Che succede?

sondaggio-23-ago-2020
Sondaggio apparso su Il Sole24ore del 23 agosto 2020
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logo-no-di-tonino-dessiPerché per la Sardegna la vittoria del sì sarebbe un vero guaio.
di Tonino Dessì, su fb.
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DAR RETTA A DRAGHI. BETTINI PROMUOVE RENZI CAPO DEI MODERATI. E ALTRO
21 Agosto 2020 su C3dem
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REFERENDUM, CI SI SCHIERA. DRAGHI, TUTTO OVVIO? PD-M5S: MA CHE ALLEANZA È?
20 Agosto 2020 su C3dem
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DAR RETTA A DRAGHI. BETTINI PROMUOVE RENZI CAPO DEI MODERATI. E ALTRO
21 Agosto 2020 su C3dem
Tiziano Treu, “Diamo retta a Draghi: basta mance, serve visone, e una nuova alfabetizzazione” (intervista al Mattino). Giuliano Ferrara, “Draghi, il migliore degli uomini di Stato” (Foglio). Ma Tommaso Montanari, su Il Fatto, invece dice: “Quei Draghi del Pd appoggiano la destra moderata dell’ex Bce”. Sabino Cassese, “Una politica sempre più corsara” (Corriere della sera). Alessandro Barbera, “Gentiloni avvisa l’Italia: avrà più degli altri ma investa sul futuro” (la Stampa). Paolo Balduzzi, “Quanto costa alle famiglie l’inerzia dello Stato” (Messaggero). Daniele Novara, “Il coraggio che serve per far rivivere le classi” (Avvenire). GOVERNO GIALLOROSSO: Goffredo Bettini, sul Foglio, lancia la sua proposta: “Renzi, guida tu i moderati e fai la terza gamba liberal del governo”. Carlo Calenda è tranchant: “Il Pd non esiste più” (intervista al Foglio). Valerio Valentini, sempre sul Foglio: “Il M5s nei territori non esiste”. La critica di Stefano Bonaccini: “Errore le intese calate dall’alto” (intervista al Corriere). Stefano Folli, “Il pericoloso brusio sulle elezioni” (Repubblica). E IN CAMPANIA: Antonio Nocchetti, leader di PER-persone e comunità: “Io in corsa per i deboli. La società civile si impegni per cambiare la politica” (intervista al Mattino). REFERENDUM: Fabio Martini, “Cresce il fronte del No” (La Stampa). Gianni Cuperlo, “Voterò contro questa riforma” (intervista a La Stampa”. Marco Travaglio replica, a modo suo, al direttore di Repubblica, Molinari (che è a favore del No): “Le 10 domande” (Il Fatto). Invece per Enrico Morando “E’ da riformisti veri votare Sì al referendum” (Foglio).
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REFERENDUM, CI SI SCHIERA. DRAGHI, TUTTO OVVIO? PD-M5S: MA CHE ALLEANZA È?
20 Agosto 2020 su C3dem
Il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, si schiera: “Perché votare No al referendum”. Così pure la redazione del Manifesto: “Perché No”. E No dice Mario Tronti, intervistato da Il Riformista: “Il referendum? Si sceglie tra politica e antipolitica”. Invece Il Fatto Quotidiano è per il Sì: Marco Travaglio, “Taglio, perché Sì”. DRAGHI: Giuseppe De Tomaso, “La verità detta da Draghi” (Gazzetta del Mezzogiorno). Massimiliano Panarari, “Statisti a lezione da SuperMario” (La Stampa). Marco Bentivogli, “Il tridente della speranza: Draghi, Cartabia, Mattarella” (Repubblica). Rosaria Amato, “Più anziani e meno giovani tra gli occupati. I dati che danno ragione a Draghi” (Repubblica). PD-M5S: Paolo Pombeni, “M5s e Pd, matrimonio senza amore” (IL Quotidiano). Carmelo Caruso, “Nel Pd è finita la pace” (Foglio). Marcello Sorgi, “Il pasticcio giallorosso e le regionali in salita” (la Stampa). Vito Crimi, “Nessuna alleanza col Pd” (intervista al Corriere). Matteo Orfini, “Che tempo che fa nel Pd” (colloquio con il Foglio). Andrea Marcucci, “Intese e riformismo, serve un congresso dopo le regionali” (intervista all’Avvenire).
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5bd7c89b-ef68-4f9c-bdb7-ba9905ececf9Perché per la Sardegna la vittoria del sì sarebbe un vero guaio.
di Tonino Dessì, su fb.
Il 20 agosto Marco Travaglio ha scritto su “Il fatto quotidiano” un editoriale che al momento rappresenta la piattaforma politica ufficiale del M5S sul referendum costituzionale di settembre e che praticamente, poichè condensa tutti gli argomenti a favore della revisione, costituisce la piattaforma ufficiosa dell’intero fronte dei partiti schierati per il SI.
