America, America
LAW AND ORDER AD OGNI COSTO
di Marino de Medici*
Ormai non c’è più dubbio. La disperata campagna per la rielezione del presidente Trump poggia sempre più su una strategia del passato, quella del “law and order”, e su messaggi volti ad incutere paura nell’elettorato. Il messaggio dominante è che i democratici permetteranno un’ondata di crimini nelle grandi città e con essa un conflitto razziale. “Il valore della vostra casa crollerà e gli indici dei crimini aumenteranno rapidamente”, ha affermato il presidente in un recente messaggio.
Ed ha aggiunto: “La gente ha lavorato per tutta una vita per entrare a far parte di una comunità ed ora teme che tutto andrà in rovina. Ma non succederà, finchè io sono qui (alla Casa Bianca)”.
Quel che Donald Trump non riesce ad afferrare è che l’America non vive più negli Anni Sessanta. Da allora è intervenuto un gigantesco ribaltamento delle problematiche razziali e della volontà di reazione da parte dei diversi strati sociali ed economici. Il tentativo di aizzare le animosità razziali fino allo scontro tra bianchi e americani di colore, afro-americani, asiatici ed hispanici, non può che fallire dinanzi alla crescente prospettiva di una nazione più diversa. Lo proverà a Novembre la contesa elettorale in quel settore socio-economico che fa capo alle grandi zone suburbane, sulle quali Trump fa conto in quanto contengono una massa di bianchi associata al partito repubblicano e al “culto” di Donald Trump, la cosiddetta base che nel disegno trumpiano dovrebbe garantirgli la rielezione. Le elezioni congressuali del 2018 hanno già dimostrato quanto un tale calcolo sia sballato.
I democratici hanno riconquistato la Camera dei Rappresentanti proprio in forza del voto delle aree suburbane ed in particolare dell’apporto femminile. I rilevamenti demoscopici presentano uno squarcio che è fortemente caratterizzato dall’opposizione anti-Trump delle donne suburbane. Il 66 per cento di esse ha condannato la presidenza Trump, con una percentuale in aumento a seguito della rescrudescenza dell’incontrollabile flagello del Covid-19. Il punto centrale, come segnalano gli analisti di sondaggi, è che le aree suburbane cambiano molto rapidamente con l’afflusso multirazziale e di elementi con maggiore educazione e crescenti redditi.
Altra storia invece è quella delle aree metropolitane dove grosse sacche sono afflitte dalla povertà, dai deficit educativi e da gravi deficienze della salute pubblica. Le inequità economiche segnano un profondo vallo tra la popolazione bianca e quella di colore. E’ innegabile che le proteste che sconvolgono un gran numero di centri urbani hanno radici non soltanto nella discriminazione razziale ma nella difficoltà di elevare le condizioni economiche, sociali e sanitarie delle classi più povere. Uno studio appena pubblicato dal National Equity Atlas, un compendio di dati relativi a centri metropolitani, mette l’accento su un riconoscimento fondamentale, che la crescita economica, da sola, non può eliminare le disparità razziali. Uno degli autori del compendio, il prof. Manuel Pastor della USC, insiste sulla necessità di promuovere l’equità razziale nelle politiche economiche nazionali. La trasformazione dell’economia nazionale riflette la crescita della diseguaglianza con l’ascesa dei redditi dei ricchi e il ristagno dei bassi salari che definiscono il settore dei servizi dove sono concentrati i lavoratori di colore. Le tensioni nelle grandi città sono fatalmente il risultato della nuova fase di recessione che vanifica gli sforzi volti a produrre una ripresa inclusiva. A farne le spese purtroppo sono prevalentemente gli afro-americani e i latinos. Le disparità che hanno alimentato le proteste in atto sono destinate ad ampliarsi anzichè a ridursi nei prossimi mesi.
