Recovery Plan – Che fare? Dibattito.
di Franco Meloni, fisico.
La pandemia ci può dare una grande occasione per ripensare a come vogliamo il futuro della Terra, in generale, e della Sardegna in particolare.
Per quanto ci riguarda, si può ricordare che l’Irlanda all’inizio del ‘900 ha basato il proprio sostentamento prevalentemente sulla coltivazione delle patate. Quando i raccolti sono stati vanificati da una malattia delle piante, moltissimi sono morti per fame, e moltissimi hanno emigrato nell’allora accogliente USA.
Noi abbiamo un grandissimo problema di emigrazione e abbiamo basato prevalentemente la nostra ricchezza sul turismo.
Abbiamo bisogno delle migliori intelligenze e quindi l’istruzione deve avere la preminenza sui nostri futuri impegni.
Abbiamo necessità di avere lavoro, che da dignità.
Dobbiamo scegliere se essere un popolo di sottomessi camerieri o indicare, piuttosto, una via giusta per una convivenza accogliente, tollerante e in grado di far crescere nel confronto con altre culture.
Dobbiamo razionalizzare le scelte e, prima di tutto, dobbiamo renderci conto che non si può e non si deve demandare ad altri la scelta che riguarda i nostri figli.
La partecipazione politica deve essere ritenuta fondamentale per rigenerare una classe dirigenziale degna di questo nome.
La democrazia, unica forma di amministrazione sociale che ha il compito di equilibrare il vantaggio dei singoli con quelli della comunità, può funzionare solo se gli elettori hanno una consapevolezza critica delle scelte che stanno compiendo. Nessuna scusa per l’ignoranza.
Non bisogna essere degli esperti di macroeconomia per capire che bisogna iniziare dando corpo alle infrastrutture.
La Sardegna ha bisogno di potenziare un sistema ferroviario che, senza ambire alla grande velocità, ci permetta di non usare l’automobile per spostarci da un capo all’altro della nostra piccola isola in due ore.
L’edilizia deve privilegiare la messa a norma di ospedali – da riorganizzare data la possibile ricomparsa del virus, comunque si chiami – dislocati nel territorio con punte di eccellenza da valutare con grande senso critico.
Devono essere messe in grado di funzionare le scuole, che devono adottare tecniche di didattica obbligate dalla pandemia. Si deve fare uno sforzo colossale per passare dalla carenza di carta igienica alla condivisione telematica.
Nello sviluppo delle conoscenze, a livello universitario, si deve dare priorità allo studio del reperimento dei beni alimentari nel rispetto della natura. Nessun terreno deve restare incolto o non rimboschito.
Abbiamo una tradizione culturale millenaria e questa deve essere utilizzata perché le nostre pietre fitte, i nostri nuraghi, i nostri pozzi sacri siano oggetto di studio da parte di persone che vogliano essere viaggiatori e non turisti.
Se vogliamo essere degni figli dei costruttori delle mille torri dobbiamo sostenere la cultura in tutte le sue forme. Le nostre musiche, i colori dei vestiti, l’eleganza dei nostri gioielli, la melodia delle nostre poesie devono essere orgoglioso tratto che ci rende consapevoli della nostra parte nella storia.
Abbiamo un grande compito davanti a noi. Facendo rientrare i nostri emigranti, cerchiamo di ripopolare i paesi che, in una nuova prospettiva abitativa, possono essere modello per una vita più rispettosa della terra che ci accoglie.
Abbiamo bisogno di usare tutta la nostra intelligenza per uscire dalla caverna dove ci ha confinato il nostro egoismo.
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INIZIATIVE SEGNALATE
Next Generation Eu – Recovery Fund. I Sardi si fanno il Recovery Plan. “Quelli che non stanno a guardare. Un patto per la Sardegna”
Venerdì 19 febbraio 2021 un webinar – organizzato dal “Patto per la Sardegna” in collaborazione con la “Fondazione Caritas San Saturnino” – con il contributo di autorevoli partecipanti. Per rivedere il webinar, registrato sulla pagina Youtube del Patto per la Sardegna: https://www.youtube.com/channel/UCSHDj27FD9rsSN7XgEYBR7g .
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PROSSIMI EVENTI
Venerdì 5 marzo alle ore 18.00 Il manifesto sardo e AladinPensiero organizzano un seminario web sul Recovery Plan in diretta dalla pagina Facebook, YouTube e dal sito del manifesto sardo.
