Referendum. Campagna per il NO.
Meno parlamentari vuol dire più efficienza democratica?
di Nino Labate*
Pensiamola come vogliamo: votiamo SI o votiamo NO, avviciniamoci con disquisizioni costituzionali o di schieramento, rimaniamo in attesa di una legge elettorale variabile di volta in volta a seconda delle convenienze; ma nel fondo del bicchiere rimane solo una questione di ragionevole buon senso. Che è anche un elementare principio depositato nelle radici della democrazia e nella sua stessa etimologia. Un principio in un certo senso intuitivo, praticato dunque sin dall’antica Grecia: la democrazia cresce e s’irrobustisce, diventa più rappresentativa, più seria e rispettosa delle diversità, solo quando il numero dei rappresentanti presenti in Assemblea cresce, e non quando diminuisce! E diventa più veritiera e difende il pluralismo, solo quando viene permessa una costruttiva, anche se lunga e noiosa, discussione. Con tante grazie all’efficienza.
Ci stiamo ubriacando dell’efficienza. Della velocità. Della rapidità. Un fordismo neofuturista anche con l’essere intransigenti sulla data referendaria, che con il concorso della tragedia pandemica e benché in concomitanza con alcune elezioni regionali, vedrà una presenza al voto ridotta ai minimi termini. E stiamo assimilando il Parlamento italiano a una catena di montaggio che produce birilli e robot, orientata da un taylorismo d’antan.
L’idea di democrazia nascosta dietro la vittoria del SI è un’idea elitaria, modello “meno siamo meglio stiamo”, con l’aggiunta che in pochi si governa meglio senza essere disturbati. Perché ancora una volta stiamo semplificando la complessità e la funzione di un’istituzione centrale riducendola solo ai numeri e alle quantità. Quando sappiamo bene che i numeri e le quantità, presi da soli e se sono proprio questi i colpevoli, si possono governare e gestire con nuove regole e procedure.
Quando si dice che i deputati del nostro Parlamento passeranno da 945 a 600, nessuno ha il coraggio di aggiungere che così votando avremo 1 deputato ogni 150 mila abitanti circa, e un senatore ogni 302 mila. Sarà una democrazia di lontananza e non una democrazia di prossimità. Sarà una democrazia di sconosciuti e di ignoti, dal momento che i nostri rappresentanti saranno lontani dai nostri territori e dalle nostre città, e i cui nomi conosceremo soltanto sulla scheda elettorale al momento del voto. E, se e quando andremo a votare, li voteremo senza neanche sapere chi sono. Caso mai aiutati dalla Rete virtuale della piattaforma Rousseau, con il vago sospetto che la proposta sia stata fatta proprio con queste intenzioni.
Non penso che sia un peccato approcciare ragionevolmente i numeri della rappresentanza, rivedendo il bicameralismo paritario, con nuovi regolamenti e quant’altro. Diventa “peccato” quando, come sta succedendo, questo approccio critico si fa al buio, e con un secco colpo di mannaia, senza collocare questo brusco taglio di parlamentari all’interno di una riforma organica e di sistema, di nuove regole, di nuovi equilibri fra Centro e Periferia, scommettendo per i necessari aggiustamenti solo su prossimi anni.
Mi auguro di sbagliare, ma se sembra scontato che andrà a votare come in tutti i referendum – Covid permettendo e Regionali che addirittura potrebbero aiutare – una netta minoranza degli aventi diritto, e il SI vincerà con netta maggioranza percentuale di questa minoranza, alla fine la riforma sarà approvata da molto meno, del 30/40% di cittadini italiani. Auguri. Io voterò NO!
*Nino Labate
25 Agosto 2020 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
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Considerazioni semplici.
di Franco Meloni.
Dopo i giorni terribili del lockdown riprendiamo a incontrarci tra amici in qualche serata conviviale. Vietate le effusioni, mantenendo le distanze, tuttavia, almeno tra pochi, liberi dalle mascherine. Con cautela e con un certo riaffacciarsi dell’angoscia per l’aumento dei contagi, sperando che non siano necessarie nuove chiusure e soprattutto che il vaccino, quello buono perché scientificamente validato, arrivi presto. Questo è il tema principe delle conversazioni, intramezzato dallo scambio di notizie belle o brutte che siano, in primis la salute: hai saputo del tale? come sta talaltra? Tra i maschi, soprattutto, un po’ di sport. E così via. Di politica niente o poco. Per esempio: di referendum? Qualcosa. Ecco parliamone. In uno di questi incontri ho provato a inserire, seppur con molta cautela, l’argomento. Senza però mascherature: io voto NO, perché, perché… E tu? L’interlocutore, nel mio caso l’interlocutrice – chiamiamola Tommasa – (mi limiterò a due soli attori dell’incontro: bastano per il mio ragionamento) con mia meraviglia rispetto a quanto la conosco (o credevo di conoscerla) dichiara: “Non ho ancora deciso se andare a votare, ma nel caso decidessi di andare voterei SI. Si, senza esitazioni, perché è un’occasione per dare una mazzata a questa classe politica, di cui ho profonda disistima” . Ma così, dico io, riprendendo il discorso d’esordio, favorisci le oligarchie di partito, diminuisci le rappresentanze, magari impedendo l’elezione di qualche persona onesta e competente. “Ma scusa – fa Tommasa – questi che oggi ci rappresentano cosa fanno di buono per noi? Intendo noi cittadini. A proposito, tu li conosci? Dico personalmente. E soprattutto ti hanno mai coinvolto individualmente o come esponente delle organizzazioni in cui sei impegnato, quelle che tu chiami della ‘società civile’?”. Beh! Devo dire che con questa domanda Tommasa mi ha proprio steso. Pensate che sono riuscito a ricordarmi solo due dei nostri parlamentari sardi; precisamente i due che ho votato: Gianni Marilotti, senatore di 5 Stelle e Andrea Frailis, deputato del Pd. E gli altri chi c… sono? Vabbè, è anche colpa mia non essere informato dell’attività dei nostri parlamentari. Ora che mi ricordo Marilotti ha organizzato al Senato la presentazione del libro di Francesco Casula contro Carlo Felice e i Savoia E poi ha anche partecipato a iniziative del CoStat. Di Frailis poco so, salvo qualche dichiarazione, ma lasciamo perdere. Ripeto in parte è colpa mia. “Si? – incalza Tommasa – Ma tu non hai mai smesso di fare attività culturale e, ultimamente, animazione di quartiere. Li hai incontrati i politici, questi o altri che siano, nelle tue iniziative?”. La conversazione è andata per le lunghe e non vi voglio annoiare ulteriormente. Tutti siamo rimasti nelle opinioni di partenza, rispettosamente. Traggo solo alcune semplici conclusioni: 1) resto convinto che tagliare il numero dei parlamentari sia sbagliato, fondamentalmente antidemocratico; 2) non possiamo però accettare lo status quo, urge una reimpostazione delle forme della rappresentanza politica a partire dalla democratizzazione dei partiti e dalla riforma dei sistemi elettorali in chiave proporzionale. È un discorso complesso ma va continuato, come facciamo nel CoStat. E anche nel nostro piccolo della nostra News continueremo a farlo. Per il referendum niente è ancora perduto, nel senso che, nonostante le previsioni contrarie, il NO può ancora vincere, magari se tanti progressisti e di sinistra lo sosterranno. Noi del NO ci siamo oggi e ci saremo comunque le cose vadano.
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