America, America
TRUMP E L’ASSALTO ALLA DILIGENZA POSTALE.
di Marino de Medici
I cultori del Western non possono non eccitarsi dinanzi alle memorabili sequenze dell’assalto alla diligenza con passeggeri e valori postali. Un assalto paragonabile è in atto oggi negli Stati Uniti ad opera del presidente Trump che ha dato ordine al suo lacchè a capo del servizio postale di fare tutto il possibile per ostacolare la consegna dei voti postali con l’infondata motivazione che il suffragio per posta da’ luogo ad una valanga di frodi elettorali. La domanda che molti americani si pongono non può che essere questa: si tratta di malversazioni – dovute alla decisione di sottrarre alle poste i finanziamenti necessari per assicurare il servizio di consegna dei plichi contenenti le schede elettorali – oppure siamo in presenza di un’azione decisamente illegale che ad elezioni concluse giustificherà il rinvio a giudizio del presidente repubblicano? Tutto depone a favore dell’accusa che Donald Trump ha lanciato l’assalto alle diligenza nel timore di essere rovesciato da una valanga, non già di frodi elettorali (che di fatto non si verificano, eccetto che in casi estremamente rari) ma di voti postali deposti a favore del candidato democratico.
In sostanza, Trump ingigantisce in misura perversa l’opposizione repubblicana basata sull’argomento che il servizio postale è inefficiente. Parte integrante di tale opposizione è il mandato congressuale che impone al servizio postale di assicurare a tutti i dependenti benefici di copertura sanitaria per una durata superiore ai 75 anni. I repubblicani, come noto, vogliono abolire i programmi nazionali di assistenza medica, primo fra tutti l’Obamacare. Quel che i repubblicani non vogliono capire è che sin dai tempi di Benjamin Franklin, il primo Postmaster General nominato dal secondo Congresso Continentale nel Luglio 1775, il Postal System è l’emanazione di precisi statuti e non risponde alle esigenze di mercato. Di fatto, fa molto di più perché raggiunge zone che non sono servite dai colossi della distribuzione come UPS e Fed Ex. In particolare assicura l’assistenza medica ai suoi impiegati.
Per queste ed altre ragioni commerciali, il Postal System attraversa da tempo una crisi finanziaria ma il Congresso non ha alzato un dito per aiutarlo. Il problema è sorto nel 1970 quando il Postal Reorganization Act ha fatto del sistema una “corporation” di proprietà governativa. In pratica, costituisce un’entità pubblica ibrida, con elementi amministrativi privati, che risponde comunque al Congresso. I democratici si battono disperatamente per garantire i finanziamenti necessari al sistema postale ma i repubblicani non collaborano. I fondi previsti dallo Heroes Act approvato dalla Camera sono ostaggio dell’ostruzionismo della leadership repubblicana del Senato che nel bel mezzo della controversia ha sospeso i lavori ed è andato a casa. Lo Speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha richiamato i deputati per una sessione di emergenza al fine di risolvere la crisi finanziaria che molti
temono finirà con l’influenzare lo svolgimento delle elezioni. Il che è esattamente quello che si propone il presidente nel disperato tentativo di delegittimare la consultazione elettorale rimandando alle calende greche la proclamazione ufficiale del vincitore.
Con un’impudenza che non ha precedenti nella storia americana, Donald Trump ha dichiarato ad un gruppo di sostenitori: “L’unico modo in cui perderemo le elezioni sarà se queste saranno truccate”. Dinanzi a questa sfida, i democratici hanno preso di mira il Postmaster, Louis DeJoy, un servile esponente della macchina elettorale repubblicana, miliardario e donatore del presidente. E per giunta, azionista dei concorrenti privati delle poste. Non appena nominato, il Postmaster si è messo subito all’opera di sabotaggio del normale svolgimento del voto postale. Accampando la giustificazione di voler risparmiare, ha ordinato la rimozione di macchine selezionatrici ed ha ridotto gli orari di servizio al pubblico. In aggiunta, ha licenziato un gran numero di dipendenti. Il risultato è stato immediato, un forte rallentamento dei servizi di distribuzione della posta, che ha colpito in particolare coloro che ricevono medicinali per posta.
