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BIDEN E UN NUOVO MODO DI GOVERNARE
di Marino de Medici
L’amministrazione democratica di Joseph Biden è partita con il piede giusto, quello dei rinnovamento e dell’unità, ma il compito di governare l’America resta in parte compromesso da Donald Trump. Governare il Paese in una congiuntura politica per molti versi drammatica sarà arduo, per molti versi paragonabile al mandato di Abraham Lincoln agli albori della guerra civile e di Franklin Delano Roosevelt alle prese con la Grande Depressione. Con tutta la buona volontà e il senso di equilibrio di Joe Biden, ci vorrà tempo e una fortunato dinamismo per governare una nazione disastrata da un pandemia che ha fatto 400.000 morti e sconvolta dalle violenze scatenate da una presidenza che ha fatto scempio di norme costituzionali e tradizioni politiche di lunga data.
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Per encomiabile che sia l’appello di Biden all’unità nazionale, che Joe ha fatto con toni patriottici prima ancora che morali, il nuovo presidente dovrà scalare
una montagna al congresso, dove i democratici dispongono di una risicata maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, mentre al senato si affidano ad una maggioranza aleatoria (con 50 senatori per parte) che possono far valere con il voto della vice presidente Harris. Joe Biden, in pratica, potrà svolgere la sua azione legislativa alla maniera delle democrazie parlamentari, quasi tutte europee, dove il capo del governo deve ricorrere a coalizioni ad hoc, su questioni specifiche. Ciò spiega la deferenza del neo presidente nei confronti di esponenti repubblicani presenti alla cerimonia di insediamento ed in modo speciale verso il vice presidente uscente Pence, che ha sostituito Donald Trump dopo che questi ha abbandonato la Casa Bianca con la coda tra le gambe. Il presidente Biden ha un vantaggio, quello di conoscere bene i senatori repubblicani, a cominciare da Mitch McConnell, che per molti anni sono stati suoi compagni di viaggio al Campidoglio. L’ex leader della maggioranza repubblicana al senato è un’araba fenice in questa delicata fase di transizione del potere. Le possibilità di varare provvedimenti economici
e sociali di grande urgenza dipende molto da come agirà da leader della minoranza effettiva. Il primo, fondamentale segnale verrà nei prossimi giorni, quando il senato darà corso al giudizio di impeachment nei confronti di Donald Trump. Una dichiarazione esplicita di colpevolezza emessa da McConnell potrebbe calamitare i sedici senatori repubblicani necessari per la condanna di Donald Trump. Questo obiettivo, fortemente voluto dai democratici, costituirebbe la base per escludere l’ex presidente da qualsiasi candidatura politica nel futuro.
Per quanto possa essere sottaciuto, un fattore di volta in volta decisivo sarà una forte dose di opportunismo nell’azione politica di Joe Biden al fine di creare maggioranze congressuali transeunti basate sulla disponibilità di fazioni diverse ad approvare questa o quella misura specifica di legge. Biden sa bene che McConnell è il capo repubblicano che ha costantemente
sabotato le proposte del presidente Obama dopo aver proclamato agli inizi che avrebbe fatto di lui un presidente da singolo mandato. Di fronte ad un
fatto memorabile, l’autodistruzione di Donald Trump e della sua caduca presidenza, McConnell sarà costretto a giocare una partita diversa con l’amministrazione democratica, avallando secondo le circostanze sprazzi
di politica bipartitica. Un campo che si apre oggi a questa evoluzione è certamente quello della politica estera che va urgentemente recuperata dopo la sistematica distruzione degli impegni internazionali dell’America ad opera di Trump.
