America, America
UNA INAUGURAZIONE FORTIFICATA
di Marino de Medici
La capitale degli Stati Uniti Washington è una città in stato di assedio.
Venticinquemila soldati armati della Guardia Nazionale sono dislocati nel Campidoglio e nella grande “mall” ai suoi piedi, completamente chiusa al pubblico da una lunga rete di protezione alta due metri e sovrastata da filo spinato in fisarmonica. Quando scoccherà l’ora fatidica di mezzogiorno per il giuramento del nuovo presidente Joe Biden, Donald Trump non ci sarà. Durante la mattinata, avrà lasciato la base aerea di Andrews con l’ultima dimostrazione del suo vile narcisismo con cui ha predisposto una cerimonia di addio con tanto di drappello d’onore in alta uniforme, una bordata di ventuno colpi di cannone ed uno schieramento di militari rappresentanti i servizi delle forze armate. La cerimonia di saluto di colui che passerà alla storia con il peggiore presidente degli Stati Uniti d’America avrà carattere militare perché a poche ore dal tanto atteso mezzogiorno Trump sarà ancora tecnicamente presidente in carica. [segue] Potrà quindi usufruire dell’aereo presidenziale senza chiedere il permesso al nuovo presidente. Di fatto, lascerà la Casa Bianca senza aver aver “concesso” l’esito dell’elezione di Joe Biden a nuovo presidente e disertando la cerimonia di insediamento che è da secoli uno dei momenti più celebrativi nella vita della democrazia americana. A parte la sua farsesca uscita, Donald Trump entrerà nella storia per il malgoverno e la malvagia improntitudine con cui ha sovvertito il rispetto della costituzione, i patti internazionali e le tradizioni politiche dell’America.
Lo accompagnerà alla sua sfarzosa dimora di Mar-a-Lago in Florida la moglie Melania, che lascia anch’essa alla storia la meschina immagine di una First Lady che ha saputo distruggere il giardino delle rose creato da Jackie Kennedy per creare un orticello, lamentandosi del mancato rispetto che ha ampiamente meritato. Quanto al marito, la storia della presidenza Trump non si concluderà a mezzogiorno del 20 Gennaio perché il Senato è chiamato a decidere nel giudizio cui Trump verrà sottoposto in forza degli articoli di impeachment votati dalla Camera dei Rappresentanti. La possibilità di un ultimo insulto alla figura del presidente republicano è legato al voto di 17 senatori repubblicani, che insieme ai senatori democratici assicurerebbero la maggioranza necessaria per la condanna del presidente. Al suo arrivo in Florida l’ex presidente riceverà cattive notizie sull’incipiente sgretolamento della sua popolarità in campo repubblicano. Il suo quoziente di approvazione, stando al Pew Research, è precipitato al 29 per cento dopo la violenta presa del Campidoglio istigata dal presidente.
Solo il 60 per cento dei repubblicani si pronuncia ora a favore di Trump, un vero crollo rispetto al picco dell’oltre l’ottanta per cento. E’ un pessimo segnale per il partito avviato ad una netta spaccatura tra coloro che non cesseranno di appoggiare Trump e un settore di repubblicani che intendono archiviare una presidenza distruttiva. Per il momento, non sembra che i promotori dell’impeachment possano contare sui voti di diciassette senatori repubblicani. Ma la partita al Senato non sarà breve e sarà aperta a colpi di scena, ed in modo speciale alle decisioni di Mitch McConnell, che da leader della maggioranza repubblicana al Senato diventa leader della minoranza.
Molto dipendera’ dalla percezione da parte della pubblica opinione del pericolo che la nazione ha corso quando una banda di facinorosi trumpisti ha inscenato l’insurrezione negli edifici parlamentari. Le testimonianze raccolte da più parti e le intense indagini delle agenzie di ordine pubblico tratteggiano un evento drammatico che avrebbe potuto portare all’uccisione del vice presidente Pence e di molti parlamentari sorpresi dall’esplosione dell’ira
di una massa di trumpisti violenti. La prova e’ nelle armi – tra cui bombe Molotov – di cui disponevano. Resta da vedere quanti repubblicani finiranno col giudicare inaccettabile il comportamento criminoso del presidente ed in particolare il suo incitamento a “lottare, lottare con forza infernale altrimentinnon avrete piu’ una nazione”.
La giustizia nel frattempo continua a macinare pesanti capi di accusa contro i partecipanti all’assalto al congresso. I giudici istruttori hanno catalogato i fatti come “una insurrezione violenta che tentava di rovesciare il governo degli Stati Uniti”. Finora sono stati operati cento arresti. C’e’ anche un aspetto
rilevante, che le forze di polizia hanno ricevuto piu’ di 140.000 imbeccate da parte di cittadini che avevano riconosciuto gli assalitori dalle immagini televisive. Ed ancora, vari membri della Camera dei Rappresentanti sononsottoposti ad indagine per una presunta connivenza con i facinorosi trumpisti.
Per loro si prospetta una incriminazione e il rinvio a giudizio.
In conclusione, non sara’ facile eliminare il movimento MAGA (Make America Great Again) che ha diramazioni in tutta l’America attraverso raggruppamenti più o meno violenti, che vanno dalle milizie ai Proud Boys, dai molteplici teorici delle cospirazioni alla setta dei congiurati QAnon. Molti dei nuclei
che predicano violenza hanno gia’ fatto sapere di non attenersi all’invito alla calma emesso in maniera poco risoluta dal presidente Trump. Per ultimo, i democratici intendono resolvere una questione che considerano cruciale, quella di impedire a Donald Trump di presentarsi candidato, non importa per quale mandato. Una condanna al termine dell impeachment conterrebbe una simile proibizione. Se non dovesse passare, c’è sempre la possibilità di un voto di esclusione dai pubblici uffici a maggioranza semplice. Un voto unilaterale al congresso potrebbe essere contestato e dibattuto per mesi proprio quando il neo presidente Biden dovrà concentrare i suoi sforzi sull’approvazione del pacchetto legislativo di soccorso dal valore di 1,9 trilioni di dollari. Questo è nell’interesse di tutti gli americani, trumpisti inclusi. Non resta che sperare che un numero crescente
i “trumpisti light” (leggeri) riconosca che un demagogo tossico come Donald Trump non ha diritto ad una seconda “chance”.
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