LA CARTA DI FIRENZE PER L’ECONOMIA CIVILE

peopleLA CARTA DI FIRENZE PER L’ECONOMIA CIVILE
Il futuro dopo il Coronavirus

Noi cittadini, donne e uomini, liberi di spirito, impegnati nei campi più diversi del lavoro, della ricerca e dell’insegnamento, delle arti, dei mestieri e della creatività, della cooperazione – che amiamo l’Italia e ci sentiamo parte viva d’Europa – in questi mesi segnati dalla pandemia e dalla crisi ambientale, sentiamo l’urgenza di un cambio di rotta e di un impegno comune più incisivo, in difesa della salute, della scuola, del lavoro, dell’ambiente e del benessere collettivo.

Per questo ci impegniamo a:

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1 – SOSTENERE il valore del lavoro e delle persone

Perché l’Economia Civile è uno sguardo sulla realtà economica che affonda le sue radici nella tradizione dell’Umanesimo civile e dell’Illuminismo italiani. Afferma la centralità della persona e il valore del lavoro come luogo di realizzazione delle più profonde aspirazioni umane. Rifiuta l’idea che si possano trattare le risorse umane al pari di quelle materiali e tecnologiche: l’uomo si realizza con il proprio ingegno, con il lavoro manuale e intellettuale e non può mai venire ridotto a mero fattore di produzione o ingranaggio di un sistema produttivo. Non può essere mortificato nelle sue aspirazioni di realizzazione professionale.

2 – CREDERE nella biodiversità delle forme d’impresa

Perché l’Economia civile si batte per affermare e garantire la pari dignità di ogni forma giuridica d’impresa operante nei mercati e la biodiversità delle forme d’impresa.

L’impresa capitalistica non è l’unica, né l’esclusiva, né la naturale né la superiore forma d’impresa, anche se le imprese di capitali costituiscono numericamente la maggioranza della popolazione imprenditoriale, sia a livello nazionale che a livello mondiale. Molteplici vecchie e nuove forme di impresa cooperativa la affiancano nell’edificazione del bene comune. Senza imprese – e dunque senza mercato non c’è né incivilimento né crescita né sviluppo. L’economia civile guarda pertanto con fiducia ed ottimismo ad una nuova tendenza di ibridazione (in una nuova ricchezza e pluralità di forme organizzative) che si affaccia dove sempre più imprese cercano di coniugare profitto ed impatto sociale, creazione di valore economico, dignità e qualità del lavoro e sostenibilità ambientale.

3 – PROMUOVERE la diversità e l’inclusione sociale

Perché negli ultimi anni, la corsa al ribasso sui diritti del lavoro e la concorrenza fiscale tra paesi per attirare insediamenti produttivi hanno portato con sé una crescita insostenibile dei livelli di diseguaglianza sociale ed economica tra le persone all’interno degli Stati, in grado di minacciare la coesione sociale e la tenuta stessa. Ma un mercato che voglia dirsi civile deve tendere a colmare divari economici e sociali, consentendo a tutti, e non solo ai più forti e ai più efficienti, di prendere parte al processo economico e finanziario attraverso l’attivazione di meccanismi di inclusione di uomini e donne e ri-generazione di chi si trova ai margini, attraverso la valorizzazione delle diversità come ricchezza sociale.

4 – VALORIZZARE l’impresa come luogo di creatività e di benessere

Perché l’impresa civile (capace di coniugare creazione di valore economico e di senso, produttività e sostenibilità sociale ed ambientale) si fonda sulle relazioni tra persone e rappresenta in quanto tale uno dei principali e influenti luoghi di formazione del carattere e della personalità umana.
Frutto di ispirazione e di creatività, di capacità di leggere i nuovi bisogni e i nuovi spazi di mercato, di nuove competenze, di buone relazioni con il contesto territoriale e con le comunità. È un’impresa esperta non solo in competenze tecniche ma anche in capacità relazionali, dove reciprocità, gratuità e fiducia sanno generare relazioni positive e un sovrappiù sia economico che sociale.

