America, America
IL PROCESSO A TRUMP, UN INSULTO ALLA COSTITUZIONE
di Marino de Medici
Mai prima d’oggi una pietra miliare della costituzione americana, il Primo Emendamento, era stato invocato con una causale tanto assurda quanto quella che il presidente Trump aveva il diritto, in base a quell’emendamento, di denunciare l’esito delle elezioni e di sollecitare i suoi sostenitori a protestare contro i presunti brogli elettorali. I fatti sono ben noti. In un discorso dinanzi alla Casa Bianca, Trump aveva affermato che l’elezione di Biden era la conseguenza di “un furto” ed aveva incitato i dimostranti a marciare sul Campidoglio dove era in corso la certificazione finale del risultato elettorale. [segue] L’assalto di una massa di attivisti, tra i quali elementi armati, culminava in aspri scontri all’interno degli uffici del Congresso causando la morte di cinque persone, tra cui un poliziotto, ed il ferimento di quasi un centinaio di agenti. Oltre che sul fittizio diritto del presidente di incoraggiare le proteste, gli avvocati difensori di Trump sostenevano che non poteva essere condannato in quanto la costituzione non permette l’impeachment di ex presidenti. Per contro, gli accusatori di Trump avevano buon gioco nel segnalare che la condotta illegale del presidente era avvenuta quando egli era ancora in carica. Non esiste una “eccezione di Gennaio” – avvertivano I leader della Camera dei Rappresentanti – che permetta al presidente di abusare del potere nei giorni finali del suo mandato senza dover rispondere di una grave imputazione. Quanto al Primo Emendamento, richiamavano l’attenzione sul fatto che Trump era reo di incitamento al crimine nei confronti dei suoi avversari al Congresso. In nuce, il processo di impeachment non mirava a punire il presidente per una “opinione politica impopolare”, protetta dal Primo Emendamento, ma per il criminoso incitamento all’insurrezione contro il governo.
La battaglia legale attorno al secondo impeachment di Donald Trump ha un esito scontato, l’assoluzione, per il semplice fatto che mancherà il concorso di voti di senatori repubblicani. Il processo senatoriale ha una duplice funzione politica per gli accusatori democratici, quella di dividere ulteriormente il partito repubblicano e di mantenere la malefica immagine di Trump nello scenario elettorale del 2022. Il presidente Biden ha avuto l’accortezza di non pronunciarsi sull’aspettativa di una assoluzione di Trump al termine del processo di impeachment. Lo ha fatto per una buona ragione, la priorità degli sforzi volti ad ottenere l’approvazione unilaterale del programma di soccorso economico dalla devastazione del Covid-19. Biden spera che sia la carta vincente nella prossima partita elettorale con il partito repubblicano che oggi rifiuta ogni accomodamento finanziario per aiuti ai cittadini, molti dei quali all’orlo della fame, ed alle imprese in forte disagio.
Democratici e repubblicani sono d’accordo su almeno un aspetto del processo, quello di fare in fretta. Nei due giorni di confronto legale, gli avvocati delle due parti avranno sedici ore ciascuna per presentare i loro argomenti. Si passerà quindi agli interrogatori della durata totale di quattro ore. Fino adesso, i manager delle due parti non hanno annunciato l’intenzione di chiamare testimoni. I democratici sostengono che non sono necessarie testimonianze perchè i fatti sono accertati, a cominciare dall’incitamento di Trump all’assalto al Campidoglio, e ampiamente documentati dai copiosi video. Un senatore democratico ha calcato sul semplice fatto che il pubblico americano ha visto tutto in presa diretta della televisione. Rispetto al primo procedimento di impeachment, in cui Trump era accusato di aver esercitato pressioni sul primo ministro ucraino affinchè coinvolgesse il figlio di Biden in un presunto illecito, questa volta gli americani non erano chiamati ad interpretare una ingarbugliata vicenda politico-finanziaria. In quel procedimento, i democratici avevano tentato vanamente di introdurre testimonianze circa le illegali sollecitazioni di Trump su un governo straniero, ma i repubblicani si erano opposti.
Di nuovo c’è il fatto che lo stesso presidente Biden ha fatto sapere che non dedicherà molto tempo al processo di impeachment. In pratica, Biden non fa che condividere il giudizio della leadership democratica del Congresso secondo cui esiste l’obbligo di comunicare ai futuri presidenti che non possono contare sull’impunità per i crimini previsti dalla costituzione. Per i democratici valgono due ordini di considerazioni. La prima è di non intralciare l’opera legislativa che punta a stanziare 1,9 trilioni di dollari per il pacchetto di soccorso economico con uno stratagemma legislativo che aggirerà un “filibuster” ossia l’ostruzionismo repubblicano. La seconda è quella di mantenere una dinamica di costante condanna dell’ex presidente che consente di mantenere e possibilmente accrescere l’unità del partito democratico e al tempo stesso di sospingere il corso auto-distruttivo del partito repubblicano.
La risposta a coloro che chiedono “perchè procedere con un processo che finirà con un’assoluzione?” è che nel lungo corso storico gli americani ricordino che per due mesi Trump ha accanitamente mentito sostenendo di aver vinto le elezioni per poi ricorrere ai proclami di piazza nell’intento di impedire l’omologazione congressuale del risultato. La conoscenza dei fatti è tanto più necessaria in quanto gli estremisti del partito repubblicano hanno fatto di tutto per intorbidare le acque affermando tra l’altro che l’insurrezione del 6 Gennaio era opera degli “antifa” e di altro elementi radicali. Nel momento in cui il processo di impeachment prende le mosse, solo il 15 per cento dei repubblicani ritiene che Trump sia colpevole dell’accusa di incitamento all’insurrezione. In altre parole, accettano come inevitabile l’impunità di un presidente che sarebbe certamente condannato in un giudizio normale ma non lo sarà in uno politico dove non più di due o tre senatori repubblicani avranno il coraggio di votare per la sua condanna. Ad un osservatore attento non può sfuggire il fatto che i senatori repubblicani non dicono che Trump è innocente ma si aggrappano a giustificazioni ancorate ad una falsa interpretazione della costituzione. Una conclusione è chiara e lampante: il processo di impeachment di Donald Trump non terminerà con una condanna ma chiarirà dinanzi alla storia il danno da lui arrecato alla costituzione che aveva giurato di proteggere e difendere.
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