Che succede in Sardegna?
Mario Girau rilancia le tematiche dell’appello dei 200 Sardi. ORMAI IN ESTATE e COL “GENERALE AGOSTO” PRONTO A STIPULARE ARMISTIZI VACANZIERI UN PO’ CON TUTTI, IL RISCHIO FORTE E’ CHE DELL’EMERGENZA SARDEGNA SI RIPRENDA A PARLARE A FINE SETTEMBRE. UN PERICOLO DA EVITARE. PROPONGO A TUTTI QUESTE MIE PRATICHE CONSIDERAZIONI. Grazie. Saluti.
Sono passati quasi 7 mesi dall’appello rivolto da oltre 200 Sardi alle istituzioni regionali perchè trovassero la sapienza politica per unire – anche temporaneamente – le forze in un “patto per la Sardegna”. Una unità speciale e straordinaria, temporanea, per progettare il futuro della nostra isola e avviare concreti processi di rinascita per il popolo sardo. Una domanda mi sembra doverosa: Non ci hanno ascoltato fino a ora. Ci ascolteranno da domani? Oppure quale altro interlocutore, più autorevole dei consiglieri regionali e del Presidente della Regione, potrebbe raccogliere queste osservazioni e farsene interprete?
La certezza che tutti i politici e tutti gli amministratori cercano con cuore sincero il bene di questa regione si accompagna allo spettacolo, non esaltante, di una politica fatta di divisioni, contrasti e chiusura di ogni forma di dialogo i partiti. La ricerca del proprio “particulare” – di sigla, se non di gruppo e “corrente” – prevale sull’impegno per il bene comune. [segue]
I Sardi guardano preoccupati al presente, ma ancor più al futuro. Le istituzioni non rispondono. Sono da mesi bloccate nella spartizione di incarichi che non generano posti di lavoro e non modificano la realtà economico-sociale. Litigano su improbabili nuove province e trascurano la valorizzazione dei territori. Vogliono rafforzare il centralismo amministrativo in un tempo opportuno per il decentramento e la sussidiarietà. Anziché varare concorsi aperti a tutti si cimentano in operazioni vantaggiose solo per pochi. Ai giovani laureati e diplomati, che cercano di conoscere peso e valore del titolo di studio e della professionalità per restare nell’isola e non emigrare, si risponde col silenzio.
E’ forte l’impressione che l’attuale classe politica non è in grado di risolvere i problemi dell’isola. Da anni il tasso di natalità sardo è il più basso d’Italia e ancora mancano valide politiche per la famiglia. Da quindici anni si pubblicano studi con l’indicazione dei paesi destinati a morire nei prossimi 5-10-15-20 anni se non si ferma lo spopolamento nei i piccoli centri dell’interno “sentinelle“ dell’ambiente, delle terre, scrigno delle tradizioni e della peculiarità della nostra cultura.
Consiglio e Giunta da decenni non riescono a risolvere i problemi dei trasporti, che rendono l’isola ancora più isola. La Sardegna è la regione con la “bolletta “ energetica più alta d’Italia. La pandemia ha messo a nudo le carenze di un sistema socio-sanitario “tela di Penelope”: la Giunta che segue disfa la riorganizzazione avviata dalla Giunta precedente. Il coronavirus ha aumentato il numero dei poveri, la DAD ha sconvolto la vita delle famiglie, accresciuto il divario tra studenti ricchi e studenti poveri, ha peggiorato i dati sul lavoro.
Delegittimare l’attuale classe politica – nata da libere, seppure sempre meno partecipate elezioni – è esercizio velleitario che accontenta la fantasia e la politica muscolare. Si vuole solamente segnalare che la devastante pandemia richiede nuovi strumenti di lettura e interpretazione di una realtà profondamente cambiata. Strumenti che non si improvvisano, ma si elaborano con la partecipazione di tutti: imprese, sindacati, Università, autonomie locali, associazionismo organizzato, terzo settore, Chiese…
Le istituzioni sono chiamate, soprattutto in Sardegna, a contrastare gli effetti della crisi e delineare la Sardegna del futuro, l’isola in cui i cittadini, soprattutto i più giovani, hanno diritto di vivere. Un obiettivo che nessuna forza politica responsabile può immaginare di perseguire in perfetta solitudine. Come il Presidente Mattarella ha fatto, invitando i partiti nazionali a unirsi per il bene dell’Italia sia pure per un breve tratto di strada, lo stesso tentativo dovrà essere fatto in Sardegna. Ci sono in Sardegna persone di buona volontà in grado di indicare, con la dovuta forza e prestigio persone e morale, che questa è oggi la sola strada da percorrere sia pure per un solo anno. A loro si chiede di farsi avanti.
E’ possibile solo con i mezzi che i social ci consentono – chat, Face Book, blog, giornali online, sms, mail – tentare di mobilitare le coscienze e pressare gli uomini e le donne delle istituzioni perché costruiscano un nuovo “Patto di Rinascita per la Sardegna”. Obiettivo di questo “Patto” individuare alcuni progetti “super partes” – ma di grande utilità per il rilancio dell’economia dell’isola (trasporti, opere pubbliche, ambiente, sanità, scuola) – sui quali mettere l’unico timbro legittimo: è un’opera voluta dal popolo sardo.
E’ opportuna ora una nuova mobilitazione, in realtà soprattutto un pressante e drammatico invito a tutti noi sardi, in primis alle forze politiche che ci rappresentano, perché si uniscano per intraprendere azioni che possano invertire il declino della Sardegna. Sappiamo che le risorse necessarie ci sono, ma che è abissalmente carente la capacità di guida dei processi da parte di una classe dirigente allo stato decisamente impreparata ad affrontare una sfida inattesa e imprevista, nonché drammatica, imposta da un cambiamento d’epoca.
E’ forte la convinzione che la Sardegna non sia priva di persone competenti e capaci, ma molte di esse sono impossibilitate a mettersi in gioco, come sarebbe possibile se cambiasse l’atteggiamento attuale della classe dirigente che amministra, a tutti i livelli, la Regione, cioè se questa accettasse di associare al potere quella parte di cittadini attualmente ai margini.
Questa “riserva della Regione sarda”, costituita in massima parte da esponenti e associazioni della cosiddetta società civile, farebbe la differenza.
Ribadisco. Una domanda mi sembra doverosa: non ci hanno ascoltato fino a ora; ci ascolteranno da domani? Oppure : quale altro interlocutore, più autorevole dei consiglieri regionali e del Presidente della Regione, potrebbe raccogliere queste osservazioni e farsene interprete? (Mario Girau).
https://www.aladinpensiero.it/?p=66214
Si chiede Mario Girau, a conclusione della sua articolata riflessione: a quali altri interlocutori, più autorevoli dei consiglieri regionali e del presidente della Regione, potremo rivolgerci? Rispondo: tentiamole tutte, appelliamoci a Papa Francesco, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Presidente del Consiglio Mario Draghi. O no?