America, America
L’ULTIMA BATTAGLIA DI UN PRESIDENTE PERDENTE
di Marino de Medici
Il secondo, ed ultimo, dibattito televisivo tra il presidente Trump e il candidato democratico Biden è finito con la conferma che l’elezione del 3 Novembre sarà – come da sempre avviene negli Stati Uniti – un referendum sul presidente in carica.
Trump voleva farne un referendum sul suo sfidante, sulla falsariga della strategia con cui aveva preso di mira Hillary Clinton minacciando di “sbatterla dentro”. Questa volta Donald Trump non ha scalfito l’immagine di Trump come un politico moderato intento a mostrare empatia verso la massa di americani colpiti a fondo da una pandemia che il presidente repubblicano è stato incapace di contenere. Trump ha cambiato il suo approccio frenetico ed insultante (grazie anche alla felice innovazione del microfono spento) ma non e’ andato oltre la consueta rappresentazione di una visione alternativa della realtà, il modus operandi della catena ultra conservatrice Fox, dalla quale il Donald trae ispirazione.
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All’indomani del dibattito, una conclusione balza lampante: il dibattito non ha alterato il corso della contesa elettorale. Gli alleati di Trump speravano di aver costretto Biden a rifugiarsi in angolo dinanzi alle ciniche accuse di corruzione rivolte alla famiglia Biden.
L’accusatore in capo era l’ex sindaco di New York e “consigliere” presidenziale Rudi Giuliani, che svolgeva il suo compito attraverso oscure manipolazioni in Ucraina. Giuliani è un politicante che non gode di alcuna credibilità nel campo politico, salvo che presso
l’altoparlante ideologico della catena Fox. Le sue accuse, echeggiate da Trump, risultavano incomprensibili ed altamente sospette. In breve, Biden era in grado di schivare la velenosa pallottola di corruzione ed aveva buon gioco nel rinfacciare al presidente anni di contatti poco puliti con la Cina, rivelati dall’esistenza di conti bancari delle sue affiliazioni finanziarie.
La parola d’ordine di Joe Biden, sotto il riflettore del palcoscenico di Nashville, era semplicemente quella di non incorrere in scivoloni retorici come quelli commessi in passato. In generale, Biden è riuscito a mantenere un lucido equilibrio, salvo per qualche notazione, come quella di voler eliminare i sussidi alle compagnie petrolifere della Pennsylvania, uno stato cruciale per la conquista del Collegio Elettorale. Per Donald Trump, l’unica constatazione favorevole era quella di aver evitato un disastro psicologico in cui gli ascoltatori avrebbero preso atto dell’assoluta incapacità di presentare agli americani una scelta ragionata e persuasiva. Malgrado ciò, Trump continuava a perseverare diabolicamente sull’argomento secondo cui la pandemia del Covid 19 era stata gonfiata ad arte dai democratici. Le battute in proposito segnalavano la sua netta vulnerabilità anche se in parte limitavano il suo dissanguamento retorico.
Resta da notare che Trump continuerà a cavalcare la tigre di massicci comizi che non possono che accrescere i focolai di infezioni, anche in conseguenza dello sconvolgente rifiuto dei membri del suo “culto” di indossare le mascherine.
L’opinione di molti analisti sul comportamento di Trump è ovviamente centrale in funzione di un suo recupero da una posizione di grossa inferiorità nei sondaggi demoscopici. La si può riassumere in questi termini: Trump ha tenuto una condotta più misurata rispetto al primo dibattito, più specifica in ordine ai temi in discussione e soprattutto, meno insultante. Ma questo mutamento di “stile” è decisamente inutile quando il messaggio che Trump impartisce appare ancora una volta indirizzato a quella base di conservatori – evangelici, populisti, suprematisti ed esegeti anti-socialisti – che già conoscono a memoria il pensiero disgregatore di Donald Trump . Da parte sua, Joe Biden ha avuto un contraccolpo efficace dinanzi alle continue sfuriate anti-socialiste di Trump: “credo che ce l’abbia con qualcun’altro”, ha osservato. Il dibattito insomma non ha fatto altro che contrapporre la strategia di Biden ancorata a fatti comprovati
dinanzi alla costante rievocazione della filosofia trumpista che ricorda ai suoi seguaci le motivazioni del loro attaccamento alla causa. L’interrogativo attorno al quale ruotava il confronto di Nashville non poteva che essere quello della misura di un qualche successo di Trump nel cambiare l’atteggiamento di una parte dell’elettorato, e presumibilmente degli indecisi. Un simile esito appare inaffidabile per varie motivi tra i quali il fatto che al momento del confronto televisivo 49 milioni di americani avevano già votato.
La principale conclusione da trarre è che Donald Trump ha perso la presidenza per un motivo fondamentale, che la sua strategia del 2020 non poteva ripetere il sorprendente risultato del 2016 ancorato ad un manuale anti-Clinton intriso di misoginia, anti-elitismo e straripante populismo. Le deliranti accuse alla famiglia Biden di aver ricevuto tre milioni e mezzo di dollari dalla Russia non avevano alcuna presa mentre faceva effetto l’accusa di Biden a Trump di non aver reso pubbliche le sue dichiarazioni fiscali. “Cosa nascondi?” chiedeva Joe Biden. Ed ancora, Biden aveva facile gioco nel respingere un’altra accusa di Trump, secondo cui l’ex vicepresidente vorrebbe imporre la “medicina socializzata” invocata dal senatore Sanders. Biden non doveva far altro che segnalare di aver sconfitto durante le primarie gli aspiranti democratici favorevoli al “Medicare per tutti”. Se c’e’ una battuta per cui il duello verrà ricordato è la risposta di Joe Biden all’affermazione di Trump secondo cui l’America “ha girato l’angolo” nella pandemia ed ha imparato a “vivere con questa”. Di rimando, Biden commentava: “Lui dice che abbiamo imparato a vivere con
la pandemia. La gente ha imparato a morire con questa”. A Nashville, Donald Trump ha combattuto la sua ultima battaglia di presidente. Nulla di quel che Trump ha detto su quel palcoscenico può alterare la convinzione ormai prevalente che perderà.
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