21 febbraio: Giornata della Lingua Madre

spaciada-sa-bregungia-1-marzo-2021 21 febbraio: Giornata della Lingua Madre
Quando muore una lingua si spegne una stella nel firmamento
di Francesco Casula

Il 21 febbraio si celebra la giornata internazionale della lingua madre: per promuovere la madrelingua, la diversità linguistica e culturale, il multilinguismo.
Nella sola Europa vi sono oltre 200 lingue; 24 lingue ufficiali dell’UE e circa 60 lingue minoritarie. [segue]
Nell’epoca della globalizzazione, il rapporto fra le lingue è un banco di prova – e anche una grande metafora – del rapporto fra le culture. Comunicare restando diversi, ascoltare l’altro senza rinunciare alla propria pronuncia, essere radicati in una tradizione senza fare di questo, un elemento di separatezza o di esclusione o di sopraffazione: il rapporto fra le lingue – la compresenza attiva di moltissime lingue – dimostra che è possibile tendere alla comprensione salvando la differenza.
Nella nostra epoca, come muoiono specie animali e vegetali, così anche molte lingue si estinguono o sono condannate alla sparizione.
Il Centro Studi di Milano “Luigi Negro”, documenta che ogni anno scompaiono nel mondo dieci minoranze etniche e con esse altrettanti lingue, modi di vivere originali, specifici e irripetibili, culture e civiltà.
Per ogni lingua che muore è una cultura, una memoria ad essere abolita. Un universo di suoni e di saperi a dileguarsi. Preservare allora le specie linguistiche – nonostante le migrazioni, le egemonie mercantili, le colonizzazioni mascherate – dovrebbe essere il primo compito dell’ecologia della cultura e del sapere.
L’idea di una lingua unica perduta è solo un sogno: un frivolo sogno lo definiva già Leopardi nello Zibaldone. E anche l’idea che sia necessaria una lingua unica che permetta a tutti di intendersi immediatamente non riesce a nascondere il disegno egemonico: disegno che è in particolare di ordine mercantile. Anche perché: a cosa servirebbe – si chiede il Professor Sergio Maria Gilardino, docente di letteratura comparata all’Università di Montreal (Canada) e grande difensore delle lingue ancestrali – conoscere e parlare tutti nell’intero Pianeta la stessa lingua, magari l’inglese, se non abbiamo più niente da dirci, essendo tutti ormai omologati e dunque privi e deprivati delle nostre specificità e differenze?
Ma c’è di più: certi programmi “internazionalisti”che prevedono una unificazione linguistica dell’umanità e una scomparsa delle nazionalità, quando non sono inutili esercitazioni retoriche, sono in genere la mistificazione di concezioni sciovinistiche, o addirittura nascondono intenzioni di genocidio culturale di derivazione imperialistica.
Le lingue imposte via via dai colonizzatori hanno sbaragliato, mortificato e distrutto le forme e l’energia inventiva delle lingue locali. Il controllo politico, le ragioni di mercato, i progetti di assimilazione hanno sacrificato tradizioni e culture, suoni e nomi, relazioni profonde tra il sentire e il dire. E tuttavia più volte è accaduto che quelle culture vinte abbiano attraversato le lingue egemoni irrorandole di nuova linfa creativa: è quel che è accaduto meravigliosamente nelle letterature ibero-americane, è quel che accade oggi nelle letterature africane di lingua portoghese, inglese e francese o nella letteratura nordamericana o in quella inglese. Inoltre le migrazioni hanno dappertutto esportato saperi, confrontato stili di vita e di pensiero, contaminato linguaggi e sogni e memorie. Molti poeti e scrittori del ’900 appartengono a una storia di migrazioni tra le lingue: da Elias Canetti a Paul Celan, da Vladimir Nabokof a Iosif Brodskij, da Isaac Bashevis Singer a Salman Rushdie, da Witold Marian Gombrowicz a Vidiadhar Suraiprsar Naipaul.
Difesa delle lingue significa difesa contestuale del multiculturalismo, cui oggi attenta pericolosamente la società di massa globalizzata, che trasforma stati e culture in meri mercati votandoli e subordinandoli al più bieco consumismo e ai media. Ebbene la diversità culturale oggi non può esistere e sussistere se non coniuga la difesa di specifiche minoranze nazionali, etniche, locali e culturali con azioni positive che si oppongano allo schema dominante del contesto sociale e culturale. Il che non può comunque significare che la varietà delle culture si trasformi in un insieme di gruppi comunitari ed etnici chiusi, magari intolleranti e ossessionati dalla propria purezza primigenia o dalla omogeneità.
Il solo modo però di scongiurare ed evitare questo genere di evoluzione negativa e devastante consiste nel proteggere e valorizzare ogni peculiarità storica, culturale e linguistica e nel contempo, nel contestare insieme la globalizzazione e la società di massa che annullano la soggettività, le tradizioni, le norme e le rappresentazioni etno-popolari; che annullano, altresì, la cultura come reinterpretazione del passato, elemento chiave per la costruzione di un futuro originale. La forte difesa della propria cultura etno-nazionale (è il caso di quella sarda) è una delle condizioni principali per la definizione di un atteggiamento positivo nei confronti del pluralismo culturale, almeno quando le culture, al di là della propria identità e specificità, si definiscono come espressioni della generale capacità umana di creare sistemi simbolici ed elaborare giudizi di valore.
Tutte le culture dovrebbero condividere alcuni interessi generali, puntando a non farsi distruggere dal mercato culturale globale e dagli stati centralisti, nuovi veri e propri leviatani. Ogni cultura ha l’obbligo di difendere il diritto che ciascun popolo – e individuo – ha di creare, valorizzare, utilizzare e trasmettere la propria cultura che si definisca in primo luogo in una dimensione di contenuti e valori universali: dall’ecologia della politica e dell’ambiente ai valori del’uguaglianza, del comunitarismo e della solidarietà; da tutte le forme di femminismo alla difesa delle minoranze siano esse nazionali che linguistiche, sessuali o religiose.

Inviato da Francesco Oggi alle ore 09:02
Francesco Casula
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Nell’illustrazione in testa la brochure di una bella iniziativa nell’ambito del progetto Lingua Bia del Circolo Meti di via Mandrolisai (Is Mirrionis / San Michele) Cagliari.

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