Che succede?
DRAGHI E IL “DEBITO CATTIVO”. NOTE SUL REFERENDUM
19 Agosto 2020 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
———————-
Coronavirus. Facciamo il punto.
Tonino Dessì su fb.
—————
Facciamo il punto in breve, smontando con oculato buon senso la vera “seconda ondata”, pandemica, quella delle farneticazioni e degli strumentalismi che ci hanno afflitto in queste settimane d’agosto.
Salvini sostiene che il pericolo virus non c’è, ma nello stesso tempo che il virus è un pericolo e che lo stanno portando i migranti.
Il fatto è che nuovi sbarcati contagiati o contagiosi a piede libero, da quando ci sono le misure anti contagio, non ce ne sono, perché son tutti controllati e messi in quarantena, mentre il virus circola fra cittadini e turisti.
Sgarbi sostiene che non è in discoteca che ci si contagia, ma in casa.
Il fatto è che in casa, proveniente da qualche parte e veicolato da qualcuno, il virus ci entra, essendo escluso che abbia la possibilità di fare lunghe distanze per proprio conto svolazzando per aria.
Tutti e due qualche settimana fa si sono fatti promotori di un convegno negazionista dal quale il messaggio principale simbolicamente trasmesso, più delle parole, è stato il rifiuto plateale di Salvini di indossare la mascherina che un commesso cortesemente gli porgeva, essendone lui arrivato lì sfornito.
C’è poi chi sostiene che siccome la percentuale di contagiati presunta durante il periodo di apertura delle discoteche risulta essere appena del 2,3 per cento sul totale dei nuovi contagi, si tratterebbe di una percentuale irrisoria e assolutamente non tale da giustificare i timori di una diffusione pericolosa del contagio.
Ogni giorno toccherebbe ripassare i pochi dati certi che conosciamo sulla diffusione del virus.
Uno di questi (ricordiamoci il famoso “paziente uno” di Codogno) è che il numero di persone contagiabili da un portatore anche solo asintomatico del virus è pari a quello delle persone con le quali entrerà in contatto ravvicinato. Quindi, si, quel 2,3 per cento è un dato tutt’altro che irrilevante.
Come lo stiamo controllando, il virus?
Al momento, dopo lo stop che gli è stato imposto nei due mesi di lockdown, con le sole precauzioni igieniche certe: mascherine per evitare di sputazzarcelo reciprocamente quando stiamo vicini fra persone estranee alla famiglia, lavaggio delle mani, uno spontaneo distanziamento fisico che comprende la rinunzia a effusioni fisiche troppo epidermiche con persone che non rientrino nel nostro giro accertato di contatti presumibilmente sicuri.
Nel frattempo abbiamo accumulato una serie di dati clinici che ci consentono di confidare in interventi sanitari di cura, anche farmacologica, capaci di far superare l’eventuale sindrome acuta in una parte rilevante dei casi, purché non si verifichi un nuovo intasamento di posti letto e di postazioni di terapia intensiva tale da rendere meno gestibili strutture e tempistiche.
Altro non c’è e nonostante gli annunci su brevetti vaccinali in vari Paesi, è piuttosto verosimile che per questo scorcio d’anno campagne di vaccinazione anti-Covid non ce ne saranno.
Ora, in astratto, non sarebbe una situazione tale da non consentire il ripristino di una accettabile “normalità”, visto che il desiderio largamente prevalente non pare essere altro che quello di cambiare il meno possibile lo stile di vita pre-pandemico (non è nemmeno stata incoraggiata una stimolante discussione di massa sulle possibili alternative qualitativamente non meno desiderabili: il fatto è che quella occidentale è una società attualmente dominata da tendenze profondamente conservatrici).
Però in pratica proprio le pulsioni dei soggetti economici e i comportamenti non avvezzi all’autodisciplina di consistenti fasce di popolazione entrano in contraddizione con questa possibilità.
In discoteca per esempio non è stato possibile garantire condizioni di sicurezza ed è scattato un allarme generalizzato, con conseguenti misure che non potevano che essere generalizzate, visto che la discrezionalità affidata alle autorità regionali non ha dato buoni risultati.
Ma quello delle discoteche rischia di essere solo uno dei casi potenzialmente destinati a complicare la situazione per le settimane e per l’autunno che si approssimano.
La preoccupazione anticipata più grave che tutti noi stiamo vivendo riguarda la riapertura delle scuole.
Non si tratterebbe in astratto di una condizione ingestibile.
Però non riguarda soltanto l’uso delle mascherine, la disponibilità continuativa di distributori di gel disinfettante, la tipologia dei banchi (singoli, fissi o a ruote, piccoli o di dimensioni più agevoli), nè la distanza fra loro (abbandonata, credo, la sgradevole ipotesi delle cellette in plexiglas).
Dovrebbe magari riguardare la dotazione di termoscanner agli ingressi, per fare un esempio, come sta avvenendo in molti uffici e locali pubblici.
