I100 anni del PSdAz
Per celebrare la ricorrenza dei 100 anni della fondazione del PSdAz pubblicizziamo il terzo volume di “SARDISTI” di Salvatore Cubeddu tra poco tempo disponibile in libreria. Salvatore è uno dei massimi studiosi della storia del Partito Sardo ed è un prestigioso intellettuale da sempre e tuttora impegnato al servizio della Sardegna, anche attraverso la partecipazione attiva nelle organizzazioni sindacali e socio culturali. Attualmente è direttore della Fondazione Sardinia e coordinatore dell’associazione Sa die de sa Sardigna.
Pubblichiamo di seguito la Premessa dell’Autore al volume in questione.
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Questo terzo volume chiude il percorso della ricerca sul Partito Sardo d’Azione e si propone ai lettori nel compiersi dei cento anni (1921 – 2021) della sua vita associativa con la narrazione che la stampa sarda consacrò come gli “anni del vento sardista” e gli storici preferiscono individuare nei termini di “terzo sardismo”. [segue]
Il ‘vento sardista’ ha dato il nome alla politica sarda degli anni ’80 del ventesimo secolo, quando l’Italia si imbarcava nei fragili fasti socialisti della ‘Milano da bere’ e le democrazie occidentali vincevano la partita sul comunismo attraverso la gara dello sperpero in missili intercontinentali tra USA e URSS. Il liberismo di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan preparavano i trionfi della ‘fine della storia’ nella vittoria del rampante capitalismo finanziario sulle paure occidentali del comunismo.
Il processo di idee, di atti e di fatti che precedono, accompagnano e vedono lo spegnersi del ‘vento sardista’ è stato definito dallo storico Gianfranco Contu il ‘terzo sardismo’, collocandovi il periodo che va dalla metà degli anni Settanta ai primi Novanta, tra i segmenti della storia del Partito Sardo d’Azione che – in parallelo al successo del sardismo della fondazione nel primo dopoguerra (1919-1926) e della ripresa nel secondo (1943-1948) – ne qualifica una nuova crescita quantitativa e un rinnovato slancio ideologico e politico secondo le opzioni dell’indipendentismo, del federalismo e dell’etnicismo.
Tenendo conto del segmento temporale interessato, il presente volume di “Sardisti …” copre il tempo in cui questo ‘terzo sardismo’ ha visto la luce, si è alimentato di vari contributi e protagonismi, è arrivato al governo di nuovi comuni e provincie, fino a presiedere la Regione Sarda e a mandare propri parlamentari sia a Roma che a Strasburgo. Nel frattempo, si è nutrito al proprio interno dell’immissione di nuove migliaia di iscritti, di donne e uomini provenienti da tutti i ceti sociali, le professioni, le esperienze politiche e le caratteristiche culturali più innovative, la cui vita collettiva ha avuto una storia che a noi tocca ripercorrere, narrare e precisare, nella tranquilla considerazione che, tra i nostri lettori, gli specialisti attenti si soffermeranno sul fenomeno storico-politico del ‘terzo sardismo’, mentre l’opinione pubblica potrà nuovamente incuriosirsi su quello che è stato ‘il vento sardista’: come è spirato, da dove, perché, con chi.
Ci si può, dunque, attendere da questo volume che, riflettendo sull’esperienza e sulle carte di quei venti anni, che vanno dalla metà degli anni ‘Settanta alla metà dei Novanta, documentiamo l’apparire, il consolidarsi, l’evidenziarsi nelle sue manifestazioni e nell’esito, fino all’inizio del suo declinare, le realizzazioni e le sconfitte di un processo storico che ha reso ancora una volta specifica la vicenda dei Sardi e condizionato profondamente i decenni successivi.
Il vento sardista è sorto, il vento sardista si è spento. Siamo ancora nel terzo sardismo?
Il limite cronologico cui abbiamo limitato il terminus ad quem della nostra ricerca lascia ancora aperti i fatti di ulteriori venticinque anni. Ma, anche dal punto in cui dovremo fermarci (il 1995), potremo scrutare l’orizzonte del suo declinare. Toccherà ad altra opera – e probabilmente ad altri autori – esprimere la parola finale. Ma non è detto che non ci si possa interessare più in là anche di un ‘quarto sardismo’, che veda il Partito Sardo d’Azione procedere con successo oltre il secolo di vita e di attività.
Intanto, ritornando alla premessa, corre l’ultimo obbligo, quello di presentare il genere letterario utilizzato per narrare questa storia. Meglio, dovremmo parlare al plurale, delle molteplici forme del raccontare la storia utilizzate dall’autore nell’offrire la necessaria garanzia scientifica a un racconto collettivo che comprende non poche tonalità individuali.
