NASCE L’OSSERVATORIO SULLA TRANSIZIONE ECOLOGICA. Su iniziativa del Coordinamento per la democrazia costituzionale, Laudato Si’ e NOstra. Aderisce Aladinpensiero.
Signor Ministro Cingolani, la transizione ecologica non si fa così!
Già il Pnrr inviato a Bruxelles contiene troppe ambiguità. Non sarà facile quindi vincere le resistenze conservatrici dei potentati economici.
Le scelte del governo sugli appalti e sulle semplificazioni sono già un pessimo segnale. Un piano strategico per fare uscire l’Italia dalla crisi non si realizza solo con i bandi per usare le risorse del Pnrr, ma richiede che il Governo adotti un’ottica di programmazione, usando le società a partecipazione pubblica per costruire un insieme di interventi con obiettivi coerenti con la svolta ecologica e in particolare una transizione energetica fondata sull’uso delle energie rinnovabili.
Tale processo deve mantenere un carattere partecipativo stimolando e coinvolgendo le istituzioni locali e le organizzazioni sociali.
Al contrario la scelta delle cabine di regia rappresenta la delega ad una cerchia di tecnici e fiduciari del presidente Draghi che alimenterà lo scetticismo della popolazione verso la politica non tenendo conto della mobilitazione e dell’impegno della società civile sulla questione ecologica.
Il caso di Civitavecchia è emblematico. Si sono svolte manifestazioni sindacali e di cittadini, presidi in piazza che hanno coinvolto le rappresentanze della città, per contrastare la scelta di una centrale a turbogas da ben 1680 MW in luogo di quella attuale a carbone. Ogni calcolo di convenienza anche economica la rende perdente se confrontata con un progetto fondato su fotovoltaico per il porto, con eolico off-shore e idrogeno verde per fornire l’elettricità necessaria per un ridisegno del territorio.
L’uso del gas naturale oggi è solo l’alibi per mantenere l’Italia nella cultura e nell’economia fossile. La scelta dell’idrogeno verde è strategica e deve essere perseguita immediatamente. Del resto documenti dell’Iea e dell’Onu hanno messo sotto accusa non solo il carbone ma l’uso del gas naturale. Né appare convincente, sia dal punto di vista dei rischi per l’ambiente che da quello economico, la soluzione della cattura della CO2 e del suo immagazzinamento.
Per queste ragioni le tre organizzazioni firmatarie intendono costituire lunedì 7 giugno un osservatorio sulla transizione ecologica, innanzitutto sull’attuazione del Pnrr, per evitare che vengono mancati gli obiettivi della neutralità climatica e che ingenti somme vengano sprecate, lasciando nella sostanza inalterato il vecchio modello di sviluppo.
Roma, 4 giugno 2021
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Transizione ecologica: la gestione del ministro Cingolani non appare convincente
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/07/transizione-ecologica-la-gestione-del-ministro-cingolani-non-appare-convincente/6222219/
di Mario Agostinelli
Ecologista, politico e sindacalista
AMBIENTE & VELENI – 7 GIUGNO 2021
Roberto Cingolani ogni giorno descrive la sua missione con varie suggestioni (“fusione nucleare, idrogeno verde, impresa ciclopica”) ma con al fondo un tratto ben distinguibile e non accettabile. Il ministro non interviene nelle scelte con la drammaticità imposta dall’urgenza della crisi climatica: al contrario, confida in una chiave esclusivamente tecnologica per affrontare la “compromissione della termodinamica del pianeta” (parole sue).
L’assetto accentratore con cui l’esecutivo Draghi descrive e imposta la ripresa post pandemica gli offre un palcoscenico dal quale detta le sue formule magiche, visto che i progetti di rilancio del Paese non contemplano il coinvolgimento della società o una dialettica tra punti di vista, ma sono ispirati dai grandi gruppi, con agganci internazionali e sensibili alle lobby multinazionali, talvolta in contrasto con le direttive europee, soprattutto in materia ambientale.
Il ministro, partendo dall’affermazione che entro il 2030 l’Italia dovrà installare 70 GW di rinnovabili (moltiplicando per 10 gli attuali investimenti), ha collocato successivamente al 2030 la vera decarbonizzazione della produzione elettrica e dell’industria. In sostanza, si tratta dell’avallo alle resistenze conservatrici dei gruppi energetici nazionali ed internazionali, mentre occorre una svolta e un cambiamento drastico di paradigma entro il 2025. Così si copre il più banale passaggio dal carbone al gas, come richiesto in ogni sede dai vertici di Eni e di Enel. Quando poi si afferma che dopo il 2030 avremo altri 25 anni per uscire dalle fonti fossili si “buca” il 2050, la “dead line” posta dalla Ue.
