America, America
BIDEN PRENDE IN MANO LE REDINI
di Marino de Medici
Mai prima d’ora un presidente eletto si era impadronito della scena nazionale scalzando un presidente “anatra zoppa”, come è avvenuto nel contesto della campagna volta a contenere una vera strage di americani dovuta al Covid-19.
Il presidente eletto Joseph Biden ha rapidamente installato un gruppo di esperti virologi ed epidemiologi per attuare una strategia di sanità pubblica che il presidente Trump non ha mai voluto o saputo concepire. Tra l’altro, Biden ha chiesto al dottor Anthony Fauci di partecipare alla campagna anti-virus in qualità di “capo consigliere medico”. Mentre Biden prendeva in mano le redini di quella strategia, in una giornata in cui 2.800 americani soccombevano al morbo, il presidente era impegnato in tese discussioni alla Casa Bianca sulla concessione di un gran numero di “pardons” volti a mettere al sicuro da accuse federali, ma non civili, le figlie, il genero ed una consorteria di fedelissimi consiglieri, primo fra tutti Rudy Giuliani, e sicofanti di varia estrazione.
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Per qualche tempo i democratici hanno temuto che Donald Trump fosse intenzionato a ordire l’equivalente di un colpo di stato. Di fatto, il presidente uscente è posseduto dall’ossessione di ribaltare l’esito della consultazione elettorale con una nevrotica sfilza di ricorsi alla magistratura che vengono puntualmente respinti per mancanza di minime prove. Ben sapendo che i suoi giorni alla Casa Bianca sono contati, Donald Trump si preoccupa di accumulare fondi per la sua eredità politica, che è moralmente marcia. A questo fine, ha inviato una mole di richieste di contributi finanziari per la sua difesa legale, facendo leva su donazioni di scarsa entità da parte di milioni di sostenitori della sua base. In realtà, sono soldi che non finiscono affatto in un fondo legale ma direttamente nelle tasche del presidente attraverso un PAC (political action committee) destinato a finanziare future attività politiche. Fonti della sua campagna elettorale fanno sapere che fin ad oggi sono stati raccolti 207 milioni di dollari. I PAC agiscono con poche restrizioni ai termini delle leggi che regolano i finanziamenti elettorali e funzionano in pratica da salvadanai per politici poco onesti. Trump sarà libero di usare quei fondi per finanziare i suoi affari e pagare se stesso e la sua famiglia.
Fra i tanti interrogativi, quello che predomina è il sospetto che Trump stia gettando le basi per una candidatura alla presidenza nel 2024. Alcuni opinano che l’annuncio potrebbe venire il giorno stesso dell’inaugurazione del presidente Biden, alla quale Trump non avrebbe alcuna intenzione di intervenire per sfregio a Biden e come conferma proprie intenzioni. E’ noto che vari presidenti sconfitti hanno cercato di farsi rieleggere dopo la stasi costituzionale
di quattro anni. Uno solo c’è riuscito, Grover Cleveland, che perse la consultazione del 1888 ma conquistò un secondo mandato nel 1892. L’ipotesi del tentativo di rielezione poggia su alcuni fatti: primo, sul numero di elettori – 75 milioni – nell’elezione del 3 Novembre, il più alto nella storia americana, inferiore a quello di Biden che ha riscosso sei milioni e mezzo di voti in più. Secondo, la previsione che Trump non avrebbe difficoltà nel prevalere in un’elezione primaria del GOP repubblicano. Terzo, da narcisista egocentrico, Donald Trump è apparentemente ossessionato dalla prospettiva di assicurarsi un posto nella storia con un grande ritorno alla Casa Bianca. Detto questo, Trump potrebbe aver deciso di lasciare la politica americana in uno stato di “suspense” nell’evenienza di un annuncio formale di candidatura che gli garantirebbe la prominenza sul piano nazionale ed una fertile raccolta di contributi finanziari.