Tra questi, in particulare, gli abitanti delle zone rurali, dove vive un americano anziano su cinque, hanno accusato le conseguenze dei ritardi. Il coro di forti proteste di un gran numero di americani, e l’annuncio di un “hearing” presso la Camera, che avrebbe messo il Postmaster su una graticola di duro biasimo parlamentare, sembrano aver arrestato per il momento l’assalto di Trump alla diligenza postale.
Alcune cifre testimoniano l’irresponsabilità del presidente nei confronti del sistema postale, che conta 600.000 dipendenti, 97.000 dei quali sono reduci. Ed ancora, il 40 per cento della forza lavoratrice appartiene a minoranze. Ma il dato di fatto più rilevante è che il Postal Service non riceve fondi federali, ma si regge con la vendita di francobolli, prodotti e servizi postali. Nello scorso anno, è precipitato in rosso per 9 miliardi di dollari. Il coronavirus ha aggravato la situazione, riducendo di un terzo la movimentazione. Con una mossa ansiosa, gli amministratori hanno chiesto al Congresso un sussidio di emergenza di 89
miliardi di dollari. L’amministrazione Trump ha risposto picche. L’irresponsabilità dell’amministrazione è tanto più eclatante in quanto il presidente non fa che ripetere che il servizio postale dovrebbe aumentare sensibilmente il costo della distribuzione di pacchi per i venditori online tra cui Amazon. Il fondatore e padrone di Amazon, Jeff Bezos, è uno degli uomini più odiati da Trump, anche perché Bezos è proprietario della Washington Post, il quotidiano di forte opposizione all’amministrazione repubblicana. Ed ancora, Amazon ha citato in giudizio Trump accusandolo di aver personalmente bocciato un progetto di programmazione per il Pentagono dal valore di dieci miliardi di dollari. Se i magistrati dovessero accogliere la richiesta di Amazon, il presidente sarebbe chiamato a comparire in giudizio.
Non vi è dubbio che la campagna di restrizione del servizio postale perseguita da Trump sta già avendo avversi effetti. Il Segretario di Stato dell’Ohio Frank LaRose ha avvertito gli elettori del suo stato che una tardiva richiesta delle schede postali potrebbe impedire il conteggio dei loro voti. Con una sfrontatezza che riflette i suoi istinti distruttivi Trump ha ridicolizzato gli sforzi dei democratici di sbloccare un fondo straordinario per il servizio postale. Ha detto Trump: “se non giungiamo ad un accordo (su un nuovo stanziamento federale anti-covid 19 alle condizioni imposte dai repubblicani), vuol dire che non avranno i soldi. Questo significa che non potranno ottenere il voto universale per posta. Non lo avranno”.
Sotto un diluvio di accuse e critiche, il presidente si è in parte rimangiato quella dichiarazione comunicando che firmerà una legge che finanzi il servizio postale, ma ha reiterato che si opporrà all’espansione del voto per posta. L’ironia è che il presidente e la moglie hanno già votato per posta nella Florida, dove sono residenti.
Lo stesso Postmaster ha dovuto fare marcia indietro sospendendo le misure che compromettevano il normale funzionamento delle poste, a cominciare da una sporca iniziativa con cui permetteva ai postini sovraccarichi di lavoro di rimandare la consegna dell’eccesso dei carichi postali. Il ricco donatore di Trump preposto alle poste senza il minimo di esperienza in materia insisteva che le modifiche introdotte avevano il solo scopo di “stabilizzare” il disavanzo postale mentre appariva evidente che tali modifiche e il persistente incubo della pandemia minacciavano di ridurre fortemente la consegna e lo spoglio delle schede inviate per posta. La strategia repubblicana di sopprimere il maggior numero possibile di voti per posta ha una sua logica, legata alla recente previsione che il 30 per cento degli elettori voteranno per posta. Tra i democratici, si prevede che il 47 per cento voterà in tal modo. Saranno molti infatti a richiedere e spedire con notevole anticipo le loro schede per assicurarsi che
vengano conteggiate. La conclusione autorizzata dagli ultimi sviluppi è che la feroce reazione alla strategia di Trump di ridurre il più possibile il voto per posta (gli Attorney General di vari stati hanno giù fatto ricorso alla magistratura contro le manovre del Postmaster) ma soprattutto la decisione di un’alta percentuale di democratici di ricorrere al voto postale rappresentano il carico da novanta che seppellirà le speranze di rielezione di Donald Trump.
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