La struttura del libro – tra storia e sociologia dell’organizzazione e dei fenomeni politici (nella prima e nell’ultima parte, soprattutto), storia orale (la seconda) e diaristica (inserimenti in vari capitoli) – paga lo scotto della breve distanza temporale dai fatti e soprattutto della diretta partecipazione dell’autore alle dinamiche degli ultimi eventi. La divisione in parti è al servizio del tasso di coinvolgimento dei protagonisti nelle vicende di cui si riferisce. Soprattutto per consentire a loro e al lettore il giusto e corretto distanziamento.
Va da sé che una diversa documentazione alimenta le differenti parti. I Congressi e le informazioni sull’operato degli organismi del Partito, fino alle elezioni regionali del 1989, attingono al Fondo del PSd’A e all’emeroteca che partecipano dell’Archivio della Fondazione Sardinia.
La storia della politica sarda viene seguita tramite i puntuali bollettini dell’Agenzia Italia, già utilizzata nella Cronologia della Sardegna Autonomistica promossa dal Consiglio regionale e grazie alla rassegna della stampa quotidiana.
L’indisponibilità di una documentazione ordinata e sistematica degli atti della Presidenza della Regione e degli Assessorati non consente un’analisi documentata dell’attività del governo regionale. Siamo pertanto subordinati alle dichiarazioni della politica, del tutto da verificare nella sua efficacia da parte di una ricerca storica ancora non disponibile, neanche nella sua fase iniziale.
Lo studio sociografico degli iscritti sardisti (1976 – 1986) e quella sociopolitica dei delegati al XXII Congresso (entrambi citati, ma disponibili per esteso nell’Indice dei documenti), insieme alle interviste ai dirigenti sardisti (parte sesta), sono stati realizzati dall’autore alla fine degli anni Ottanta dello scorso secolo. L’ultima parte attinge ad archivi privati, tra i quali quello dell’autore e quello dell’on. Italo Ortu restano preponderanti. L’appendice riporta documenti importanti, il cui inserimento avrebbe appesantito i capitoli del testo. Data l’estensione resterà disponibile su supporto informatico nel sito della Fondazione Sardinia (www.fondazionesardinia.eu).
Rispetto ai primi due volumi, questo terzo “Sardisti” ha il vantaggio di avere disponibile il Fondo PSd’A dell’Archivio della Fondazione Sardinia (AFS, in sigla) per tutto il secondo dopoguerra e fino al 1988. Certo, si danno dei vuoti, i documenti hanno una sistemazione quasi mai ordinata, ma un primo censimento è già stato messo in opera per poterli utilizzare e indicare al lettore. Per gli ultimi trenta anni non si dà più nel Partito sardo un archivio centralizzato, dovuto forse alla veloce chiusura delle sedi, che ha convinto alcuni e più dirigenti che era meglio portare con sé i faldoni e le cartelle piuttosto che rischiarne una perdita definitiva. Ma non siamo stati in grado di conoscere i luoghi dove i materiali siano tenuti. Trattandosi di militanti ed ex dirigenti quasi tutti in attività, è probabile che molte di queste raccolte ritorneranno al loro posto anche grazie alle domande senza risposta – o a risposte insufficienti – riscontrabili in questa nostra ricerca.
Gli anni che vanno dal 1988 al 1995 sono stati coperti con i documenti conservati dall’autore, con annotazioni private intraprese dall’anno della sua iscrizione al partito e soprattutto a partire dal suo diretto coinvolgimento nel ruolo di dirigente. Di grande aiuto è stata la consultazione delle carte di Italo Ortu, raccolte nel tempo a formare un nutrito archivio privato sul Partito sardo, e la cura per i documenti del ventitreesimo congresso conservati da Gianni Ruggeri.
La parte sesta del libro racconta questi vent’anni attraverso le dirette parole dei partecipanti, quindi da parte dei protagonisti. Le interviste furono svolte entro l’estate del 1989 dall’autore, che allora era un semplice iscritto che voleva conoscere l’organizzazione a cui aveva aderito e, vista l’assenza di raccolte scritte sul sardismo del secondo dopoguerra, si rivolgeva ad interrogare quanto più possibile la memoria orale degli anziani, e meno. Registrate e trasferite nel testo, sono state lasciate come gli intervistati le avevano gentilmente concesse, inserendole per periodi, il tanto da formare il continuum di un racconto dei quindici anni presi in considerazione. Almeno metà di loro non ci sono più, perciò non sarebbe stato corretto chiedere eventuali correzioni a coloro che ancora avrebbero potuto farlo. Per tutti, quindi, risulterà la testimonianza di più di trent’anni orsono.
