La storia nostra
La storia ufficiale? Falsa o mistificata.
di Francesco Casula
Ci voleva uno straordinario divulgatore scientifico come Mario Tozzi, in una trasmissione della TV di Stato, a risvegliare i Sardi dall’autodileggio.
Tozzi ci ha infatti ricordato che la Sardegna nel periodo nuragico ha espresso la più alta civiltà in Italia (e, occorre aggiungere, nell’intero Mediterraneo occidentale). Un Isola ricoperta di foreste. Con moltissime risorse: ad iniziare da quelle minerali (argento, rame, zinco). Con un clima mite. Con tre raccolti all’anno.
Peraltro assolutamente in sintonia e in linea con gli studi dei paleoclimatologi secondo cui nell’poca nuragica il clima era caldo umido con ampio sviluppo di flora lussureggiante di tipo tropicale e habitat favorevole alle specie animali.
Bene a fronte di tale “narrazione”, contro Tozzi, nei Media e nei Social, da parte di molti, sono state rivolte insolenze, improperi e contumelie. Quando non veri e propri insulti; reo di aver fatto “mitopoiesi” e non informazione storica. [segue]
A parer mio, tali “critici”, più opportunamente, avrebbero potuto (e dovuto) indirizzare i loro strali, verso ben altri obiettivi: nei confronti della storia “ufficiale”, quella sì mitizzata e, più spesso, falsa o comunque mistificata.
Penso solo a come viene narrata la storia romana nei testi scolastici.
E non mi riferisco alle fole sulla “fondazione” dell’Urbe, con le lupe, Romolo e Remo, Muzio Scevola e via via fantasticando.
Mi riferisco ai Romani apportatori (ed esportatori) di civiltà e di progresso, sempre vincenti vittoriosi ed eroici.
Come e da dove nasce tale “mitizzazione”?
In modo particolare da Tito Livio, la principale “fonte” storica per secoli e secoli, ma ohimè, ancora per l’oggi.
Livio intende la storia come diletto e ammaestramento che lo portano ad alterare le vicende storiche: di qui – per esempio – il prevalere degli interessi letterari e morali su quelli storici, soprattutto nella narrazione del periodo più arcaico.
Livio è persuaso che quella di Roma fosse una storia provvidenziale, una specie di «storia sacra», quella del popolo eletto dagli dei.
Deriva da questa convinzione la più attenta cura a far risaltare tutti gli atti e tutte le circostanze in cui la virtus romana abbia rifulso. Tutto ciò è chiaramente adombrato anche nel proemio della sua monumentale opera “Ab urbe condita” dove si insiste sul carattere tutto speciale del dominio romano, provvidenziale e benefico anche per i popoli soggetti: “Se a qualche popolo è opportuno permettere che circondi le proprie origini col fascino della sacralità e le attribuisca agli dei, è anche da rilevare che la maggior gloria del popolo romano in guerra è che, sebbene esso vanti particolarmente Marte come primogenitore suo e del suo fondatore Romolo, le nazioni della terra sopportino questo vanto con la medesima buona disposizione con cui si assoggettano al suo dominio”.
Di qui l’impegno politico che porta Livio ad esaltare i grandi valori etici, religiosi e patriottici dell’antica Roma sulla base del “Tu regere imperio populos, Romane, memento” (Ricordati, Romano, che tu devi dominare gli altri popoli) e del “Parcere subiectis et debellare superbis” (Occorre perdonare chi si sottomette e sterminare chi osa resistere).
Livio scrive dunque una storia “ideologica”, senza alcun rigore storico, con svarioni colossali e immani contraddizioni.
Ci penserà lo storico Santo Mazzarino in tre monumentali volumi sul “Pensiero storico classico” (Ed. Laterza) a demitizzare tale storia “sacra”, sostenendo, alla luce di un enorme cumulo di documenti, di scoperte e di ritrovamenti archeologici che buona parte della storia romana – quella insomma che si studia a scuola – è stata inventata spesso di sana pianta, dagli storici latini e dai cronachisti di quel periodo.
E ci penserà Ettore Paratore, che nella sua monumentale “Storia della Letteratura latina” (Sansoni editore), scrive, in modo impietoso, che “chi volesse farsi un’idea precisa delle campagne militari romane attraverso Livio, finirebbe per non capire nulla” (pagina 455).
Ma tant’è: dalle scuole elementari alle superiori continuiamo a studiare favole e fole ma polemizziamo con Tozzi perché ha raccontato una civiltà nuragica ricca avanzata e prospera: che evidentemente entra in rotta di collisione con la Sardegna nuragica, povera e arretrata dei Sardi autodileggiatori. E autolesionisti.
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