Per contro, sono due le riflessioni che sorgono a discapito di una seconda candidatura: primo, i giovani leoni del GOP stanno cominciando a far sentire il loro ruggito con cui dimostrano di non condividere una strategia politica basata su spaccature sociali e comportamenti distruttivi. Secondo, è scontato che da cittadino privato Trump dovrà vedersela con Cyrus Vance Jr., il Procuratore Distrettuale della Contea di New York, il quale intende elevare una messe di accuse all’ex presidente, attinenti ai profitti illegali di sue proprieta’ come l’Hotel Internazionale. A suo tempo, l’Attorney General dello stato di New York Barbara Underwood aveva disposto la chiusura della Donald J. Trump Foundation nel Giugno del 2018 a motivo di un “impressionante modello di illegalità” commesse da Trump e dai suoi figli Ivanka, Eric e Donald Jr. Tra i capi d’accusa figuravano la richiesta di donazioni senza l’autorizzazine prevista per fondazioni non a fini di lucro, la cattiva gestione di fondi destinati ai reduci di guerra, l’illegale coordinazione di pagamenti destinati alla campagna elettorale di Trump e l’impiego di fondi della Fondazione per il regolamento di dispute che coinvolgevano l’Organizzazione Trump.
La lista di illegalità regolamentari e irregolarità fiscali dell’Organizzazione Trump è un volume senza fine. In particolare, le indagini vertono su detrazioni illecite e pagamenti ingiustificati a consulenti dell’Organizzazione Trump. Su Trump e i suoi figli gravano tuttora accuse e sospetti di malversazioni sulle quali il Procuratore Vance intende far luce avvalendosi delle dichiarazioni fiscali che Trump si ostina a negare. Dopo la sua uscita dalla Casa Bianca è difficile che la Corte Suprema permetta a Trump di rifiutarsi di consegnare la documentazione fiscale.
La corte ha emesso un primo verdetto inconcludente, negando l’immunità “assoluta” richiesta da Trump ma incaricando le corti inferiori di esaminare più a fondo i subpoena ossia le citazioni del Procuratore e di vari comitati congressuali. In pratica, Trump l’ha scampata fino alle elezioni ma dopo il 3 Novembre non è più immune da citazioni criminali. La “litigation” andrà comunque per le lunghe ma Trump non può stare tranquillo sulla lunga mano della legge.
Resta in piedi la possibilità che Trump perdoni se stesso. Si tratta in apparenza di una mossa anticostituzionale che tra l’altro non solleverebbe il presidente dal rinvio a giudizio da parte di giudici non federali ma statali e locali. Tra questi si distingue per l’appunto il Procuratore Distrettuale Vance che ha al suo arco investigazioni per frodi bancarie e assicurative. Trump è giunto a sostenere di avere il “diritto assoluto di perdonare se stesso”. Al che costituzionalisti affermano che un tale diritto non esiste e che il presidente puo’ esercitare clemenza solo a beneficio di comuni cittadini perseguiti per reati federali. Un provvedimento di clemenza a beneficio di se stesso potrebbe in teoria immunizzarlo da reati federali ma lo esporrebbe al rischio di non poter invocare il diritto al Quinto Emendamento allo scopo di non testimoniare. In ultima analisi, sono questioni di lana caprina che inchioderebbero l’ex presidente nelle aule giudiziarie affondando ogni pretesa di un grande ritorno elettorale. Questo è solo uno dei fondati motivi per ritenere che Donald Trump non cercherà di perdonare se stesso. Resta semmai da vedere se e in quanti lo perdoneranno tra tutti quei settantaquattro milioni e passa che hanno votato per lui.
La grossa incognita comunque è se gli aspiranti presidenziali del partito repubblicano accetteranno di essere “congelati” dalla messa in scena della seconda candidatura.
Trump li ha già messi in guardia: “ci rivedremo tra quattro anni”. Ha detto al party natalizio alla Casa Bianca. Il suspense è in pieno svolgimento.
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