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L’AMERICA ABBANDONA L’AFGHANISTAN AL SUO DESTINO
di Marino de Medici
Non è il caso di dire che gli americani hanno tirato un sospiro di sollievo nell’apprendere che il prossimo 11 settembre le forze americane abbandoneranno l’Afghanistan. Dopo due decenni di costosa presenza e di perdite di uomini (2.216 caduti), il presidente Biden ha fatto quello che la massa degli americani si aspettava. Il paragone con il Vietnam regge fino ad un certo punto. Di fatto, però, la storia si ripete nel senso che ancor una volta gli Stati Uniti abbandonano un Paese al suo destino. Vero è che gli ultimi americani non usciranno a bordo di elicotteri dal
tetto dell’ambasciata americana. Il ritiro sarà ordinato ed anzi favorito dall’avversario, le forze dei talibani. Ed ancora, il futuro non replicherà l’evoluzione della storia del Vietnam che dopo aver sconfitto il massiccio intervento degli Stati Uniti, non ha perso tempo nell’allacciare rapporti di collaborazione con l’America fino a trasformarsi in un suo prezioso alleato nel confronto con la Cina nello scacchiere indo-asiatico.
[segue]
La guerra nell’Afghanistan aveva preso le mosse nel 2001 all’indomani dell’attacco di Bin Laden alle torri gemelle. Le forze americane avevano distrutto il caposaldo del terrorismo islamico ma non avevano mai avuto il sopravvento sui talebani, che mantenevano il controllo su ampia parte del territorio afghano. Al suo apice, il contingente americano aveva toccato una punta di 14.00 uomini. Per accusando forti perdite, i talebani, non dissimilmente dai nord-vietnamiti, avevano continuato a combattere. La loro tenacia veniva premiata non da una vittoria sul campo, ma dalla decisione del presidente Trump, nel febbraio del 2020, di raggiungere un’intesa con i talibani in base alla quale le forze americane avrebbe lasciato l’Afghanistan, entro il primo Maggio 2021, in cambio di certe garanzie anti-terrorismo, di una riduzione della violenza e di una promessa di trattative con il governo di Kabul.
I talebani dimostravano ben presto di non avere intenzione alcuna di rispettare l’accordo di Doha. Nel giro di pochi mesi, si impossessavano di regioni che le forze americane ed afghane avevano riportato sotto il controllo governativo dopo lunghi enormi sforzi. L’esercito nazionale afghano abbandonava molti dei settori sotto attacco. La rotta delle forze afghane veniva scongiurata a malapena da pesanti bombardamenti americani. I talebani tenevano duro, non tanto al fine di cacciare gli americani dalle loro terre, ma nel risoluto intento di installare un governo islamico a Kabul e di imporre la legge islamica. L’inutilità dei tentativi di negoziare la formazione di un governo basato sulla costituzione afghana del 2004 veniva riconosciuta dalla maggioranza degli esperti americani ed in ultima analisi dall’ultima amministrazione, quella di Joseph Biden.
Col tempo, la prospettiva di un collasso del governo di Kabul si fa praticamente inevitabile. Resta in piedi la possibilità che forze esterne riescano ad evitare la caduta di Kabul. A questo punto, però, non saranno gli americani a scongiurare il triste destino dell’Afghanistan, ma altri attori – tra cui la Cina, l’Iran, l’India e la Russia – che hanno interessi nell’Afghanistan ed osteggiano l’avvento di un emirato talebano.
All’uscita dell’America, dunque, si apre una partita diversa, che questa volta conta un nuovo principale protagonista, il Pakistan.
La decisione del presidente Biden di abbandonare l’Afghanistan al suo destino è giustificata sul piano politico dalla diffusa convinzione che la protratta presenza di forze americane non facilita una soluzione pacifica per il Paese. I negoziati di pace con i talebani sono un’utopia. Alla fin fine gli americani che se ne sono resi conto.
L’infausta realtà militare ha di fatto contribuito ad escludere ogni possibilità di regolamento pacifico.
Quel che resta della strategia americana è che succeda quel che succeda l’Afghanistan non rappresenterà una minaccia per gli Stati Uniti ed i suoi alleati. Il verdetto storico dell’Afghanistan replica quello nel Medio Oriente in generale, ed anche altrove, che le guerre contro le insurrezioni non possono essere vinte da eserciti moderni. Il secondo, e forse più importante, corollario è quanto sia arduo, per non dire impossibile, esportare la democrazia, di qualunque fatta essa sia. Last but not least, la decisione della nuova leadership americana ha troncato la ricerca di un illusorio consenso sul disegno di stabilizzare un Paese che rimarrà permanentemente instabile. L’Afghanistan rimarrà un Paese fallito. Per almeno dieci anni, gli stati maggiori americani e della NATO hanno dibattuto intensamente a quali condizioni chiudere la partita nell’Afghanistan. C’è voluto il senno di Biden per sciogliere il nodo di Gordio.
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