Energia
La sedia
di Vanni Tola
Sardegna: energia elettrica soltanto da rinnovabili e con l’impiego di batterie di accumulo, accantonata o almeno ridimensionata l’ipotesi metanizzazione.
———————————————
Con due interviste in contemporanea sul quotidiano La Nuova Sardegna, il governo Draghi presenta il progetto definitivo per la trasformazione del sistema energetico sardo. Parla il ministro della Transizione ecologica Cingolani e il presidente dell’Enel Starace che, congiuntamente, illustrano il piano particolareggiato della cosiddetta rivoluzione energetica per realizzare la decarbonizzazione della produzione di energia elettrica e la sua sostituzione con un uso massiccio dell’elettrico prodotto da energia rinnovabile, in particolare solare ed eolico, e con l’impiego di grandi accumulatori di energia. Entrambi gli intervistati precisano con determinazione che quella illustrata non è un’ipotesi di lavoro o la proposta di un piano da discutere e integrare bensì il piano definitivo presentato dall’Italia all’Unione Europea in sintonia con gli accordi prestabiliti. Una condizione quindi da “prendere o lasciare” dove lasciare significa perdere i finanziamenti del Recovery Plan e con essi rinunciare alla più grande opportunità di trasformazione e sviluppo del sistema energetico italiano del dopoguerra. Rimandando ad altre fonti la descrizione particolareggiata del piano, vediamo di riassumerne i concetti principali e le considerazioni sulla base delle quali tali determinazioni sono diventate il progetto definitivo. Si comincia intanto con l’affermare, è il ministro Cingolani che parla, che tutto ciò che va a carbone deve essere chiuso al più presto seppur considerando la sicurezza della rete elettrica e la salvaguardia dei posti di lavoro. Deve essere abbandonato il progetto di realizzazione della dorsale per il metano in quanto superata da nuove tecnologie più moderne e considerato il fatto che, nello specifico dell’Isola, tale piano sarebbe completato quando sarà già in esercizio il Tyrrhenian Link, il sistema di condotte sottomarine che uniranno la Sardegna con la Sicilia e la Campania completando l’inserimento della Sardegna nella rete elettrica nazionale. Obiettivo strategico del Piano Cingolani sarà quello di moltiplicare per nove la produzione di rinnovabili che saranno messe in esercizio ogni anno. Con il collegamento del Tyrrhenian forse basterà anche meno ma in ogni caso l’incremento delle produzioni di energia da rinnovabili sarà particolarmente importante e sarà supportato da un sistema di accumulo dell’energia prodotta con un avanzato sistema di accumulatori composto di gigabattery distribuite nel territorio.
Alcuni dati del progetto.
Decarbonizzare il sistema produttivo comporterà una riduzione del 55 per cento di emissioni di gas serra entro il 2030 e del 90 per cento entro il 2050. Per farlo senza mandare in crisi il sistema dovranno essere installate grandi quantità di impianti di rinnovabili, eolico e fotovoltaico che produrrebbero un rilevante calo di produzione della CO2 e renderebbero più verde l’isola.
L’idea di transizione prevede implicitamente un periodo di convivenza del vecchio sistema di produzione con il nuovo durante il quale la stabilità della rete dovrà rimanere inalterata. Questo significa che temporaneamente l’energia nelle zone industriali sarà prodotta dal gas e che nel frattempo si affineranno le tecnologie di accumulo per le rinnovabili e si manterranno in funzione anche le centrali a carbone per poi passare a un massiccio e quasi esclusivo impiego di energia elettrica da rinnovabili.
C’è un concetto che il ministro Cingolani ribadisce con forza nel merito del progetto. “Non c’è un piano alternativo: se non facciamo quello che abbiamo promesso, perdiamo i soldi dell’Ue, usciamo dall’accordo di Parigi e saremo più deboli rispetto alle crisi future”. So che decuplicare la quantità di rinnovabili da installare ogni anno è un’operazione incisiva, ma è bene ripeterlo: tutti per ottenere un vantaggio certo devono rinunciare a qualcosa oggi. L’unica condizione non negoziabile è il paesaggio, ma sul resto dobbiamo svoltare, subito e bene”.
