America, America
LA GUERRA CIVILE DEI REPUBBLICANI
di Marino de Medici
Una guerra civile è in atto all’interno del partito repubblicano, dove la lunga ombra dell’ex presidente Trump incombe su tutti i candidati repubblicani alle prossime elezioni, quelle congressuali del 2022 e quelle presidenziali del 2024.
E’ facile previsione che gli esponenti repubblicani al Congresso non riusciranno a liberarsi dell’ingombrante personalità di Donald Trump mentre i partiti repubblicani di quasi tutti gli stati rappresenteranno un feudo inattaccabile dell’ex presidente. Trump ha giurato vendetta nei confronti di quei senatori – sei in tutto – e di quei Congressmen che hanno votato a favore dell’impeachment. [segue]
In particolare, ha fatto sapere che si impegnerà a fondo per far si che non vengano rieletti nelle prossime elezioni primarie. Queste non sono neppure tanto lontane perchè la campagna elettorale per le cosiddette elezioni di medio termine non si farà attendere e verrà combattuta con la stessa asprezza della consultazione presidenziale del 2020. Un tempo, tra le elezioni trascorreva un periodo di civile dibattito, relativamente tranquillo. Ma ora Donald Trump appare risoluto a mantenere in essere la feroce conflittualità che ha contraddistinto il suo quadriennio presidenziale.
Il capo della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy, è preso nellamorsa della lotta intestina del GOP repubblicano, dopo aver cercato di proteggere la sua posizione, compromessa dall’ammissione che gli assalitori del Congresso erano sostenitori di Trump. Ancor peggio, McCarthy aveva implorato Trump di fermare gli elementi fanatici penetrati nei palazzi congressuali. Al che Trump aveva risposto, con il cinismo di cui è notoriamente capace: “Allora, Kevin, vuol dire che questa gente è infuriata per le elezioni più di quanto tu possa esserlo”.
Il destino di McCarthy è poco invidiabile perchè l’unico rimedio per distrarre l’attenzione dal marasma repubblicano è quello di attaccare il presidente democratico, appigliandosi ad accuse di scarsa sostanza, come la lentezza di misure per la riapertura delle scuole o il piano di somministrazione di vaccini anti-Covid ai carcerati della prigione di Guantanamo. E’ interessante, per non dire simbolico, che gran parte dell’agitazione nel campo repubblicano ruoti attorno a due donne, la Congresswoman Liz Cheney, membro del direttivo repubblicano alla Camera, e la neo Congresswoman della Georgia, Marjorie Taylor Green, esponente dedita alla provocazione attraverso il sostegno alle teorie di congiure diffuse da Q-non ed esternazioni assurde come quella secondo cui gli incendi della California sono dovuti a laser extraterrestri controllati da una famiglia ebraica. Non solo, perchè la Green ha proposto che la Speaker Pelosi venga giustiziata.
Il problema che si pone al leader repubblicano McCarthy è che la forsennata deputata è legata a filo doppio all’ex presidente Trump. Di fatto, una maggioranza dei Congressmen repubblicani è con Trump e spera in lui per riconquistare il controllo della Camera e del Senato nel 2022. La maggioranza democratica è minuscola (221 contro 211 alla Camera e 50 contro 50 al Senato, ma con un voto democratico in più, quello della Vicepresidente Harris). McCarthy manovra con ogni mezzo per mantenere sul piede di guerra i deputati trumpisti ed assicurarsi la carica di Speaker. Tra gli esponenti repubblicani sui quali McCarthy fa conto figurano quelli che osteggiano gli accordi di Parigi per il clima e gli ordini esecutivi di Biden che bloccano ulteriori concessioni per estrazioni minerarie, di petrolio e gas in territori federali. Queste misure “uccidono i posti di lavoro”, affermano i deputati repubblicani nelle tasche della grande industria mineraria.
