NGE Recovery Plan: appelli per migliorarlo

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La generazione fantasma
Campagna Sbilanciamoci!, Rete della Conoscenza; Unione degli Studenti; Link-Coordinamento Universitario
11 Marzo 2021 | Sezione: Campagna Sbilanciamoci!, Lavoro, Politica, Società

lampadadialadmicromicroAladinpensiero accoglie l’invito della Campagna Sbilanciamoci! e aderisce all’appello lanciato dai giovani e le giovani del Paese che chiedono di uscire dalla crisi nella direzione giusta, con investimenti nel lavoro, nell’istruzione e nell’autodeterminazione.
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Siamo i giovani e le giovani di questo Paese e sul Recovery Fund abbiamo un piano.

Siamo i giovani a cui è stato detto di accontentarsi, che dovevamo fare gavetta, che uno stage non pagato è normale, che prima o poi il contratto sarebbe arrivato, che dovevamo solo aspettare. Però il tempo passava e lo sfruttamento restava sempre lì.

Siamo le studentesse e gli studenti a cui è stato detto che andava tutto bene, che pagare migliaia di euro ogni anno tra tasse, affitti e libri era normale, che le scuole e le università sarebbero ripartite. Invece siamo sempre di più ad abbandonare gli studi perché l’istruzione nel nostro Paese è un lusso, ma mai una priorità, come hanno dimostrato questi mesi.

Abbiamo 15, 25, 30 anni. Siamo cresciute/i tra due crisi, abbiamo visto il nostro futuro diventare sempre più incerto, la precarietà trasformarsi nell’unica certezza. Ci siamo sentite/i dire che basterebbe impegnarci di più, che è colpa nostra se non troviamo lavoro, che dovevamo andare all’estero per avere un futuro.

Ci hanno ripetuto che non c’erano i soldi: per l’istruzione, per la ricerca, per creare lavoro, per la sanità, per risanare i nostri territori e contrastare il disastro climatico. Adesso i soldi ci sono.

Il Next Generation EU parla di noi: noi che non sappiamo se l’anno prossimo riusciremo ancora a pagare le tasse all’università, che dobbiamo decidere se restare qui o andare a cercare opportunità altrove, che siamo costrette/i a vivere dai nostri genitori perché la famiglia è ancora l’unica forma di welfare esistente.

Si parla del nostro futuro, ma continuate a farlo senza di noi, la generazione fantasma. Invece è arrivato il momento di ascoltarci. Serve #UnPianoPer uscire dalla crisi nella direzione giusta e ripartire davvero. Noi abbiamo qualcosa da dire.

. 5% del PIL in istruzione, perché senza conoscenza non c’è futuro
L’Italia è agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda la percentuale di PIL in istruzione e il numero di laureati, ma in cima alle classifiche per le tasse universitarie più alte e la dispersione scolastica. Vogliamo il 5% del PIL per rendere l’istruzione gratuita, per investire in edilizia scolastica e universitaria, per un reddito di formazione per le studentesse e gli studenti. Perché una società della conoscenza è possibile, ma solo se l’istruzione smette di essere per pochi e, con la cultura, diventa una priorità. No, non bastano i soldi del Recovery Fund: e allora che paghino i più ricchi, contribuendo davvero allo sviluppo del Paese.

. Lavoro pagato, di qualità, senza più sfruttamento
Lavoro gratuito, ricatti e sfruttamento sono spesso l’unica alternativa alla disoccupazione. A partire dagli investimenti del Next Generation EU vogliamo che si ragioni di come cambiare il mondo del lavoro: indennità obbligatoria per stage e tirocini, piano di assunzioni straordinarie a tempo indeterminato nella PA, contrasto alla precarietà, un piano per l’occupazione femminile che garantisca davvero la piena autodeterminazione di tutte noi. E un rapporto tra formazione e lavoro che non serva a schiacciare la conoscenza alle esigenze del mercato ma a ripensare il mondo che ci circonda, senza continuare a sfruttare territori e persone.