Da quest’ultima frase, con la quale il ministro Cingolani, conclude l’intervista, si evidenzia la grande preoccupazione per le reazioni dei sardi di fronte alla prospettiva di dover incrementare notevolmente l’estensione dei parchi eolici, le superfici destinate a nuovi impianti di energia solare se non addirittura alla creazione di centrali solari, la possibilità-necessità di realizzare impianti eolici in alcune aree marine, l’installazione di mega batterie di accumulo di energia da rinnovabili.
E’ questa la questione delle questioni. Comunicare alla popolazione alle forze politiche e ambientaliste locali la filosofia del progetto, i benefici che ne deriverebbero, le diverse fasi che condurrebbero alla transizione avviando una riflessione collettiva diffusa, non ideologica, che superi antichi pregiudizi nei confronti delle imprese che dovranno realizzare il piano e, naturalmente, sviluppando politiche di vigilanza attiva a tutela dell’ambiente e della salute tenendo presente che, comunque, è necessario cambiare per crescere.
Alcune reazioni. Cominciamo dal considerare la reazione “tiepida” della Regione. Il presidente Solinas, pur non essendosi dichiarato contrario all’attuazione, del progetto ha subito tentato di ritagliarsi un proprio spazio sull’argomento. In alternativa all’incremento di eolico e solare propone di variare la produzione di energia elettrica con l’idroelettrico, scelta “preferibile, meno impattante rispetto all’eolico”. Realizzando quindi nuove dighe che probabilmente Solinas considera più convenienti per l’imprenditoria edilizia sarda. Gli risponde a stretto giro di “posta”, Francesco Starace, presidente dell’Enel. “Saremo molto contenti di fare altro idroelettrico ma dobbiamo essere realistici sulla possibilità di fare bacini adeguati in tempi, come dire, umani, perché purtroppo il tempo, in questi scenari è una variabile decisiva. I parchi di batterie per noi sono ormai una buona soluzione: non occupano molto suolo e non fanno rumore. Idroelettrico e accumulo elettrochimico possono convivere, l’importante è disporre di una capacità di accumulo significativa”. Una battaglia appena agli inizi.
Due giorni dopo la presentazione del Piano, la Regione torna alla carica con dichiarazioni molto esplicite che confermano la poco convinta adesione di Solinas e del suo megastaff alle direttrici fondamentale del Piano. Fioccano affermazioni del tipo: ”Disponibili a nuove strategie se è utile ai Sardi” (Assessore all’industria Pili). E ancora: “Il Governo rimetta nelle mani della presidenza della Giunta il coordinamento di un tavolo nazionale che eventualmente aggiorni gli accordi”. Oppure: “Non si può pensare di escludere chi quei territori e quella comunità le amministrano e tutti i livelli e chi le vive ogni giorno”.
Una curiosa e mal celata concezione della democrazia dal basso che dovrebbe vedere seduti attorno a un tavolo di confronto e con gli stessi poteri decisionali tutti i sardi, dal presidente Solinas, agli assessori, ai consiglieri comunali e via dicendo fino all’ultimo iscritto dei circoli di paese per discutere con i migliori staff di progettazione industriale al mondo in merito alle procedure necessarie per definire i modi della riconversione energetica dell’isola.
Più esplicita la presa di posizione dell’esponente del Pd in Consiglio regionale, Piero Comandini che respinge il progetto in quanto servirebbe al Governo soltanto per “soddisfare il bisogno di energie green del paese da trasportare oltre il tirreno con il Tyrrhenian Link”*. Comandini finge di non sapere che il cavo sottomarino, che completa l’inclusione della Sardegna nella rete elettrica nazionale, per quanto concerne il trasporto energetico, è bidirezionale, e che del paese che beneficerà dell’energia green fa parte anche la nostra isola, fino a prova contraria. In realtà l’esponente del Pd, come spiega nella parte conclusiva della sua dichiarazione, preferirebbe che si completasse il vecchio piano di metanizzazione dell’isola.
