Il Crocifisso. Perché? Un dibattito serio fuori dalle miserie delle contingenze politiche.
Sì al crocifisso in classe
No all’insegnamento della religione
di Francesco Casula
La battaglia contro il crocifisso in classe è sbagliata e fuorviante. Il crocifisso – a sostenerlo è il teologo Vito Mancuso, solitamente poco tenero con le gerarchie ecclesiastiche – rappresenta e raffigura il dolore e appartiene al nostro patrimonio culturale collettivo. Più che a una singola confessione religiosa.
Ben altre sono le battaglie che occorre invece condurre, all’interno di una visione di una Chiesa evangelica e non costantiniana e di potere: occorre mettere radicalmente in discussione l’ora di religione a scuola. Ma non per rierigere vecchi e superati steccati o fomentare guerre di religione, bensì, da una parte per salvaguardare la laicità dello Stato e dall’altra perché l’ora di religione a scuola anche per moltissimi credenti è una ferita per la libertà religiosa e di coscienza. [segue] Si potrà obiettare che “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”, come recita l’art.9 del Concordato. E’ vero. Proprio per questo, la cultura religiosa, specie quella cattolica, occorre insegnarla a tutti i giovani, senza alcun esonero. Ma tale insegnamento – questo è il punto – non può essere impartito da “insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica” – perché ciò si configurerebbe come pura catechesi – bensì da docenti, con regolari titoli accademici, magari in Storia delle religioni o in Cultura religiosa, sganciati e liberi da qualsiasi controllo esterno, che non sia quello usuale, esercitato dalle autorità scolastiche, sui docenti delle altre materie curriculari. Dentro tale disciplina e tale insegnamento pluriconfessionale, – in cui verosimilmente la religione cattolica, per il ruolo che ha avuto nella cultura italiana (e sarda), avrà uno spazio consistente – dovranno trovare spazio anche tutte le altre religioni. Dentro un ambito di confronto e di incontro. Al di fuori di questa prospettiva vi è l’intolleranza e l’inevitabile scontro: la stessa giusta difesa e valorizzazione della propria identità deve avvenire in uno scambio e in un arricchimento reciproco di culture e di religioni non nella solitudine e nella separazione. O, peggio, nello scontro.
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In argomento mi piace riportare le bellissime parole della scrittrice non credente Dacia Maraini, spesso radicalmente critica verso la Chiesa. Il post, pubblicato nel gennaio 2005 sul suo sito web , riporta uno scritto del 2004 in relazione a vecchie e periodicamente risorgenti polemiche laiciste sulla presenza del Crocifisso nei luoghi pubblici. Eccole: Dacia Maraini, scrittrice, Gennaio 14, 2005.
In croce fisso. Provocazioni da un simbolo.
Vicenza 2004.
“Il crocifisso è un simbolo molto presente nella nostra vita di tutti i giorni e nello stesso tempo invisibile; è talmente visibile che è diventato invisibile. Allora, probabilmente, bisognerebbe guardarlo con occhi nuovi…”
“Cristo Crocifisso col suo corpo piagato è un memento, la memoria di un tempo in cui l’uomo era preda del più forte. Anche se io preferisco pensare a ciò che viene prima della croce, alle parole d’amore, di fratellanza, a quelle idee di attenzione per l’altro che hanno cambiato la nostra storia. “Non possiamo non dirci cristiani”, è stato detto e credo che anche un laico si senta parte di questa esperienza storica. Non c’è nessuna ragione ideologica, religiosa, sociale, politica che possa permettere e giustificare la manomissione violenta del corpo umano. Anche questo credo che dica la figura di Cristo in croce, almeno così io la voglio interpretare: rammentarci l’ultimo patimento di Qualcuno che si è opposto ad una civiltà che questo patimento considerava normale, naturale, lecito. “
Dacia Maraini.
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Contributo di Angelo Corda e Mario Girau sulla chat del “Patto per la Sardegna”. Grazie.
Oltre 30 anni fa Natalia Ginzburg, scrisse per L’Unità un articolo sul crocefisso che merita, oggi, di essere riletto
Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea di uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo?
Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo smettere di dire così?
Il crocifisso è simbolo del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
Il crocifisso fa parte della storia del mondo.
Per i cattolici, Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo cancella l’idea di Dio, ma conserva l’idea del prossimo.
Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà tra gli uomini.
Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Alcune parole di Cristo le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente.
Ha detto “ama il prossimo come te stesso”. Erano parole già scritte nell’Antico Testamento, ma sono diventate il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Il crocifisso fa parte della storia del mondo.
L’Unità 22 marzo 1988
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Nella foto in testa: Il crocifisso di Nicodemo, Chiesa di San Francesco, Oristano.
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CROCIFISSO A SCUOLA, SENTENZA DELLA CASSAZIONE: Alessandra Arachi, “La Cassazione: crocifissi nelle aule, decidano gli istituti” (Corriere). Elena Loewenthal, “Un compromesso, non una rinuncia” (La Stampa). Bruno Forte, “Il crocifisso nelle scuole: simbolo anche per chi non crede. Ma l’essenziale è spiegarne il senso” (intervista al Corriere).
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