I disordini in varie città, prima fra tutte Portland sulla costa dell’est, alimentano le continue minacce del presidente di “combattere i crescenti crimini” che egli attribuisce alla “sinistra radicale”. Da otto settimane, a Portland si registrano scontri tra dimostranti e un nucleo di agenti federali che secondo i portavoce dell’amministrazione sono incaricati di proteggere gli edifici federali. A Portland c’è soltanto un edificio federale al centro della città che non è stato preso di mira dai dimostranti. E c’e anche da tener conto che i dimostranti sono in gran parte bianchi. Il sindaco Ted Wheeler ha protestato contro la presenza di personale para-militare che ha arrestato parecchi giovani che chiedevano riforme per le forze di polizia. Wheeler è intervenuto in una dimostrazione di protesta ed è stato preso di mira da un fitto lancio di gas lacrimogeni dinanzi all’edificio della corte municipale.
Il presidente lo ha accusato insieme ad altri sindaci di aver “abdicato al suo dovere” di mantenere l’ordine in città. Trump ha continuato a gettare olio sul fuoco annunciando l’intenzione di schierare le forze dell’ordine in altre città, tra cui Chicago. Per tutta risposta, il sindaco di Chicago, la democratica Lori Lightfoot, ha dichiarato: “Il presidente cerca di sviare l’attenzione dalla sua disastrosa leadership per il Covid-19”. Wheeler e la Lightfoot non sono soli nel condannare lo spiegamento di agenti federali senza il coordinamento e l’autorizzazione dei dirigenti preposti all’ordine pubblico. La lettera inviata alla Casa Bianca da quindici sindaci di grandi città chiede che le unità federali vengano immediatamente ritirate. Gli agenti in questione appartengono al dipartimento di Homeland Security, un enorme apparato di sicurezza costituito dopo il 9/11. Da notare che negli Stati Uniti non esiste una forza di polizia federale ed è molto raro che agenti federali intervengano a dispetto delle autorità locali.
Tutto lascia pensare che il presidente continuerà a giocare la carta dell’emergenza come risposta al caos dovuto, a suo dire, alla debolezza dei sindaci democratici e peggio ancora alla presunta collusione con gli estremisti di sinistra. La prospettiva di scontri ancor più violenti va associata alla fermezza di sindaci come Lori Lightfoot che ha dichiarato: “In nessuna circostanza permetterò alle truppe di Trump di venire a Chicago per terrorizzare i nostri residenti”. La strategia presidenziale di incitare divisioni su basi razziali è parte integrante del pericoloso appello alla “law and order” e risponde anche, secondo vari osservatori, al disegno di seminare confusione attorno al risultato elettorale, in specie se Biden dovesse prevalere per pochi voti nel Collegio Elettorale. Occorre aggiungere che le città nel mirino delle misure anti-sommossa di Trump sono quelle con una forte presenza di afro-americani e quindi maggiormente predisposte a duri scontri. L’escalation che incombe sulla presente situazione di instabilità politica ed economica innescata dalla pandemia continuerà ad essere sospinta da un presidente che ha deciso di instaurare un precedente in materia di difesa federale dell’ordine pubblico, una mossa completamente in contrasto con la costituzione. In ultima analisi, l’imperativo che si pone all’America sana è di impedire ad un presidente spregiudicato ed autoritario di piegare la costituzione al suo volere, in questo ed altri casi.
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*Marino de Medici è romano, giornalista professionista italo americano. Decano dei giornalisti italiani in America, oggi ottantasettenne, vive negli USA da 60 anni. E’ stato Corrispondente da Washington dell’Agenzia ANSA e Corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano Il Tempo. Ha intervistato Presidenti, Segretari di Stato e della Difesa americani, Presidenti di vari Paesi in America Latina e Asia. La sua produzione giornalistica ha spaziato dalla guerra nel Vietnam, ai colpi di stato nel Cile e in Argentina, a quaranta anni di avvenimenti negli Stati Uniti e nel mondo. Ha anche insegnato giornalismo e comunicazioni in Italia e negli Stati Uniti. Non ha ancora finito di viaggiare e di scrivere dei luoghi che visita. Finora è stato in 121 Paesi e conta di visitarne altri.
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