Irriducibilmente antifascisti
Bauladu: Revocata la cittadinanza onoraria a Mussolini ricordando l’antifascista Dino Giacobbe
di Francesco Casula
In sintonia con la decisione della Corona de Logu, – l’assemblea degli amministratori locali indipendentisti – di portare nei Consigli Comunali della Sardegna la mozione per la revoca della cittadinanza a Mussolini, nei giorni scorsi, il Consiglio comunale di Bauladu,ha deliberato all’unanimità la revoca della cittadinanza onoraria conferita al dittatore fascista il 20 maggio 1924.
“La scelta di compiere questo atto ha solide motivazioni etiche e politiche, ha dichiarato il sindaco di Bauladu Davide Corriga, che è anche presidente della Corona de Logu.
Negli anni del ventennio furono completamente calpestati i valori di uguaglianza e di solidarietà, di pace e dell’esercizio dei diritti civili, sociali, politici ed economici, nonché la dignità degli individui, con discriminazione e persecuzione dei cittadini a seconda del sesso, della razza, della lingua, della religione, delle opinioni politiche e delle condizioni sociali”. [segue]
Per l’iniziativa è stata scelta la data del 27 settembre, a ricordare il 27 settembre del 1923, quando si svolse il primo processo ad un antifascista isolano, il sardista nuorese Dino Giacobbe, pluridecorato nella Prima guerra mondiale, delegato regionale dei Combattenti e prestigioso fondatore del Partito sardo d’azione insieme a Lussu e Bellieni.
Ecco come inizia l’antifascismo militante di Giacobbe. E’ lui stesso a raccontarcelo : “Il 24 maggio del 1923 ho un incidente nel Corso di Nuoro con Giovannico Ballero. Più tardi nella sezione Combattenti ho un secondo incidente col capitano dei CC Meloni. Una decina di giorni dopo alcuni fascisti (Porcherino e Patata) vengono bastonati e io sono arrestato sotto l’accusa di complotto. Nel mese di settembre si fa il processo e sono condannato per tre mesi di carcere per oltraggio all’arma. Per l’incidente della sezione dei Combattenti sono deferito al Consiglio di Disciplina della Divisione e radiato dai ruoli degli Ufficiali” 1.
Nell’estate del 1924 Giacobbe lascia il posto di ingegnere del Comune di Nuoro. Nel novembre assume servizio all’Ufficio tecnico della provincia di Cagliari. Ma deve lasciarlo due anni dopo (novembre del ’26) dopo l’arresto che subisce in occasione della manifestazione fascista per l’attentato Zamboni.
Nel gennaio del 1930 presta servizio all’Ufficio tecnico della provincia di Nuoro: ma è costretto a lasciarlo quando due anni dopo il prefetto si rifiuta di approvare la sua nomina per concorso.
Giacobbe sarà arrestato più volte. Ogni volta – mi ha riferito la figlia Simonetta – che arrivava un gerarca a Nuoro. In genere da fuori, ad iniziare dai Coinu e i Cualbu di Fonni.
A Nuoro capitò una volta che arrivano nella sezione sardista i fascisti: Giacobbe stende lo stendardo dei Quattro Mori e dice loro: andatevene o vi sparo. Più volte viene alle mani con i gerarchi nuoresi.
Nel maggio del 1937, Graziella Sechi, la moglie, e l’insegnante Mariangela Maccioni Marchi, vengono arrestate per aver espresso solidarietà e simpatia nei confronti di un giovane di Orgosolo, Giovanni Dettori, soprannominato Bande Nere, ammazzato mentre combatteva in Spagna contro i franchisti.
Graziella Sechi nell’interrogatorio in questura afferma ”E’ vero che in quella lettera manifesto simpatia verso Giovanni Dettori, morto combattendo fra i Rossi in Spagna. Io nutro simpatia verso tutti coloro che combattono per la propria fede. Mi dichiaro antifascista perché il fascismo non è un regime di libertà…”. Graziella resterà in carcere per 26 giorni, Angela per 39. Entrambe saranno poi diffidate e Angela sarà espulsa dall’insegnamento, nonostante dovesse mantenere e assistere la madre cieca. Sarà l’unica fra tutti gli insegnanti sardi contro cui il regime abbia adottato una misura così drastica: forse per la necessità di dare un esempio al combattivo ambiente dell’antifascismo nuorese, forse anche per colpire il prestigio che la Maccioni esercitava su molte amiche barbaricine, fra cui la sardista Marianna Bussalai, di Orani, che nonostante fosse più volte inquisita e perseguitata dalla milizia fascista, continuava a esaltare il Sardismo e la bandiera dei Quattro Mori e a mettere in ridicolo i gerarchetti fascisti locali con i suoi mutetos in Sardo:”Ite bella Nugòro/tottu mudada a frores/in colore ‘e fiama./ Ite bella Nugòro / solu a tie est s’amore/ ca ses sa sola mama / Sardigna de su coro. Viva sos Battor Moros/ in issos est s’ispèra / in issos est s’isettu. /Viva sos Battor Moros/ sa sarda bandera/ comente est in su pettus/est puru intro ‘e sos coros./Saludan’ sos sardistas /chin sa manu in su coro/ de sas iras fascistas / si nde ride’ Nugòro” 2.
Non contenti degli arresti e delle persecuzioni contro le due antifasciste nuoresi, il giornale della federazione fascista nuorese “Nuoro Littoria” scrive un articolo ingiurioso in cui arriva a chiamarle “due passionarie lesbiche”. Dino Giacobbe sfida a duello l’autore dell’articolo, il federale fascista Mario Canio e questo per tutta risposta lo fa arrestare. “Accetterà il duello più tardi – scrive Manlio Brigaglia – ma il prefetto proporrà che venga arrestato anche lui perché il duello è proibito dalla legge” 3.
Giacobbe sperimenta così la violenza degli attacchi sui giornali dopo il carcere e l’emarginazione economica e sociale: privato del suo impiego pubblico, ottenuto per concorso, il fascismo gli rendeva difficile anche l’esercizio della libera professione di ingegnere. A ciò si aggiungeva l’assillante sorveglianza fascista, che rendeva impossibile ogni gesto che non fosse di resistenza passiva. «La nostra capacità di sopportazione si è esaurita»., scriveva Dino in un suo diario. «ne concludo che con i mezzi legali l’Italia non potrà più scrollarsi la dittatura fascista: chi ne ha la forza deve andare a combattere il fascismo dove questo dà battaglia. Perciò in questo momento in Spagna».
“Di lì a poco – scrive la figlia Simonetta –, il 2 settembre del ’37, Dino lascia clandestinamente l’Italia, raggiunge la Francia, governata in quel momento dal Fronte Popolare, col proposito di proseguire per la Spagna dove la guerra civile si era trasformata in uno spaventoso confronto internazionale fra nazifascismo e democrazia.
Anche Graziella, che era sulla stessa linea politica e l’aveva espressa apertamente nell’interrogatorio che aveva subito in carcere, ben volentieri avrebbe seguito il marito se non avesse avuto quattro bambini da proteggere” 4.
Riferimenti bibliografici
1. Nelle sue «Memorie» – inedite – scritte a Parigi nel 1939
2.Frantziscu Casula, Zuanna Cottu, Marianna Bussalai, Alfa Editrice, Quartu,2007, pagina 34.
3.Manlio Brigaglia, Il Messaggero sardo, Marzo 1986.
4.Simonetta Giacobbe, Relazione al Convegno “I sardi di Giustizia e Libertà” .
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