Conclude la carrellata dei primi contestatori, il presidente del Consorzio Industriali di Sassari che svolge le sue considerazioni per arrivare alla richiesta di una politica integrata da parte del Governo. Parlamento e Regione Sardegna, sentiti anche i grandi gruppi industriali e tenendo conto delle istanze e delle proposte che arrivano dal territorio, dovrebbero definire una azione politica e sinergica sul settore energetico che preveda adeguati stanziamenti e tempi rapidi per investimenti strutturali che guardino al futuro, che incidano soprattutto sul presente. [Di questa posizione in modo più esplicito si fa interprete Mauro Pili (ex presidente della Giunta) nei suoi servizi giornalistici sul quotidiano L’Unione Sarda. È da capire in quale misura questa posizione rappresenti il mondo economico isolano, soprattutto considerando che la sua rappresentanza confindustriale e non solo (associazionismo della piccola industria e artigianato) risulta attualmente guidata, anzi dominata dagli imprenditori del settore edile, fortemente coinvolto nella realizzazione delle dorsali e delle stazioni per lo stoccaggio del metano. A cui si aggiungono le considerazioni sugli altri consistenti interessi in campo].
Ci saranno ancora altre mille prese di posizione analoghe, viene da chiedersi quanti di questi personaggi abbiano letto e compreso il Piano, fermo restando che tutte le opinioni sono legittime. C’è solo da sperare che il progetto cominci a realizzarsi con determinazione e che non prevalgano scelte mirate a paralizzarne l’attuazione. Al Piano non ci sono al momento alternative se si vogliono investire in Sardegna i fondi Ue, l’alternativa non potrebbe che essere quella di far saltare il banco e di affidarsi a nuove scelte derivanti da piani di strategia industriale a denominazione di origine controllata. Ci sarà pure una ragione se nella regione autonoma della Sardegna non si dispone ancora di una rete ferroviaria adeguata, di infrastrutture moderne e se la questione energetica abbia da sempre rappresentato uno dei fattori limitanti delle politiche industriali della regione?
———-
* sostanzialmente omogenea la posizione delle segreterie regionali di Cgil-Cisl, con particolare esposizione della Cgil, attraverso il suo segretario regionale Michele Carrus e una differenziazione della Uil [vedasi l’articolo su La Nuova Sardegna di domenica 11 luglio]. Decisamente schierata contro l’opzione metano la CSS. In altra sede sarà interessante esaminare le posizioni di tutte le forze politiche e delle Associazioni ambientaliste.
—————————————–
Spezzando una lancia.
Tonino Dessì su fb
Spezzando una lancia, senza nascondere i problemi.
La conferma della decisione di Terna di realizzare l’elettrodotto Calabria-Sardegna-Sicilia ha suscitato nell’Isola, anche perché accompagnata da qualche dichiarazione discutibile del Ministro della transizione ecologica Cingolani, diverse critiche.
Sul merito va intanto richiamato il fatto che l’opera infrastrutturale ha una valenza strategica europea e che l’Italia sta con essa assolvendo a un impegno, quello di “chiudere” fisicamente il circuito elettrico nazionale portante.
SACOI e SAPEI ne costituiscono attualmente il segmento tirrenico centrosettentrionale, che collega Sardegna e Toscana, via Corsica.
L’obiettivo è quello di assicurare la completa circolarità e la sicurezza, senza soluzioni di continuità, dell’infrastruttura elettrica fondamentale italiana, nell’ambito dell’integrazione dei collegamenti elettrici del Continente, isole comprese.
Questo obiettivo si innesta nell’attuale strategia energetica della UE, connessa alla progressiva riduzione della produzione da fonti fossili e a una transizione che sia pure non escludendo il gas, anzi avvalendosene ancora massicciamente nel medio periodo, intende assicurare diversificazione e pluralità di approvvigionamenti con canali il meno possibile soggetti a turbative geopolitiche.
Purtroppo la destabilizzazione del Nordafrica e del Medio Oriente di questi ultimi vent’anni, provocata dalla congiunta miopia di alcuni Stati Europei, degli USA e della NATO con le avventure in IRAQ, in Libia, in Siria, ha reso del tutto insicuri gli approvvigionamenti dai principali Paesi produttori prossimi al Mediterraneo, il che ha affossato fra gli altri il progetto del gasdotto dall’Algeria che avrebbe coinvolto la Sardegna e ha reso preferibile per la UE ogni aggancio verso Nord-Est, principalmente, ma non esclusivamente, con la Russia.
A mio avviso, in un contesto strategico di tal fatta, difficilmente potranno essere opposte resistenze regionali, che peraltro troverebbero ben pochi appigli nelle norme dell’ordinamento speciale sardo.