A loro volta, i democratici accusano McCarthy di aver messo la testa nella sabbia per assicurarsi la sopravvivenza con la benevola assoluzione di Donald Trump.
Di fatto, quel che è in gioco è la sopravvivenza dello sparuto settore moderato del partito repubblicano. Se e come sopravviverà dipende dal comportamento del suo leader al Senato, Sen. Mitch McConnell, che al momento di votare contro la condanna di Trump al termine del processo di impeachment ha sferrato una vera e propria requisitoria sulle responsabilità politiche e morali del presidente nell’assalto al Congresso.
Le fratture politiche e sociali dell’America sono evidenziate dalla decisione del presidente Biden di abbandonare le speranze di collaborazione bipartitica al Congresso. Sulle prospettive di possibili, ma improbabili intese ad hoc nella legislazione pesa un fatto incontrovertibile, la constatazione che una percentuale assai alta di elettori repubblicani resta convinta che l’elezione del 3 Novembre sia stata alterata da brogli elettorali, come Trump ha pervicacemente sostenuto senza prove. Quello che è stupefacente è che un giudice della Corte Suprema,
l’afro-americano Clarence Thomas, abbia preso posizione legittimando le denunce di Trump circa massicce frodi elettorali. Come se non bastasse, il taciturno modesto giudice ultra conservatore ha preso di mira il voto per corrispondenza ed ha affermato che le corti statali devono osservare le norme delle legislature statali che restringono l’espansione del voto per posta. Questo voto è divenuto “permissivo”,
afferma il magistrato, e quindi “accresce fortemente il rischio di frodi”. In pratica,
il giudice afro-americano ha sposato fino in fondo le menzogne di Trump circa
le frodi che sarebbero state commesse con il voto per corrispondenza. L’America
e’ giunta ad una svolta periolosa quando un giudice della Corte Suprema si presta a minare la pubblica fiducia nelle elezioni. La conclusione da trarre e’ che la spaccatura che regna nella nazione, anche presso la corte suprema, non sara’ sanabile per molti anni.
Quanto al piano di soccorso per gli americani colpiti dalle conseguenze economiche del Covid-19 Biden può sperare che lo stanziamento di 1,9 trilioni passi anche perchè una maggioranza di americani è a favore. Questo significa che Biden non subirà conseguenze avverse per il fatto che la legge anti Covid verra’ approvata con una manovra legislativa eccezionale – la cosiddetta “reconciliation” – senza il concorso dei repubblicani. Del resto, Biden nulla deve ai repubblicani che quattro anni fa ricorsero alla stessa “reconciliation” nel tentativo di smantellare il programma di sanità Obamacare.
Infine, il presidente Biden si è sforzato di istituire un progetto di equita’ economica,
attuando il Programma di Protezione dei Salari per tutte le aziende con meno di venti dipendenti. Si vedrà presto se gli americani applaudono programmi che finanziano forti sovvenzioni alla classe media e indigente. Del resto, questa e’ l’unica carta vincente di cui dispongono i democratici. C’e’ anche da osservare che sarebbe un’illusione pensare che quel settore di repubblicani che osteggiano Trump possano confluire nell’elettorato democratico o addirittura fondare un terzo partito. Ai nostri giorni, questo e’ piu’ lontano dalla realta’ di quanto si possa immaginare. La struttura politica e le tradizioni rendono improponibile ogni progetto di un terzo partito sorretto dalle rivalse di qualcuno, come il Governatore dell’Alabama George Wallace, o dalle ambizioni di qualcun’altro, come Ross Perot. Lo sa anche Donald Trump, che non verrebbe mai eletto come candidato di un terzo partito.
Non gli resta che proiettare la sua immagine narcisista e logorante con la forza
dell’intimidazione. In ultima analisi, sarà il partito repubblicano, e non l’azione dei democratici, a smantellare il suo culto di personalita’. Purtroppo, ci vorra’ del tempo, ma avverrà.
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