Resta non meno importante il problema della mobilità degli studenti con modalità di trasporto pubblico rese sicure.
Credo comunque che, adottate queste precauzioni complessive, gli studenti si comporterebbero con una disciplina sulla quale nutrirei più fiducia di quanta non ne nutra invece nei confronti degli adulti, in primis dei loro stessi genitori.
La diffusione avvenuta ieri della terribile fake sul rischio di “sequestro” dei minori che risultassero positivi a scuola, oltre che esser sicuramente sorta per finalità politiche terroristiche, dà la misura del livello di irrazionalità e di disinformazione colpevole di moltissimi adulti, anche istruiti e persino collocati in ruoli professionali medio-alti, che si son premurati di rilanciarla sui social.
Io nonostante tutto credo che il mese che ci separa dalla riapertura possa ancora consentire una ripresa adeguata delle attività scolastiche: anche uno slittamento ai primi di ottobre, se servisse, non sarebbe una tragedia.
Ma occorre fare uno sforzo tutte e tutti per riportare il clima generale a un livello civile accettabile.
Non si tratta soltanto di esigere dalle autorità pubbliche la massima informazione attendibile e un livello di comunicazione semplice, credibile, efficace, oltre che misure ragionevolmente proporzionate alla bisogna.
Si tratta anche noi di farci portatori di una diffusa iniziativa collettiva e individuale fatta di fiducia, di autodisciplina, di rispetto del prossimo.
Nessuna rinuncia alla vigilanza critica, ma insomma, neppure ulteriori scivolamenti in atteggiamenti volti a sottovalutare, se non addirittura a negare l’esistenza di un problema e a incoraggiare e istigare comportamenti sciatti, riottosi, apparentemente libertari, ma nella realtà assai conformisti, di un conformismo tuttavia privo di empatia e di solidarietà: quello del farsi sempre e comunque i cavoli propri, insomma (perdonate la chiusura non proprio aulica).
P.s. Chi esercita la propria professione nel delicato campo psicologico e psichiatrico tenga presente un fatto, anch’esso di evidenza empirica. La pandemia sta aggiungendo stress a stress. Ma se voi, già nei vostri post su FB e nelle vostre chiacchiere in libertà (spero che nelle pratiche terapeutiche siate più prudenti, nel vostro diretto interesse, se non avete particolarmente a cuore quello di chi vi si rivolge), instillate aggiuntivamente nelle persone lo stress ulteriore derivante sia dal dubbio sul fatto stesso che il pericolo esista veramente, sia dalla sensazione che tutti siamo oppressi da una serie di prescrizioni tutte inutili, illegittime, volte esclusivamente a ridurci in stato di vigilata passività, esprimo seri dubbi sia sulla vostra serietà deontologica sia sulla vostra utilità ai fini terapeutici.
Io mi guarderei bene tanto dal ricorrere al vostro ausilio, quanto dal raccomandarvi a qualcuno in stato di bisogno d’aiuto.
—————-
DRAGHI E IL “DEBITO CATTIVO”. NOTE SUL REFERENDUM
19 Agosto 2020 by Giampiero Forcesi | su C3dem.—————
Il testo integrale dell’intervento di Mario Draghi a Rimini sul Foglio: “’Responsabili, quindi solidali’. Il gran discorso di Mario Draghi”. Marcello Sorgi, “Supermario e le verità più scomode” (La Stampa). Dario Di Vico, “La distinzione tra debito buono e cattivo. Un messaggio al governo” (Corriere della sera). Paolo Pombeni, “Le tre qualità di un leader secondo Draghi: conoscenza, coraggio e umiltà” (Il Quotidiano). Tonia Mastrobuoni, “Ai giovani non bastano i sussidi. La ricetta anticrisi di Draghi” (Repubblica). Ma per Marco Travaglio Draghi “non ha detto assolutamente nulla”: “Draghi di Nazareth” (Il Fatto). REFERENDUM: Stefano Ceccanti, sul suo blog, offre alcune coordinate: “Documentazione per memoria sul referendum” (blog) e replica a Matteo Orfini (vedi suo intervento su Il Dubbio): “Orfini sbaglia” (Il Dubbio). Invece Nadia Urbinati dice No: “Caro Pd, vai fuori strada se dici sì al referendum” (Il Riformista). Poi i pareri (tutti sul Foglio) di: Giorgio Tonini, “Non è certo la quantità dei parlamentari che fa la rappresentatività”; Dario Parrini, “Sono per il Sì e non perché mi arrendo alla retorica anticasta”; Pietro Ichino, “Un Sì antipopulista”; Marco Bentivogli, “Noi per il No perderemo, ma meglio una sconfitta che una falsa vittoria”; Tommaso Nannicini, “No, è una minchiata”. Massimo Teodori, “Il mio No” (Foglio – con replica di C. Cerasa).
——-/———/————
Lascia un Commento