Intervengono: Lilli Pruna, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro – Università di Cagliari; Chiara Maria Murgia, laureanda in Cooperazione Internazionale e Sviluppo presso La Sapienza Università di Roma; Alessandro Spano, docente di economia aziendale – Università di Cagliari; Enrico Lobina della Fondazione Sardinia; Graziella Pisu, esperta fondi strutturali europei, già direttore Centro di Programmazione RAS; Umberto Allegretti, professore emerito di diritto pubblico – Università di Firenze; Andrea Soddu, sindaco di Nuoro. Coordinano Roberto Loddo de il manifesto sardo e Franco Meloni di AladinPensiero.
Sono 209,9 i miliardi di euro destinati dall’Unione Europea all’Italia sul Recovery Fund (denominazione ufficiale Next Generation EU), da spendere entro il 2026, a cui si aggiungono i fondi strutturali europei (e per ciascun anno quelli ordinari di bilancio) sia residui, sia i nuovi della programmazione 2021-2027 (questi ultimi da spendere entro il 2029). Gli interventi programmabili in precisi progetti devono rispondere ai criteri stabiliti dalla Commissione e dal Parlamento europeo, declinando su 6 “missioni” fondamentali i 17 macro obbiettivi di sviluppo sostenibile fissati nell’Agenda Onu 2030, pienamente recepiti dall’Unione Europea. Le sei missioni sono: 1. Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura; 2. Rivoluzione verde e transizione ecologica; 3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile; 4. Istruzione e Ricerca; 5. Inclusione e Coesione; 6. Salute.
L’Italia non è in ritardo rispetto alla programmazione dei fondi (i piani devono essere presentati alla Commissione europea entro il 30 aprile 2021) stante il fatto che il precedente governo Conte aveva licenziato un’ipotesi di Piano (PNRR) il 12 gennaio u.s.: un documento ben strutturato, tuttavia incompleto e carente nell’individuazione dei percorsi attuativi; soprattutto privo del consenso delle Regioni, degli Enti locali e delle parti sociali, che sono indispensabili rispetto ai buoni esiti complessivi. Il governo Draghi apporterà i necessari correttivi nelle direzioni citate. Ne siamo certi, anche se non conosciamo ancora in quale misura lo farà.
A proposito della gestione e della spendita dei fondi, nutriamo fondate preoccupazioni sull’efficienza degli apparati ai quali compete l’operatività. De Gaulle, o forse ancor prima Napoleone, diceva “l’intendenza seguirà”, nel senso che alle decisioni politiche devono necessariamente seguire quelle attuative. Ecco, anche su questo versante, stante l’esperienza del passato, non possiamo essere tranquilli. C’è molto da correggere, in tutti gli ambiti interessati e a tutti i livelli. E in Sardegna? I problemi sono analoghi, con una dose di maggiore criticità.
Non sappiamo ancora di quanti fondi potrà disporre la Sardegna. Si parla di oltre 7 miliardi di euro, con le ulteriori aggiunte (fondi strutturali e di bilancio), sempre riferiti alla programmazione 2021-2027. Sui due versanti, quello della programmazione e quello della gestione, occorre impegnarsi, in misura molto più rilevante di quanto già si sta facendo. Occorre cambiare passo per tutti i diversi aspetti, ricercando e praticando la massima unità possibile tra le forze politiche tra di loro, le istituzioni e le parti sociali. Un po’ sul modello proposto (o imposto) da Mattarella-Draghi, che speriamo abbia successo. Dobbiamo mettere mano all’adeguamento della struttura gestionale, richiamando all’esercizio di forte corresponsabilità i pubblici impiegati, a tutti i livelli. E chiamando i cittadini, singoli e organizzati, a un forte coinvolgimento, nelle forme più avanzate della sussidiarietà.
Di tutto questo ci occuperemo in una serie di webinar, organizzati da il manifesto sardo e da Aladinpensiero (e altri media che si aggiungeranno), a cui parteciperanno politici, sindacalisti, esperti, funzionari pubblici, esponenti del mondo economico, della cultura, del terzo settore e volontariato, operatori della comunicazione. La NGEU è un’occasione che sarebbe drammatico perdere. Ma noi siamo gramscianamente ottimisti.
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