Che succede?
I SÌ E I NO (NETTI E MENO NETTI) E LE DOMANDE SENZA RISPOSTA
18 Settembre 2020 by Giampiero Forcesi |su C3dem.
Referendum: molti che si sono già dichiarati per il Sì e per il No si ripetono sull’uno o sull’altro giornale. Tra le voci (più o meno) nuove: Walter Veltroni, “Voto No. È nella storia del Pd” (intervista a Repubblica); Piero Grasso, “Non voglio firmare cambiali in bianco, voto No” (intervista a La Stampa); Giovanni Guzzetta, “Provvedimento inutile che rafforzerà la casta” (intervista a Il Tempo); Ida Dominijanni, “A chi giova il taglio della casta” (Internazionale); Mario Segni, “Stavolta invece voto No” (intervista a Il Venerdì); Guido Crainz, “Un No netto ma con molte domande senza risposta” (Repubblica); Massimo Giannini, “Il mio No a malincuore” (La Stampa); Marcello Flores, “Sono i 5stelle la casta: odiano le poltrone, ma le hanno riempite tutte di amici e parenti” (intervista a Il Riformista); Filippo Pizzolato, “Le ragioni del Sì” (sulla newsletter del Meic); Salvatore Vassallo, “Il referendum non impone una nuova legge elettorale” (Domani). Un breve video con le due posizioni (già note) di Luigi Zanda per il No e di Stefano Ceccanti per il Sì. Dice Daniela Preziosi (ex Manifesto, ora Domani): “Al Governo servono anche i No che aiutano a crescere”. Dice Stefano Folli (Repubblica): “Il referendum è un voto sui 5stelle”. Giuseppe Boschini, “Un referendum senza risposta” (Settimana news).
Gli effetti del Covid-19
Virus e lockdown falcidiano il lavoro: in tre mesi 470mila occupati in meno
PIETRO SACCÒ su Avvenire 12 settembre 2020. Milano.
Il Covid-19 e il lockdown hanno spazzato via 470mila posti di lavoro in tre mesi, ma questa è ancora solo una parte del disastro che la pandemia ha provocato nel mondo del lavoro. I dati del secondo trimestre del 2020 pubblicati dall’Istat mostrano un primo bilancio molto negativo. Tra aprile e giugno gli italiani che hanno un’occupazione sono diminuiti del 2% rispetto ai primi tre mesi e del 3,6% nel confronto con un anno fa. Le variazioni percentuali non danno bene l’idea di quanto sia stato pesante il crollo. Quel -3,6% significa che nel giro di un anno l’Italia ha perso 841mila occupati. I più colpiti sono stati naturalmente i giovani che hanno contratti precari e occupazioni più fragili. Gli 841mila occupati in meno sono la somma di 416mila posti persi tra lavoratori con meno di 34 anni (8%), 424mila tra quelli di 35 e 50 anni (-4,4%) e solo mille tra quelli che hanno più di 50 anni. È un bilancio provvisorio che è destinato a peggiorare con il progressivo esaurirsi del blocco dei licenziamenti, allentato dal decreto Agosto. Le aziende nei mesi dell’emergenza si sono limitate a non rinnovare i contratti a termine (gli occupati a tempo determinato sono crollati del 10,2%) e a sfruttare la cassa integrazione “allargata”, che ha coinvolto più di 6 milioni di persone. Gli ammortizzatori sociali hanno permesso di contenere il calo degli occupati con contratti a tempo indeterminato, scesi solo dello 0,5%. Ma di lavoro, ovviamente, non ce n’era quasi per nessuno. Le ore lavorate, che sono l’indicatore più preciso di quanto si sia effettivamente lavorato, sono crollate addirittura del 20% rispetto a un anno fa, con un crollo più forte nei settori delle costruzioni (-26,1%) e dell’industria (-22,5%). Confesercenti sottolinea che anche per il lavoro autonomo è stata una «catastrofe »: tra febbraio e luglio si sono persi 117mila occupati indipendenti. È anche sceso il tasso di disoccupazione, passato dal 9,2 all’8,3%. Un calo che si spiega con ragioni “tecniche”: è il frutto dello spostamento statistico dallo stato di disoccupati a quello di inattivi di circa 150mila persone che nei mesi del lockdown non hanno potuto cercare lavoro. «L’occupazione continuerà a tenere fino a fine anno, salvaguardata dall’ampio ricorso alla cassa integrazione » ha scritto nella sua nota mensile il Centro Studi di Confindustria, segnalando che a luglio gli occupati sono stati 85mila in più rispetto a giugno. Gli effetti concreti della crisi economica sul mondo del lavoro si vedranno nei prossimi mesi, in particolare nella prima parte del 2021. Banca d’Italia e Istat hanno stimato che i posti a rischio sono un milione, un dato coerente con un crollo del Pil del 9% nel 2020. La perdita di occupazione, in questo scenario, sarebbe doppia rispetto a quella segnata nel primo trimestre.
Per recuperare questi posti di lavoro servirà una ripresa robusta già dal 2021. Nulla però è scontato. La ripresa osservata in Europa nel terzo trimestre è «irregolare, incompleta e asimmetrica », dopo un «catastrofico» secondo trimestre, ed è «circondata da molta incertezza, sugli sviluppi del mercato del lavoro, sui problemi di liquidità delle aziende e dalla seconda ondata di Covid-19» ha detto Christi- ne Lagarde al termine dell’Eurogruppo informale di ieri, a Berlino. La Commissione europea prevede che «la maggioranza degli Stati membri non avrà raggiunto i livelli di Pil precedenti alla crisi entro la fine del 2021, con un gap medio del 2,5%. La strada per la ripresa è ancora lastricata di incertezze » ha confermato Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia. Per questo i ministri dell’Eurogruppo si sono trovati d’accordo su un punto: è troppo presto per ridurre gli stimoli all’economia. «Nel quadro attuale di incertezza sarebbe rischioso rimuovere il supporto troppo presto o troppo tardi», perché «se calcoliamo male i tempi» si rischia di «danneggiare le economie europee» ha avvertito Gentiloni.
Colpiti soprattutto i contratti a termine e i lavoratori più giovani Cassa integrazione e blocco dei licenziamenti hanno contenuto i danni, in arrivo dati anche peggiori
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