. Un paese in cui restare
Ogni anno decine di migliaia di giovani lasciano il nostro Paese, mentre sono ancora di più i giovani meridionali che abbandonano le loro regioni. Vogliamo investimenti in infrastrutture e sviluppo al Sud, un piano di contrasto alla povertà e alle diseguaglianze e per l’autodeterminazione, che metta al centro il lavoro e un vero reddito incondizionato, vogliamo poter restare ed essere al centro delle strategie di sviluppo dei nostri territori da Nord a Sud del Paese, nei centri come nelle periferie, nelle città come nelle aree interne.

Promosso da
Rete della ConoscenzaUnione degli Studenti Link Coordinamento Universitario

Hanno aderito fino ad ora
ARCI – Sbilanciamoci – Chi si cura di te? – Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali – Genova che osa – Lato B – Collettivo Valarioti – Associazione 1° Maggio – Aladinpensiero associazione socio-culturale.

Per firmare e aderire
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Ricostruire l’Italia con il Sud
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Ricostruire l’Italia con il Sud: 10 punti per il Pnrr

Redazione di Sbilanciamoci!
9 Marzo 2021 | Sezione: Apertura, Politica

La nuova versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza deve tenere insieme le diverse aree del Paese e dare garanzie sullo sviluppo del Mezzogiorno. Un documento di 25 esperti chiede al governo il massimo impegno nel ridurre le disparità territoriali.
lampadadialadmicromicro133Aladinpensiero News e l’associazione socio-culturale Aladinpensiero aderiscono con entusiasmo e convinzione al documento-appello e si impegnano a diffonderlo e a farlo sottoscrivere nel nostro territorio. Ci preoccupa il silenzio in questo frangente degli intellettuali sardi e non solo. Diamoci una smossa!

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che il governo dovrà presentare alla Commissione Europea entro il prossimo 30 aprile, dovrebbe dare garanzie sull’obiettivo di riduzione delle disparità. A contare non sarà solo la semplice allocazione di risorse alle regioni meridionali, ma anche le modalità della loro governance: serve discontinuità rispetto alle precedenti fasi di programmazione, coerenza nel tempo del flusso di risorse disponibili e il rafforzamento delle competenze delle amministrazioni pubbliche. E andrebbe inserita, fra gli interventi di riforma più urgenti, la definizione dei “livelli essenziali delle prestazioni”. Pubblichiamo di seguito il documento, promosso da 25 esperti di Mezzogiorno e di politiche territoriali, sulla necessità di rendere esplicito il ruolo del Sud nella ricostruzione del Paese.

Il documento

L’Italia si trova di fronte all’occasione irripetibile di avviare la sua “ricostruzione” coniugando sviluppo e coesione sociale, per giocare un ruolo di primo piano nell’Europa del prossimo decennio.

Per tale ragione, a nostro avviso, l’obiettivo di ridurre le disparità di genere, generazionali e territoriali – per molti aspetti strettamente collegate nelle aree più deboli del paese – deve essere al centro del Piano di Rilancio e di tutti i suoi interventi, coerentemente con la complessiva impostazione comunitaria del programma Next Generation EU.

Dunque, lo sviluppo del Mezzogiorno deve essere un grande obiettivo del Piano: per la rilevanza dei divari interni al paese, che in base ai criteri di riparto comunitari hanno determinato la dimensione del finanziamento destinato all’Italia; per motivi di uguaglianza fra i cittadini e di rispetto del dettato costituzionale; per motivi di efficienza economica: gli investimenti nel Mezzogiorno hanno un moltiplicatore più elevato e determinano impatti sull’attività produttiva dell’intero sistema nazionale. Il recupero del ritardo accumulato dall’Italia in Europa si supera tenendo insieme le parti del Paese in una strategia di sviluppo comune. Come nella logica del Next Generation EU, il Piano deve valorizzare le complementarità e le interdipendenze produttive e sociali tra i Nord e i Sud, riconoscendo che i risultati economici e il progresso sociale dei Nord dipendono dal destino dei Sud e viceversa.