Per quanto non pochi osservatori stranieri si sentano in dovere di discettare su presunte insanabili fratture della democrazia americana, una presidenza politicamente astuta avrà modo di contemperare le diversità di pensiero e di fede politica su questioni che non possono più essere ignorate, in primis quelle che coinvolgono gli interessi nazionali. Joe Biden è anziano ma anche esperto delle idiosincrasie del congresso sulle quali può far leva per negoziare convergenze legislative. In poche parole, Biden non e’ uomo da “sell short” ossia non va sottovalutato come molti fanno. Certamente si sforzerà di assumere un ruolo centrale in una nuova esperienza politica di rinnovamento negli Stati Uniti. Ha dalla sua parte un’eccellente schieramento di ministri e tecnici tra i quali si distingue la Segretaria al Tesoro Janet Yellen.
Paradossalmente, Biden ha un vantaggio al senato, il fatto che un discreto manipolo di senatori repubblicani ha rotto con Donald Trump a motivo della sua protervia nel punire chiunque esprimesse opinioni contrarie ai dettami trumpiani. Senatori come Ben Sasse, John Thune, John Corney, Susan Collins e Pat Toomey hanno deplorato gli eccessi della presidenza Trump e, nell’ultima fase,
le violenze istigate dallo stesso Trump nell’assalto al Campidoglio. Le avvisaglie di una risorgente “bipartisanship” ossia di collaborazione bipartitica erano affiorate con il superamento del veto presidenziale a proposito della legge sulla difesa,
avversata da Trump anche perché disponeva che le basi militari cessassero di portare il nome di generali sudisti.
È del tutto probabile che la presidenza Biden riesca a portare nelle aule del congresso proposte di legge che risolvano il persistente problema della politica immigratoria. Biden ha già preso posizione a favore di una revisione di tale politica, dalla concessione di uno status legale ai cosiddetti DACA (i giovanissimi entrati illegalmente) alla tolleranza verso undici milioni di illegali che potrebbe essere ammessi ad un percorso verso la legalizzazione di residenza. Mentre l’immigrazione resta un tema scottante, in cui la politica discriminatoria di Trump ha in realtà riscosso una forte misura di appoggio, un altro campo dove è possibile dar corso alla convergenza bipartitica è quello delle infrastrutture, circa le quali Trump ha promesso molto e realizzato praticamente nulla.
Il rinnovamento che molti esponenti auspicano è cosa ben diversa dall’’unità su cui ha insistito Biden nel suo discorso inaugurale. Sarà difficile infatti conseguire in tempi brevi l’obiettivo di unità nel Paese dove Trump ha esacerbato le divisioni sociali ed il confronto ideologico. Quanto meno, però, è sperabile che molti americani accettino l’invito di Biden a “cominciare a parlarsi tra loro”.
L’appello di Biden verrà ricordato per questa frase: “Dobbiamo porre fine a questa guerra incivile che schiera i rossi contro i blu, i conservatori contro i liberali, le zone rurali contro quelle urbane”. Donald Trump non si era mai preoccupato di chiudere tale guerra incivile ma aveva anzi provocato una nuova specie di “guerra civile”. Tra i molti ostacoli che Biden deve affrontare vi è quello di far valere le
norme sanitarie anti-Covid 19 negli stati cosiddetti “rossi”, con i pertinenti obblighi a portare le mascherine ed a rispettare le distanze, oltre che a condurre test e controlli di contatti. Il rinnovamento che verrà aperto da Biden si farà più credibile in concomitanza con l’avvento di proposte di riforma congegnate per riscuotere approvazione da parte di tanti americani esausti per la falcidia del virus e la conflittualità sociale e politica.
L’azione esecutiva di Joe Biden è già cominciata con l’ordine presidenziale che ripristina la partecipazione agli accordi per il clima di Parigi. Gli Stati Uniti erano l’unico Paese fuori del patto. È proprio vero insomma che il buon tempo si vede all’alba della presidenza Biden.
Non resta che augurarsi che conduca all’approvazione del piano di soccorso anti-Covid 19 che prevede la spesa di 1,9 trilioni di dollari. L’America, anche
quella che non ha votato per Joe Biden, lo aspetta con un nuovo senso generale di ritrovata fiducia.
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