America, America
LA FINE DELLA “CARNEFICINA” AMERICANA
di Marino de Medici
“La carneficina americana si ferma qui e si ferma adesso”, dichiarò il neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel suo discorso inaugurale del 20 Gennaio 1917. La vera “carneficina”, purtroppo, cominciava proprio quel giorno e non si fermava per quattro anni, finché l’insurrezione incitata dal presidente Trump non spingeva gli Stati Uniti verso il baratro di uno sfacelo della democrazia americana. L’assalto al Campidoglio di migliaia di facinorosi trumpiani era più che la goccia che fa traboccare il vaso. [segue] Di fatto, era la fatale conclusione del perverso tentativo del presidente repubblicano di delegittimare l’elezione di Joseph Biden a presidente, nel completo disprezzo delle norme costituzionali che dettano il trapasso dei poteri. L’accusa di abuso di poteri, che figura nel nuovo procedimento di impeachment che sta per essere avviato alla Camera dei Rappresentanti, è solo una delle imputazioni che possono essere mosse all’operato del presidente Trump. Quella di negligenza e incompetenza dinanzi al dilagare della pandemia del Covid-19 è di una gravità di poco al disotto dell’abuso di poteri. Un’altra ancora è la frode commessa dall’amministrazione nell’elargire miliardi di dollari ad aziende ed entità finanziarie che non avevano alcun titolo per attingere agli stanziamenti di soccorso, come ha denunciato il presidente eletto.
Tale e tanto è il gravame dei misfatti dell’amministrazione Trump che sono molti in repubblicani che sentono il dovere di dissociarsi dal presidente mentre sono in tempo a farlo, vale a dire entro mezzogiorno del 20 gennaio.
Il repubblicano sul quale pesa maggiormente il compito di troncare i rapporti con il presidente è il Vice Presidente Pence, sottoposto a forti pressioni del
partito democratico, ed in modo speciale della Speaker della Camera Pelosi, perchè dia corso al 25esimo Emendamento della Costituzione per la destituzione del
presidente. Il problema è che un tale drastico intervento richiede il concorso di una maggioranza dei membri del gabinetto. In aggiunta, i tempi sono troppo
ristretti. Lo sono, per la verità, anche per il secondo procedimento di impeachment. Ma i democratici che controllano la Camera possono accelerare la messa in stato di accusa forzando i tempi del dibattito al comitato giudiziario e sottoponendo immediatamente la questione alla decisione in aula. In questa circostanza potrebbero contare su non pochi voti repubblicani, probabilmente vicini al centinaio. Dopodichè la questione passerebbe al vaglio del senato, che lo scorso anno non ha approvato la mozione di impeachment in quanto la maggioranza repubblicana ha fatto fronte compatto a favore di Trump. Ma ora si gioca una partita tutt’affatto diversa con diversi senatori repubblicani disgustati dalla condotta di Donald Trump. Vale peraltro la pena di segnalare che anche in questo caso molto dipende dal comportamento del Vice Presidente Pence.
Il tempo stringe per una precipua ragione, segnalata dagli esperti, l’urgenza di estromettere Trump in tempo per evitare una sua mossa sconvolgente in materia di sicurezza nazionale. La Speaker della Camera ha rivolto un drammatico appello al capo degli Stati Maggiori Riuniti Generale Mark Milley affinché blocchi il potere presidenziale di impiego di armi nucleari. Al che il generale ha risposto nell’unica maniera possibile, che l’impiego di tali armi è condizionato da “misure di garanzia”. In altre parole, Trump non avrebbe modo di far valere la sua autorità in materia.
Un’altra possibilità nella feroce campagna anti-Trump di Nancy Pelosi è quella di avviare l’impeachment al Senato all’indomani dell’assunzione di potere da parte del presidente Biden, ossia in pratica dopo la conquista democratica della maggioranza alla camera alta. Il senato sarà composto infatti di 50 senatori democratici ed altrettanti repubblicani ma il voto decisivo spetterà al Vice Presidente Harris. C’è un altro fattore di cui va tenuto conto: Biden ha già dichiarato che la lotta contro il Covid-19 è prioritaria anche rispetto ad un eventuale procedimento di impeachment.
La ragione è presto detta: Biden teme che l’impeachment finirebbe con l’aggravare la profonda frattura nazionale generata dalla presidenza Trump con la conseguenza di complicare profondamente l’opera di risanamento dello spirito nazionale che Biden intende svolgere senza perdere altro tempo. Vi è poi un altro aspetto che va valutato: il ruolo del presente leader repubblicano del senato, Mitch McConnell, che è decisamente contrario ad un nuovo processo senatoriale del presidente in carica per pochi giorni.
In conclusione, Joe Biden ha già rivolto una specie di discorso inaugurale agli americani, insistendo sulla necessità di tornare al più presto alla normalità e di assicurare lavoro ai milioni di americani che sono costretti a fare la fila in auto, in attesa di ricevere pacchi alimentari di soccorso. Proprio oggi, ha avvertito il presidente eletto, è stato annunciato che 140.00 americani avevano perso il lavoro dopo un lieve recupero dell’occupazione.
Ed ancora, se qualcuno dovesse dubitare delle convinzioni moderate e degli istinti pacificatori di Joe Biden, va preso atto di quanto egli ha detto a proposito del Vice Presidente Pence, che sarebbe “onorato” della sua presenza alla cerimonia di insediamento. Donald Trump ha fatto sapere che non ci sarà ed oggi ha aggiunto che non si dimetterà. Se Nancy dovesse prevalere, Donald Trump sarà estromesso in malo modo dalla presidenza senza possibilità di candidarsi nuovamente alla Casa Bianca.
Ma questo è ormai un fatto compiuto, ed altrettanto si può affermare del giudizio che circonderà la “carneficina” rappresentata dalla presidenza Trump. Resta solo un dubbio, se Trump verrà rinviato a giudizio. Molti giudici istruttori già lavorano con questo intento e molti americani se lo augurano.
Lascia un Commento