Nella sua attuale formulazione il Piano non dà garanzia che le sue risorse saranno investite con questo indirizzo, e ancor meno che ci saranno effetti sulla riduzione delle disparità e sulla crescita del Mezzogiorno e quindi dell’intero paese. Per questo, a nostro avviso, il Piano dovrebbe essere riformulato:

1. rendendo esplicito il ruolo del Sud nelle sue principali missioni e il contributo che dal Sud può venire alla crescita del paese, con particolare riferimento alla transizione green, alla logistica, alle nuove attività manifatturiere, al ruolo delle sue aree urbane anche nella trasformazione digitale, al rafforzamento del sistema della ricerca e delle filiere scolastica e formativa e dei servizi socio-sanitari;
2. contenendo un chiaro indirizzo politico verso la produzione di beni pubblici per la coesione e la competitività nell’intero paese, e quindi verso la riduzione dei divari civili, a partire da scuola, sanità e assistenza sociale, anche attraverso un concreto riconoscimento del ruolo del Terzo Settore, e delle disparità nelle dotazioni infrastrutturali materiali (mobilità di lungo e breve raggio) e immateriali (reti digitali, istruzione, ricerca);
3. rendendo esplicito come l’obiettivo traversale della coesione territoriale viene perseguito all’interno di ciascuna missione, e di ciascuna linea di progetto, attraverso una puntuale localizzazione degli interventi (o dei criteri per la loro successiva selezione) e definizione degli obiettivi territoriali di spesa;
- definendo a livello territoriale in tutte le missioni, e in tutte le linee di progetto, i risultati attesi per i cittadini e le imprese;
1. facendo complessivamente scaturire da questa impostazione di metodo l’allocazione al Sud di una quota delle risorse complessive del Piano significativamente superiore al suo peso in termini di popolazione (al netto dei finanziamenti FSC e REACT-EU e al netto dei progetti “in essere”), coerentemente con l’impostazione e gli indicatori del programma comunitario;
- e impegnandosi a realizzare un sistema di monitoraggio ad accesso aperto, sulla base del quale il governo riferirà annualmente in Parlamento sull’avanzamento negli obiettivi di spesa e nei risultati ottenuti, nell’insieme e a livello territoriale;
La semplice allocazione di risorse non garantisce tuttavia il cambiamento del Sud e del paese. Pertanto, a nostro avviso, il Piano dovrebbe anche:

1. prevedere una governance con una significativa discontinuità anche rispetto alle precedenti programmazioni delle politiche di coesione, aperta al contributo delle forze economico-sociali e tale da garantire, molto più che in passato l’avanzamento della spesa da parte dei soggetti attuatori nei tempi previsti e il raggiungimento dei risultati attesi;
2. prevedere un intervento straordinario di riforma e rafforzamento delle Amministrazioni pubbliche ed in particolare di quelle comunali, di semplificazione delle norme e delle procedure e di potenziamento del loro personale e delle loro capacità, sulla base di un’analisi accurata dei fabbisogni. Senza uno straordinario rafforzamento dei Comuni difficilmente le risorse disponibili per investimenti potranno essere spese nei tempi;
3. contenere precisi impegni affinché nelle future Leggi di Bilancio siano destinate risorse correnti ordinarie adeguate a garantire il mantenimento nel tempo dei risultati attesi via via raggiunti, sia per quanto riguarda la dotazione e la qualità dei servizi attivabili con i nuovi investimenti (es. mobilità) sia per la dotazione e la qualità dei servizi di cittadinanza, a partire da salute, istruzione, assistenza, abitazione, connessioni digitali.
4. inserire fra gli interventi di riforma l’attuazione di quanto previsto dalla modifica costituzionale del 2001 e dalla successiva legislazione di attuazione (42/2009) con particolare riferimento alla rapida definizione dei “livelli essenziali delle prestazioni” (ex art. 117 Cost.) per tutti i cittadini italiani, in base ai quali determinare fabbisogni standard e interventi perequativi nella finanza di Regioni e Comuni.
Senza una migliore capacità amministrativa e coerenti politiche ordinarie i risultati conseguiti con il Piano non potranno essere mantenuti nel tempo, l’Italia non sarà davvero “ricostruita” e non potrà contare in Europa.
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