Plastica monouso, il ministro della Transizione ecologica esulta perché la Ue ci permette di continuare a inquinare
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Che questo percorso sia quello che paventiamo, lo dimostra in alcune pieghe il “decreto semplificazioni” appena varato: il nostro Paese non vuole prepararsi alle rinnovabili senza l’ausilio dei combustibili fossili e, quindi, ci si lamenta dei ritardi nei processi autorizzativi per le rinnovabili, ma si allentano le regole di controllo e di protezione dell’ambiente e della salute nel caso specifico di nuove centrali (art.18). Perfino sul nucleare, pur sapendo che la questione in Italia è stata chiusa da ben due referendum, il ministro è stato molto blando nei confronti del tentativo della Francia e di altri paesi di far passare a livello europeo la fissione dell’atomo come fonte “a basso tenore di carbonio”, trascurando la letalità del suo impiego pur di farla accettare, al pari del Ccs, come fonte per produrre idrogeno blu anziché verde. Cingolani avrebbe dovuto dire semplicemente che l’Italia porrà il veto a qualunque tentativo di alimentare un futuro altroché residuale per il nucleare in Europa.
Intanto, c’è un inspiegabile ritardo del Governo Draghi nell’approvare (doveva essere inviato a Bruxelles il 31 marzo scorso) il piano per decidere dove installare l’eolico off-shore, mentre lo stesso fotovoltaico richiede una accelerazione nelle autorizzazioni, con la collocazione prioritaria su superfici esistenti e in aree industriali dismesse. In realtà, si coprono le resistenze al superamento dell’uso di tutte le fonti fossili il prima possibile. I gruppi pubblici, che dovrebbero essere i primi ad adeguarsi alle direttive di un governo che fa riferimento al Green Deal Europeo, tentano di eluderne l’indirizzo entro i confini nazionali, mentre al di fuori di essi, dove risulta forse più complicato fare “greenwashing”, investono solo in rinnovabili!
Le critiche di Rutelli al governo sul clima: “Siamo fuori strada. L’agenda è inadeguata per la ‘rivoluzione verde’, se ne occupi Draghi”
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Così, per le centrali elettriche a carbone, dove il “phase out” è obbligato, si pensa al rimpiazzo di potenza con metano anziché passare direttamente a rinnovabili, pompaggi o idrogeno verde, ridisegnando così consumi, produzioni e buona occupazione in territori a lungo vulnerati dalla combustione dei fossili. Il gas naturale ha chiuso il suo ciclo: insistere con nuove infrastrutture, come si vorrebbe fare con i turbogas a Civitavecchia, clamorosamente in contrasto con la popolazione, le istanze sociali e le istituzioni, significherebbe pregiudicare una riconversione ecologica, laddove è già matura, a partire dal mondo del lavoro.
Le politiche industriali stesse non possono aspettare il 2030 per cambiare. Pensiamo all’Ilva di Taranto: dopo la recente sentenza occorre decidere il suo futuro, contemporaneamente occupazionale ed ambientale. Lo Stato è già entrato in Ilva con una partecipazione azionaria rilevante e presto sarà un’azienda pubblica a tutti gli effetti che potrà riprendere un’attività solo se compatibile con la salute. In questo caso, l’uso delle rinnovabili e dell’idrogeno è forse l’unico asse di fondo su cui provare a riprogettare una destinazione, lungo l’intero ciclo che tocca l’acqua, i gas in atmosfera, la bonifica del suolo.
La gestione della transizione ecologica che si sta evidenziando non appare convincente. Il ministro Cingolani ha il dovere di esplicitare come verranno impiegati oltre 50 milioni al giorno per 5 anni previsti dal Pnrr. La velocizzazione non può risolversi in un favore ai colossi energetici che oggi svolgono un ruolo di resistenza verso il cambiamento, la difesa del clima e l’innovazione, frustrando il ruolo delle istituzioni territoriali e la presa di coscienza delle collettività.
Scritto in collaborazione con Alfiero Grandi
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WEBINAR SULLA SALUTE
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PER APPROFONDIRE. PNRR, IL TESTO E LE CRITICHE; IL RITORNO DELLO STATO
8 Giugno 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem
Un interessante Dossier di Camera e Senato illustra il Piano nazionale di ripresa e resilienza.. La lettura critica del Forum Diversità e Disuguaglianze: “Manca una visione forte e mobilitante”. Il webinar di Radio Radicale con la discussione sulla valutazione del PNRR condotta dall’ASVIS. Sabino Cassese, “Lo Stato non torna, c’era già, ma la musica è cambiata” (Corriere della sera). I contributi de lavoce.info: Angelo Baglioni, “Non più Stato ma uno Stato migliore, questo ha chiesto Ignazio Visco”; Fabiano Schivardi, “Dopo la crisi: dallo Stato-giocatore allo Stato-allenatore”; Gianni Toniolo, “Welfare state: il futuro è nel ritorno a Beveridge”; Massimo Baldini, “Nuove reti sociali per nuove povertà”; Gilberto Turati, “Quattro temi chiave nell’agenda per la salute”; Michele Polo, “Internet, la quarta utility”. E qui anche i video dei 5 forum tenutisi al Festival dell’Economia di Trento. Inoltre: Luca Mercalli, “Transizione eco-illogica del ministro Cingolani” (Il Fatto); Elena Granaglia, “Il welfare nel PNRR. Riconoscere quanto c’è, ma non trascurare i rischi” (Eticaeconomia); Federico Butera, “La questione organizzativa italiana. Rigenerazione organizzativa, politica per il bene comune e la difesa sociale, formazione delle persone integrali” (Eticaeconomia).
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