5 – INVESTIRE nell’educazione e nella promozione umana

Perché, se è vero che è possibile massimizzare l’utilità anche in piena solitudine, per essere felici bisogna essere almeno in due (come ricordava Aristotele), perché la felicità richiede il riconoscimento di almeno un’altra persona.
La vera determinante del benessere è legata alla produzione e al consumo di beni relazionali: tra questi, i più rilevanti sono l’amicizia, l’amore, la fiducia, l’impegno civile, i servizi alla persona.
Quanto più un’economia avanza, tanto più la domanda di beni relazionali diventa strategica rispetto alla domanda di beni privati e di beni pubblici.
Le relazioni di qualità sono la chiave del successo delle relazioni nei luoghi di lavoro e favoriscono la creazione di fiducia e di capitale sociale. Dono e reciprocità sono i fattori chiave che le costruiscono.

6 – PROPORRE una nuova idea di salute e di benessere

Perché tutta la società deve farsi carico della salute delle persone e del loro benessere, non solo l’ente pubblico (o il mercato), perché i portatori di bisogni sono anche portatori di conoscenze e di risorse.
Da questo deriva una triplice conseguenza. Primo: l’ente pubblico non è l’unico e esclusivo titolare del diritto-dovere di erogare servizi di welfare destinati ai propri cittadini e, specialmente, del potere di definire da solo i modi di soddisfacimento dei bisogni individuali. La Repubblica comprende lo Stato, non viceversa, come la nostra Carta Costituzionale esplicitamente riconosce. Secondo: gli enti del terzo settore e della società civile organizzata assumono un ruolo cruciale nell’individuazione dei bisogni e nella generazione di soluzioni e politiche. Terzo: per risolvere i problemi e muovere verso il bene comune il ruolo dei cittadini (stili di vita, voto col portafoglio nelle scelte di consumo e di risparmio, partecipazione alla vita delle organizzazioni sociali) è decisivo.
La pandemia ha messo in luce la necessità di ripensare in maniera più collaborativa le relazioni tra società civile, mercato e Stato

7 – COLTIVARE il rispetto e la cura dell’ambiente

Perché oggi non è più pensabile occuparsi di povertà, di welfare o di salute senza occuparsi di ambiente e territorio.
La ricchezza del nostro paese è data dalla sua biodiversità naturale e dalla ricchezza di senso e varietà dei genius loci dei suoi territori che affondano le radici nelle nostre tradizioni e che rappresentano dei veri e propri vantaggi competitivi nell’economia globale. E la tutela dei luoghi (non solo meri spazi) non può prescindere dalla storia.
La gravità delle crisi ambientali e sociali, le devastazioni del patrimonio naturale e artistico ma anche la banalità del male di tante decisioni riguardanti il territorio, incuria, mancanza di prevenzione, assenza di controlli, noncuranza del rischio e della fragilità dei luoghi, violazione delle regole, richiedono una presa di posizione più forte.
La terra non è solo strumento, fattore di produzione, piattaforma. Agisce e reagisce, cambia e si trasforma, a livello chimico, biochimico, geologico; reagisce all’uomo e alle sue azioni, talvolta si ribella con forza.

8 – ATTIVARE energie giovani, innovazione e nuove economie

Perché per attivare i quattro fattori fondamentali del progresso civile e sociale (la persona capace di costruire relazioni, l’impresa civile, il valore generativo e la sussidiarietà circolare come chiave per la soluzione dei problemi economici e sociali) l’economia civile ha sperimentato in questi anni un processo che va oltre la pur importante enunciazione di principi.
Un percorso fatto di momenti di formazione, d’incontro e d’investimento sui territori, di ricerca e studio delle buone pratiche che sono semi di speranza per il futuro, di costruzione di laboratori dove rendere presente e far interagire i tre ingredienti fondamentali per il progresso civile: energie giovani, innovazione, creazione di valore economico (socialmente ed ambientalmente sostenibile).
È lungo questo percorso generativo e ricco di senso che l’Economia Civile chiama a raccolta tutte le persone di buona volontà che desiderano coinvolgersi per la realizzazione del Bene Comune.

One Response to LA CARTA DI FIRENZE PER L’ECONOMIA CIVILE

  1. Pierpaolo Loi scrive:

    L’economia deve essere a servizio delle comunità umane, non il contrario, come avviene oggi: le polis con le proprie istituzioni serve dell’economia, idolo del capitalismo.

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