Non mi aspetto che alla prossima direzione nazionale del PD, convocata per formalizzare la posizione già assunta dalla sua segreteria e dal voto parlamentare dei suoi gruppi alla Camera e al Senato, la posizione e gli argomenti saranno diversi.
Non intendo spendere questo post per confutare tutte le argomentazioni, alcune delle quali assai imprecise, altre del tutto opinabili, di Travaglio.
In gran parte poi l’ho già fatto, anche non avendo letto alcun suo articolo, nei giorni scorsi.
Ce n’è una, quella al conclusivo punto 7 della sua piattaforma, che però vorrei fosse letta bene, sia perché riguarda noi sardi in modo particolare, sia perché rivela emblematicamente la contraddittorietà un po’ subdola che contraddistingue tutte le argomentazioni a favore della revisione in questione.
Ecco il testo, di seguito.
“7. Dire che il taglio “renderà difficile funzionamento e ruolo” delle Camere è un nonsense: l’efficienza di un’assemblea è inversamente proporzionale al numero dei suoi membri. E affermare che “sarà impossibile la proporzionalità al Senato in 9 Regioni”, “tanti territori saranno sottorappresentati” e avremo solo 3 o 4 partiti significa nascondere agli elettori che la maggioranza s’è impegnata, nel rifare i collegi dopo il taglio, a evitare quelle storture: per esempio, superando la base regionale del Senato che consentirà circoscrizioni pluri-regionali, a vantaggio delle Regioni più piccole e dei partiti minori.
Ecco perché voterò Sì al referendum.”.
Quindi la soluzione che Travaglio indica per superare la critica relativa alla riduzione della rappresentanza territoriale regionale è quella dei collegi pluriregionali, che col taglio sarà inevitabile disegnare per la Camera e che la maggioranza si sarebbe impegnata a introdurre anche per il Senato, evidentemente con una nuova, successiva modifica della Costituzione, perché il vincolo dell’elezione dei senatori su base regionale è contenuto nell’articolo 57 della Costituzione e la revisione oggetto di referendum non lo ha soppresso nè modificato.
Un po’ come l’abborracciata revisione renziana del 2016, anche la nuova revisione oligarchica prelude, inevitabilmente, a nuove revisioni, perché da sola non potrebbe funzionare e la sua mera entrata in vigore introdurrebbe nuove forme di squilibrio negli assetti costituzionali.
Ora, sul punto noi sardi abbiamo un’esperienza più che sufficiente in tema di elezioni europee, essendo inclusi nello stesso collegio elettorale con la Sicilia.
E che questo sia sempre stato avvertito come un grave difetto nella garanzia di una adeguata rappresentanza sarda nel Parlamento europeo è cosa nota.
La prospettiva di un ulteriore indebolimento delle garanzie della nostra rappresentanza regionale tende quindi adesso ad allungare la sua ombra anche per quel che concerne le due Camere italiane.
Insomma, una ragione impellente per stoppare questa revisione votando un NO chiaro e netto e rimarcando l’impronta referendaria del 2016, che, proprio in quanto fu percepita come un attacco alla stessa nostra autonomia regionale, vide la Sardegna esprimere una delle più alte percentuali di NO fra tutte le altre Regioni.
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Taglio dei parlamentari, perché Sì
Repubblica si schiera (come le altre testate del gruppo) contro il taglio dei parlamentari. Ezio Mauro ritwitta, ma nel 2013 diceva il contrario
Referendum, le ragioni del “no”: il taglio snatura il Parlamento – La lettera di Alfiero Grandi a Marco Travaglio
di Marco Travaglio | 20 AGOSTO 2020
Caro Grandi, avendoti conosciuto nelle battaglie in difesa della Costituzione quand’era davvero minacciata, non posso credere che questo coacervo di luoghi comuni apodittici, contraddittori, in parte anche falsi sia roba tua. Ma provo a spiegare, con dati certi e argomenti dimostrabili, perché dicevo e dico Sì al taglio dei deputati (da 630 a 400) e dei senatori (da 315 a 200).