D’altra parte, parliamoci chiaro.
Di suo, la Sardegna, o almeno le sue istituzioni, le sue forze politiche e quelle economiche e sindacali isolane stavano puntando su un’infrastruttura “locale”, il gasdotto della SNAM, oggetto a sua volta di critiche e di contestazioni, anch’esse locali, piuttosto incisive (e a mio avviso fondate e condivisibili).
Certo, restano, soprattutto nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa sarda da esponenti del Governo, echi tanto generici quanto confusi di non nuovissime suggestioni, tra le quali la principale riproporrebbe la Sardegna come “piattaforma energetica al centro del Mediterraneo”.
Sul complesso dei problemi implicati bisogna fare una distinzione fondamentale.
La prospettiva del “tutto elettrico”, relativamente agli utilizzi e ai consumi, è conforme alle principali strategie non solo occidentali in materia.
Non è solo un fatto infrastrutturale, ma anche quantitativo e qualitativo: sul fronte della produzione per consumi, l’espansione della fonte solare per le autoproduzioni in campo edilizio-abitativo, agricolo e industriale a livello di singole unità o di gruppi di esse è ormai in atto e promette in Italia una sostituzione valutata come prossima a un terzo dell’energia prodotta da altre fonti.
La tematica generale delle modalità di produzione dalla fonte solare e dall’analoga fonte eolica invece mantiene non poche zone d’ombra.
Fra queste, quella che ci coinvolgerebbe più negativamente, se l’accettassimo, sarebbe la modalità consistente nel realizzare grandi concentrazioni impiantistiche solari o eoliche, la cui finalità non sarebbe per l’autoproduzione diffusa, bensì per la produzione energetica su scala industriale finalizzata al mercato.
Qui non c’è bisogno che mi dilunghi sulle ragioni che dovrebbero spingerci anche in Sardegna a contrastare operazioni del genere: si tratta di ragioni che attengono al rifiuto di sottrarre porzioni importanti di suolo all’uso agricolo e di compromettere il paesaggio per insediamenti dei quali noi non abbiamo affatto bisogno.
La prospettiva di mantenere nell’Isola un parco di produzione elettrica ormai sovradimensionato per le esigenze industriali regionali, dandogli un orizzonte di “esportazione”, l’abbiamo già conosciuta e ancora la stiamo pagando abbastanza cara.
Infine (non è casuale l’ultimo ritaglio che inserisco in coda al post, relativo al trascinarsi della vicenda dell’alluminio), occorre mettere un punto fermo sulla questione della ripresa industriale in Sardegna.
Io non sono mai stato nè mai sarò contro l’industria per principio.
Ma la contemporaneità sta indirizzandosi sempre più verso industrie a basso consumo di energia, non inquinanti e cionondimeno ad alto valore aggiunto delle produzioni e ad alta qualificazione del lavoro umano impiegato.
Ecco: stiamo a questo.
[segue]
—————————————–
Approfondimenti
La servitù energetica in Sardegna.
Stefano Deliperi su il manifesto sardo. l 1uglio 2021.
——————————————
L’OPPOSIZIONE AL PROGRAMMA TYRRHENIAM LINK come rappresentata nei servizi giornalistici di Mauro Pili su L’Unione Sarda.
—————–
Energia, le mani dello Stato sulla Sardegna
Dopo il vento e il sole le società elettriche mettono sotto tiro anche le dighe dell’Isola per produrre 1.000 megawatt.
—————————–
Lunedì 12 luglio 2021
Le posizioni delle forze politiche. Di seguito quella di Sardegna Natzione espressa dal suo leader Bustianu Cumpostu sulla sua pagina fb.
COMUNICATO STAMPA
A CHI TIRANO LA VOLATA IL MINISTRO CINGOLANI E L’AD DELL’ENEL STARACE ? COME MAI TUTTO QUESTO NARCOTICO DA PAESE DELLE MERAVIGLIE ENERGETICHE?
