31).
Di fronte a questo annuncio di Gesù, annuncio sconvolgente, possiamo rimanere anche noi esterrefatti. Anche noi vorremmo un messia potente anziché un servo crocifisso. L’Eucaristia sta davanti a noi per ricordarci chi è Dio. Non lo fa a parole, ma concretamente, mostrandoci Dio come Pane spezzato, come Amore crocifisso e donato. Possiamo aggiungere tanta cerimonia, ma il Signore rimane lì, nella semplicità di un Pane che si lascia spezzare, distribuire e mangiare. È lì: per salvarci si fa servo; per darci vita, muore. Ci fa bene lasciarci sconvolgere dall’annuncio di Gesù. E chi si apre a questo annuncio di Gesù, si apre al secondo passaggio.
2. Il discernimento con Gesù. Di fronte all’annuncio del Signore, la reazione di Pietro è tipicamente umana: quando si profila la croce, la prospettiva del dolore, l’uomo si ribella. E Pietro, dopo aver confessato la messianicità di Gesù, si scandalizza delle parole del Maestro e tenta di dissuaderlo dal procedere sulla sua via. La croce non è mai di moda. Cari fratelli e sorelle, la croce non è mai di moda: oggi come in passato. Ma guarisce dentro. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il “pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”. Da un lato, c’è la logica di Dio, che è quella dell’amore umile. La via di Dio rifugge da ogni imposizione, ostentazione, da ogni trionfalismo, è sempre protesa al bene altrui, fino al sacrificio di sé. Dall’altro lato c’è il “pensare secondo gli uomini”: è la logica del mondo, della mondanità, attaccata all’onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo. Qui contano la rilevanza e la forza, ciò che attira l’attenzione dei più e sa farsi valere di fronte agli altri.
Abbagliato da questa prospettiva, Pietro prende in disparte Gesù e si mette a rimproverarlo (cfr v. 32). Prima lo aveva confessato, adesso lo rimprovera. Può capitare anche a noi di mettere il Signore “in disparte”, di metterlo in un angolo del cuore, continuando a ritenerci religiosi e per bene e ad andare avanti per la nostra strada senza lasciarci conquistare dalla logica di Gesù. Ma c’è una verità: Egli però ci accompagna, ci accompagna in questa lotta interiore, perché desidera che, come gli Apostoli, scegliamo la sua parte. C’è la parte di Dio e c’è la parte del mondo. La differenza non è tra chi è religioso e chi no. La differenza cruciale è tra il vero Dio e il dio del nostro io. Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici! Quanto è diverso Cristo, che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo! Gesù ci scuote, non si accontenta delle dichiarazioni di fede, ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all’Eucaristia. Ci fa bene stare in adorazione davanti all’Eucaristia per contemplare la fragilità di Dio. Dedichiamo tempo all’adorazione. È un modo di pregare che si dimentica troppo. Dedichiamo tempo all’adorazione. Lasciamo che Gesù Pane vivo risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle nostre rigidità e dal ripiegamento su noi stessi; ci liberi dalla schiavitù paralizzante del difendere la nostra immagine, ci ispiri a seguirlo dove Lui vuole condurci. Non dove voglio io. Eccoci così giunti al terzo passaggio.
3. Il cammino dietro a Gesù, anche il cammino con Gesù. «Va’ dietro a me, Satana» (v. 33). Così Gesù riconduce Pietro a sé, con un comando accorato, forte. Ma il Signore, quando comanda qualcosa, in realtà è lì, pronto a donarla. E Pietro accoglie la grazia di fare “un passo indietro”. Il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro – ricordate questo: il cammino cristiano comincia con un passo indietro –, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita. Allora Pietro riconosce che il centro non è il suo Gesù, ma il vero Gesù. Cadrà ancora, ma di perdono in perdono riconoscerà sempre meglio il volto di Dio. E passerà dall’ammirazione sterile per Cristo all’imitazione concreta di Cristo.
Che cosa vuol dire camminare dietro a Gesù? È andare avanti nella vita con la sua stessa fiducia, quella di essere figli amati di Dio. È percorrere la stessa via del Maestro, venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45). Camminare dietro a Gesù è muovere ogni giorno i nostri passi incontro al fratello. Lì ci spinge l’Eucaristia: a sentirci un solo Corpo, a spezzarci per gli altri. Cari fratelli e sorelle, lasciamo che l’incontro con Gesù nell’Eucaristia ci trasformi, come ha trasformato i Santi grandi e coraggiosi che onorate, penso a Santo Stefano e Santa Elisabetta. Come loro, non accontentiamoci di poco; non rassegniamoci a una fede che vive di riti e di ripetizioni, apriamoci alla novità scandalosa del Dio crocifisso e risorto, Pane spezzato per dare vita al mondo. Saremo nella gioia; e porteremo gioia.
Questo Congresso Eucaristico Internazionale è un punto di arrivo di un percorso, ma sia soprattutto un punto di partenza. Perché il cammino dietro a Gesù invita a guardare avanti, ad accogliere la svolta della grazia, a far rivivere ogni giorno in noi quell’interrogativo che, come a Cesarea di Filippo, il Signore rivolge a ognuno di noi suoi discepoli: Ma voi, chi dite che io sia?
[01188-IT.02] [Testo originale: Italiano]
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Le parole del Papa alla recita dell’Angelus
Al termine della Santa Messa, Papa Francesco ha guidato la recita dell’Angelus con i fedeli presenti nella Piazza.
Dopo la recita dell’Angelus e la benedizione finale, il Santo Padre si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Budapest per la cerimonia di congedo dall’Ungheria.