Ci si rende conto che loro possano non ricordare quanto detto allora e probabilmente oggi, a distanza di trent’anni, ne darebbero una differente lettura. Si è ritenuto prioritario valorizzare la spontaneità e la datazione di quella comunicazione, che è del momento dell’intervista, ma, in quasi tutti gli intervistati, si rivela già frutto di una personale sintesi, evidentemente espressa più volte in forma amicale e in pubbliche riunioni, e quindi in parte formalizzata ad esprimere una maturata narrazione. Le testimonianze orali riprendono e qualificano quanto è stato costume nel Partito sardo a partire dal 1921 e fino al 1993, data di uscita del primo di questi volumi di “Sardisti” promossi all’interno e da parte della Fondazione Sardinia. Per molto tempo la disponibilità della sola storia orale ha rappresentato per gli aderenti al Partito sardo il racconto che serviva per i momenti buoni e quelli meno buoni, per comunicare la fraternità e le costruttive opere della concordia ma pure per litigare, farsi la guerra interna, lasciarsi.
Considerando le culture dell’umanità, la storia esisteva di certo ancora prima che la si formalizzasse nella scrittura, ma solo con questa è stato possibile riscriverla in continuazione e valutarla, mettendo a confronto i tanti punti di vista offerti dai contemporanei e dalla rilettura e riscrittura dei posteri. Qui ci si è concesso il lusso di offrire un saggio di come le cose funzionassero quando la storia dei sardisti non era stata ancora scritta, bella e possibile perché è il racconto offerto da uomini che, pure con i loro limiti e le contraddizioni, rappresentano di certo la parte più sensibile e motivata al destino del Popolo sardo.
Il lettore sarà indulgente allorché si imbatterà nell’autore che è pure attore e, almeno in una fase dell’ultimo periodo, anche tra i protagonisti. Egli ha cercato di essere oggettivo e pignolo nel consentire la disponibilità delle fonti che motivavano quanto andava scrivendo. Le parti diaristiche riportate soprattutto nell’appendice, dove si esprime l’immediatezza dell’accadere e dell’osservare, sono state introdotte e concluse da considerazioni che, all’interno del capitolo in cui sono inserite, agevolassero la comprensione del contesto e facilitassero la sintesi e la presente valutazione delle priorità, anche in contrasto con quanto da lui allora affermato.
Il tema di questo libro è la descrizione ragionata e motivata di una vittoria e di una sconfitta, quella del ‘terzo sardismo’. Si parla di uomini e di Sardi che per esso hanno lavorato e si sono sacrificati, hanno vissuto entusiasmi e poi le delusioni, si sono impegnati e alla fine hanno perso. Nuovamente perso. E’ sempre così nei moderni processi di liberazione dei popoli, soprattutto di quelli che non hanno avuto l’occasione o la forza di concludere il processo che, dalla natura e dalla cultura, li porta ad istituzioni proprie, indipendenti e in dialogo con gli altri popoli. Bisogna raggiungere e superare quella soglia. Prima del raggiungimento del fine, quando vi si tende senza raggiungerlo, per qualche verso si è sempre sotto, essendo e venendo considerati perdenti. Questo vale almeno fino a che la grande storia continueranno a farla gli organismi statuali e finché un organismo super-statuale collochi anche il Popolo sardo in una federazione di popoli – parliamo innanzitutto dell’Europa – riducendo l’importanza degli stati.
L’indebolirsi progressivo del terzo sardismo rappresenta uno degli elementi dell’irrisolta questione di una seconda autonomia della Sardegna, che pure ha ben altri e maggiori responsabili del suo drammatico ritardo. Il fenomeno è contemporaneo alla fine della ‘prima repubblica’ italiana, anch’essa ancora nella condizione di non averne formalmente definito e dichiarato, con convinzione e certezza, una seconda. L’Italia non è per noi un esempio, ma rappresenta comunque, in bene e in male, un condizionamento. Ma, fermiamoci qui, restiamo alla nostra storia.
Il Partito Sardo d’Azione va maturando i mesi che lo porteranno, il 17 aprile 2021, a concludere i suoi cento anni di età. Come per le persone, sono rari gli organismi sociali che durano tanto, almeno tra quelli che non godono privilegi dall’Alto. Ma in Sardegna siamo longevi. Ce la faremo, i nostri figli continueranno la nostra storia. Anche per questo ha senso impegnarsi a scriverla.
Cagliari, 10 febbraio 2021
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