In data 29 giugno 2021 Sardigna Natzione Indipendentzia, prima della volata Cingolani-Starace, ha pubblicato il piano energetico sardo ENERGIA DECHIDA-ENERGIA GIUSTA preparato dalla Commissione Energia Dechida di SNI già dal mese di agosto 2020 nel quale si puntava davvero a fare della Sardegna una SMART GRID, dimensionata sul fabbisogno dei sardi + una quota di solidarietà, a zero CO2, a zero fossile e a zero gasdotti definitivi, basato sulla energia alternativa e stabilizzato dall’idroelettrico, dall’idrogeno e dalle connessioni con la rete esterna alla Sardegna.
In data 9 luglio 2021 arriva il “Paese delle meraviglie Energetiche” proposto dal governo italiano e dal suo braccio armato e esattore ENEL-TERNA nel quale i protagonisti non sono i Prosumer (produttori-consumatori) e le Comunità Energetiche come nel sistema ENERGIA DECHIDA-ENERGIA GIUSTA di SNI ma sono i soliti corsari del sole e del vento che voglio bardanare i beni energetici più preziosi che la Sardegna possiede.
Dopo il ritiro degli emendamenti al decreto semplificazioni presentati da Lega e Forza Italia bisognava ripartire alla grande e lo hanno fatto con Cingolani e Starace, con i pezzi da novanta perché il business è grosso e più grossi ancora i mandatari ai quali lo stesso Draghi deve rispondere.
Si sta ripetendo lo stesso gioco perverso che ha imposto alla Sardegna il ruolo di portaerei nel mediterraneo nella quale simulare con armi vere le guerre vere e i danni di guerra veri con i quali imporre l’imperialismo nel mondo.
Quel Paese delle Meraviglie Energetiche è una nuova servitù, che umilia la sovranità energetica dei sardi e ancora una volta impone alla Sardegna un ruolo in funzione dei soli interessi dello Stato Italiano e dei suoi paraninfi europei e mondiali.
SNI è con decisione a favore dell’energia rinnovabile perché sa che i costi ambientali previsti nel sistema ENERGIA DECHIDA-ENERGIA GIUSTA saranno irrilevanti rispetto a quelli attuali e rispetto anche alla proposta Cingolani-Starace nel quale ci saranno milioni di batterie da smaltire e migliaia di vittime da sacrificare per l’estrazione del litio e delle altre componenti.
Rivendichiamo la sovranità energetica, almeno quella prevista nello Statuto Regionale. Non permetteremo che il sig, Draghi camuffi una usucapione del territorio sardo con l’urgenza di spendere in fretta le risorse del recovery fund per poi dare i capitali a chi intende bardanare la Sardegna.
Il governo regionale alzi la voce, se ne ha e se ha il coraggio, i sardi hanno il diritto, il dovere e le potenzialità per programmare il loro futuro energetico, sui propri bisogni, con le proprie risorse e con il rispetto del proprio prezioso e unico habitat.
SARDIGNA 12/07/2021 CUSSITZU NATZIONALE DE SNI
Un commento di Tonino Dessì su fb.
Un commento di Tonino Dessì su fb.
Energia, ambiente, sviluppo, autonomia, indipendenza.
La Giunta regionale sui temi energetici è inconsistente.
Le minoranze rappresentate in Consiglio regionale non esistono.
I commentatori mediatici a me paiono tutti sospetti di lobbismo a favore di operazioni una più sbagliata dell’altra, mantenute o messe in campo e ancora assemblate senza senso alcuno a livello regionale.
Il dibattito in sede indipendentista palesa ignoranze abissali, a mia percezione incolmabili, roba da far paura.
Io constato che speranze ce ne siano sempre meno e mi rassegnerei persino a non scrivere più neanche su questo.
A cosa serve (e del resto, anche in passato, a cosa è servito?) studiare, cercare di capire e di spiegare, provare a seminare qualcosa?
A nulla, già a suo tempo.
Giusto a guadagnarci conflitti oltre ogni personale convenienza anche ideale e qualche stigma incrociato.
Infine proprio a nulla, ormai, su questo scoglio assolato e desolato.
A un certo punto laissez faire, laissez passer.
Almeno direttamente, in vita, a me cambia poco.
————————
[…] non comprendeva adesioni sospette (?). Per quanto ci riguarda, con tutte le precisazioni del caso, abbiamo espresso una nostra chiara opinione – peraltro in sintonia con le associazioni ambientaliste sarde – alla quale rinviamo. […]