Pubblichiamo di seguito le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
Parole del Santo Padre prima dell’Angelus
Cari fratelli e sorelle,
Eucaristia significa “azione di grazie” e al termine di questa Celebrazione, che chiude il Congresso Eucaristico e la mia visita a Budapest, vorrei di cuore rendere grazie. Grazie alla grande famiglia cristiana ungherese, che desidero abbracciare nei suoi riti, nella sua storia, nelle sorelle e nei fratelli cattolici e di altre Confessioni, tutti in cammino verso la piena unità. A questo proposito saluto di cuore il Patriarca Bartolomeo, Fratello che ci onora con la sua presenza. Grazie, in particolare, ai miei amati Fratelli vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, e a tutti voi, cari fedeli! Un ringraziamento grande a chi tanto si è adoperato per la realizzazione del Congresso Eucaristico e di questa giornata.
Nel rinnovare la gratitudine alle Autorità civili e religiose che mi hanno accolto, vorrei dire köszönöm [grazie]: grazie a te, popolo di Ungheria. L’Inno che ha accompagnato il Congresso si rivolge a te così: «Per mille anni la croce fu colonna della tua salvezza, anche ora il segno di Cristo sia per te la promessa di un futuro migliore». Questo vi auguro, che la croce sia il vostro ponte tra il passato e il futuro! Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo. Il mio augurio è che siate così: fondati e aperti, radicati e rispettosi. Isten éltessen! [Auguri!] La “Croce della missione” è il simbolo di questo Congresso: vi porti ad annunciare con la vita il Vangelo liberante della tenerezza sconfinata di Dio per ciascuno. Nella carestia di amore di oggi, è il nutrimento che l’uomo attende.
Oggi, non lontano da qua, a Varsavia, vengono proclamati Beati due testimoni del Vangelo: il Cardinale Stefan Wyszyński ed Elisabetta Czacka, fondatrice delle Suore Francescane Serve della Croce. Due figure che conobbero da vicino la croce: il Primate di Polonia, arrestato e segregato, fu sempre pastore coraggioso secondo il cuore di Cristo, araldo della libertà e della dignità dell’uomo; Suor Elisabetta, che giovanissima perse la vista, dedicò tutta la vita ad aiutare i ciechi. L’esempio dei nuovi Beati ci stimoli a trasformare le tenebre in luce con la forza dell’amore.
Infine preghiamo l’Angelus, nel giorno in cui veneriamo il santissimo nome di Maria. Anticamente, per rispetto, voi ungheresi non pronunciavate il nome di Maria, ma la chiamavate con lo stesso titolo onorifico utilizzato per la regina. La “Beata Regina, vostra antica patrona” vi accompagni e vi benedica! La mia Benedizione, da questa grande città, vuole raggiungere tutti, in particolare i bambini e i giovani, gli anziani e gli ammalati, i poveri e gli esclusi. Con voi e per voi dico: Isten, áldd meg a magyart! [Dio benedica gli ungheresi!]
[01189-IT.02] [Testo originale: Italiano]
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ALLA RISCOPERTA DELLA SINODALITA’. BOSE. L’ECONOMIA GIUSTA. L’ADDIO A GIOVANNI AVENA
8 Settembre 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Il card. Mario Greck ha presentato il “nuovo” Sinodo dei vescovi sul tema della sinodalità, al via il 10 ottobre: Stefania Falasca, “Il Sinodo, esperienza di ascolto” (Avvenire). Giacomo Gambassi, “Il ‘questionario’ per la consultazione dal basso, una domanda, dieci tracce. Così le diocesi protagoniste” (Avvenire). Ad Assisi il Centro di Orientamento Pastorale discute del cammino del Sinodo italiano: Gianni Cardinale, “E’ l’ora della rinascita”, sulla relazione del card. Bassetti, e “Da Francesco un contributo decisivo alla riscoperta della sinodalità”, sul contributo di Serena Noceti. Andrea Grillo, “Sinodo, liturgia e autorità: alcuni studi recenti” (come se non). BOSE: Riccardo Larini, intervistato da Pierluigi Mele: “Non dimenticare il tesoro di Bose” (Confini, blog di Rai News). ECOLOGIA: Gian Guido Vecchi, “La voce (unica) dei cristiani per il pianeta da salvare” (Corriere della sera). Riccardo Maccioni, “Cura del Creato, chiamata urgente” (Avvenire). Carlo Petrini, “Il senso di responsabilità deve vincere sul profitto” (La Stampa). L’ECONOMIA GIUSTA: Girolamo Fazzini, “La svolta copernicana per l’economia giusta”, sul libro di Gael Giraud sj e Felwine Sarr, il cui dialogo è riportato su Il Fatto: “L’elite si salverà solo se ospitale”. GIOVANNI AVENA: Valerio Gigante, “Se ne va un pezzo di Adista. Anzi, rimane con noi. E’ morto Giovanni Avena” (Adista). INOLTRE: Andrea Grillo, “Il largo consenso a papa Francesco e il silenzio di troppi teologi” (come se non). Victor Manuel Fernandez, “Legge e grazia per ebrei e cristiani” (Osservatore Romano). Guido Gentili, “Il lavoro e la bussola di Francesco” (Prealpina). Lorenzo Prezzi, “Bartolomeo a Kiev: evento storico o colpa grave?” (Settimana news). Vinicio Albanesi, “Io, io, io … E gli altri?” (Settimana news). Daniele Menozzi, “Wyszynski, ‘il primate del millennio’” (Settimana news). Antonio Spadaro sj, “I sentieri di Dio” (Il Fatto). Enzo Bianchi, “Chi cerca una vita nella libertà” (Repubblica).
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