1. Combattendo le controriforme di B. e di Renzi, abbiamo sempre detto che la Costituzione non si stravolge per metà o un terzo. Meglio aggiornarla con aggiustamenti chirurgici, nello spirito dell’art.138. Se Renzi si fosse limitato a tagliare i parlamentari (tutti, non solo i senatori) e il Cnel, avrebbe stravinto il referendum anche col mio voto, anzi nessuno si sarebbe sognato di scomodare gli elettori per un esito scontato.

2. Il “populismo” non c’entra nulla con questa riforma, invocata da molti, specie a sinistra, da oltre 40 anni: simile a quella della commissione Bozzi (1983), identica a quella della bicamerale Iotti-De Mita (‘93), in linea col programma dell’Ulivo (‘96). Il fatto che l’abbiano portata a casa i 5Stelle, con la stragrande maggioranza delle Camere, trasforma in populisti pure Prodi, De Mita, Bozzi e la Iotti? La scena mai vista di un Parlamento che si autoriduce contro gli interessi dei suoi membri e fa risparmiare allo Stato 80-100 milioni all’anno (quasi mezzo miliardo a legislatura) è l’esatto opposto dell’opportunismo. E il miglior antidoto all’anti-parlamentarismo: i cittadini, chiamati da anni a fare sacrifici, apprezzeranno un’istituzione che dà finalmente il buon esempio in casa propria.

3. La Carta dei padri costituenti ci azzecca poco con l’attuale numero dei parlamentari, deciso non nel 1948, ma nel ‘63: allora il potere legislativo era esclusiva del Parlamento, oggi molte leggi sono dell’Ue e delle Regioni. Infatti anche altrove, da Londra a Parigi, si progetta di ridurre gli eletti.

4. È vero: il Parlamento è stato trasformato dalle ultime tre leggi elettorali e da troppi decreti e fiducie in un’assemblea di yesman (peraltro volontari).
Ma non dipende dal loro numero: se non cambiano la legge elettorale e i regolamenti, resteranno yesman sia in 945 sia in 600. Anzi, il taglio impone una nuova legge elettorale che, si spera, cancellerà la vergogna delle liste bloccate e ridarà potere, dignità e autorevolezza ai singoli parlamentari. Più rappresentativi, riconoscibili, responsabilizzati e un po’ meno inclini a votare Ruby nipote di Mubarak o a chiedere il bonus-povertà.

5. Ridurre i parlamentari – come ha deciso 4 volte il Parlamento, non i suoi nemici, con maggioranze oceaniche (all’ultima lettura 553 Sì, 14 No e 2 astenuti) – non implica affatto il “superamento del Parlamento” (che certo non vuole il M5S, essendovi il gruppo più numeroso) né il “presidenzialismo” (che vuole solo Salvini, isolato da tutti gli altri, inclusa FI). Ma proprio un “rilancio del Parlamento” che, diventando meno pletorico, sarà più credibile, efficiente e funzionale perché composto da eletti meno indistinti e dunque più forti, autonomi e autorevoli. Difendere un’assemblea-monstre di quasi mille persone, di cui un terzo diserta una votazione su tre, due terzi non ricoprono alcun ruolo e solo il 10% assomma più di un incarico, è ridicolo.

6. È falso che la riforma faccia dell’Italia il Paese con meno eletti in rapporti agli elettori. L’unica altra democrazia a bicameralismo paritario ed elettivo sono gli Usa: hanno il sestuplo dei nostri abitanti e un Congresso con 535 fra deputati e senatori (65 meno del nostro Parlamento post-taglio), che mai si sono sentiti deboli perché pochi, anzi. Sulle altre democrazie, il confronto va fatto solo con le Camere basse elette direttamente: Camera dei Comuni britannica (630 eletti contro i nostri 600, ma con 6 milioni di abitanti in più); Bundestag tedesco (709, ma con 20 milioni in più); Assemblée Nationale francese (577, ma con 7 milioni in più). Dopo il taglio l’Italia avrebbe 1 parlamentare ogni 85 mila elettori, contro una media di 1 su 190 mila delle democrazie con più di 30milioni di abitanti.

7. Dire che il taglio “renderà difficile funzionamento e ruolo” delle Camere è un nonsense: l’efficienza di un’assemblea è inversamente proporzionale al numero dei suoi membri. E affermare che “sarà impossibile la proporzionalità al Senato in 9 Regioni”, “tanti territori saranno sottorappresentati” e avremo solo 3 o 4 partiti significa nascondere agli elettori che la maggioranza s’è impegnata, nel rifare i collegi dopo il taglio, a evitare quelle storture: per esempio, superando la base regionale del Senato che consentirà circoscrizioni pluri-regionali, a vantaggio delle Regioni più piccole e dei partiti minori.
Ecco perché voterò Sì al referendum.

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