USA. Trump: una presidenza che sta scivolando verso la disperazione
La battaglia delle mascherine .
di Marino de Medici.
L’America è spaccata a metà su una molteplicità di fronti che riconducono alla battaglia elettorale, che sarà decisa – convengono praticamente tutti gli osservatori – dal decorso della pandemia e dell’economia. Il contrasto più sconcertante è quello sulle mascherine di protezione. Una massa di americani si è sollevata contro le disposizioni statali e cittadine che impongono l’uso delle mascherine come se queste fossero un’imposizione tirannica invece che misure di controllo consigliate dalla scienza contro il coronavirus. Sono molti gli esercizi commerciali che violano deliberatamente le restrizioni precauzionali mentre vaste ammucchiate di festaioli di molti stati, dall’Arizona alla Florida, ignorano completamente le regole che impongono il distanziamento. Altri ancora, e non sono pochi, si sono semplicemente stancati di osservare le precauzioni prescritte da amministratori e autorità sanitarie.
L’America assiste allo sconcertante confronto tra stati sulle due coste, dove la Florida non impone l’impiego delle mascherine mentre nella California sono obbligatorie. In pratica, la pandemia è un altro campo in cui gli americani
sono divisi a motivo delle loro ideologie e simpatie politiche. Per alcuni la mascherina è sinonimo di accettazione di un dovere pubblico e della disponibilità ad accettare il sacrificio individuale per il bene pubblico. Per altri,le mascherine rappresentano l’ennesimo tentativo di espansione del potere federale ed una violazione delle libertà personali. Il presidente Trump ha incoraggiato la politicizzazione del confronto, con il chiaro intento di fomentare accesi contrasti e divisioni che egli spera possano ricreare il clima che lo portò sorprendentemente alla Casa Bianca.
Entro un paio di settimane, intanto, sapremo se il comizio all’aperto a Tulsa, cui sono intervenute poche migliaia di sostenitori invece dell’adunata che il presidente si aspettava, sia stato un disastro per la pubblica sanità oppure uno stimolo per la rielezione. In parole povere, Trump ha fatto una scommessa usando come posta le vite dei suoi fedelissimi. Gli osservatori possono scommettere a loro volta che Trump punterà ancora su oceanici comizi alla barba dei dati che registrano una crescente percentuale di contagi. Il comizio di Tulsa è stato un grosso errore anche perchè la macchina elettorale di Trump aveva pompato le aspettative in termini di partecipazione e di impatto sulla platea generale dell’elettorato. Lo stesso discorso del presidente ha confermato il sospetto di molti osservatori che il presidente abbia problemi psicologici che lo rendono incoerente. E’ questa un’altra importante ragione perchè il candidato democratico Biden osservi un basso profilo, lasciando che Donald Trump si autodistrugga.
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Molto è successo da quando nel 2016 Donald Trump poteva dire che se avesse sparato a qualcuno sulla Quinta Avenue non avrebbe perso voti. Questa volta, sono in gioco le vite degli americani, in modo speciale quelli anziani. Ma la psiche di Trump non cambia. E’ quella di un individuo affetto da un soverchiante complesso di narcisismo, che in congiunzione con gli istinti – i “gut feelings” che Trump frequentemente cita come ispirazione delle sue decisioni – lo porta ad agire in modo incoerente. E’ successo pochi giorni fa quando reagendo alla decisione della Corte Suprema che aveva bloccato il piano di espulsione di 700.000 “dreamers”, Trump ha chiesto ad alta voce: “Non avete l’impressione che la Corte Suprema non mi ami?” La Corte Suprema, vale la pena di ricordarlo, à un feudo conservatore da quando sono entrati a farne parte due giudici di destra scelti da Trump ed imposti dal suo maggiordomo, il senatore Mitch McConnell, leader della maggioranza repubblicana al Senato. Ma nel caso degli sfortunati “dreamers”, adolescenti entrati illegalmente negli Stati Uniti e temporaneamente protetti da una decisione di Obama, il Giudice Capo della corte John Roberts ed un altro giudice hanno votato contro l’ingiunzione di espulsione dopo aver rilevato un importante difetto del provvedimento.
Tre anni fa, il New York Times aveva pubblicato la lettera di un gruppo di specialisti di salute mentale che mettevano in guardia contro la “grave instabilità emotiva” del presidente appena eletto. Il dibattito specialistico sulla salute mentale di Donald Trump sta raggiungendo ormai un nuovo stadio in cui molti psichiatri adombrano la possibilità che Trump abbia seri problemi mentali. Altri psichiatri dissentono segnalando che ad onta del complesso di narcisismo Trump non è mentalmente malato perchè non soffre di una menomazione tale da giustificare una diagnosi di “disordine mentale”.
Le stranezze abbondano nel caso di Donald Trump. Era ben nota, tra l’altro, la germofobia di Trump, al punto che spesso si rifiutava di stringere la mano di sconosciuti. Ma ora Trump è contrario all’impiego delle mascherine che sono intensamente raccomandate dalle autorità mediche, inclusi gli epidemiologi convocati nelle sue conferenze stampa fiume. Da una visuale sanitaria, è inspiegabile anche la preferenza del presidente per stadi ed arene coperte dove
tenere i comizi all’insegna del MAGA. Qualcuno parla di “death wish”, dove la vittima non è il presidente, sufficientemente protetto dai sanitari, ma la nonna dei partecipanti che viene infettata dai familiari trumpisti accorsi ai comizi.
Dinanzi alla realtà di un forte aumento della pandemia in ventinove stati, tutto quello che la Casa Bianca comunica al Paese è che sono previste misure per far fronte alla seconda ondata ignorando il fatto che è ancora in atto l’ondata originaria. Fino a questo momento, i decessi in America hanno toccato la punta di 118.000. Una prova drammatica dell’ondata in corso è giunta dalla Carolina del Sud, dove gli organizzatori delle marce di protesta contro la
barbara uccisione di George Floyd hanno sospeso nuove dimostrazioni e raccomandato testi anti-virus a seguito delle infezioni accertate tra numerosi partecipanti a precedenti eventi.
La scommessa di Trump che una massa di americani è schierata con lui nel rifiutare le mascherine non è campata in aria nel senso che Trump si serve di questo dibattito a fini politici, sostenendo che gli americani che portano le mascherine lo fanno per segnalare la loro opposizione al presidente. Ancora una volta, Trump ignora la scienza, che nel caso delle mascherine non si stanca di ripetere che queste riducono in misura considerevole il rischio di trasmissione del virus. Alla vigilia del comizio di Tulsa, il presidente aveva sostenuto che il rischio era minimo e che “solo una piccola percentuale” sarebbe stata colpita dal virus. I dati nazionali lo hanno prontamente smentito. A Tulsa è giunto a definire il virus “un’arma a doppio taglio” ed ha chiesto alle autorità sanitarie di condurre meno test diagnostici per “tenere basso il numero di infezioni”. Ed ha aggiunto: “ho detto loro, rallentate il testing per favore!”. E’ una dichiarazione che lascia senza parole.
Il discorso sullo stato mentale del presidente non può essere disgiunto da una analisi politica e psicologica dello stato di salute dell’America. Vi è chi sostiene, a torto o a ragione, che Trump è un sintomo, non la causa, di quel che vi è di maligno in America. Trump ha saputo far leva abilmente sulle illusioni, per non dire i deliri, di una moltitudine di coscienze individuali che hanno trovato in Trump una valvola di scarico. Trump ha sfruttato ed esaltato queste illusioni giungendo ad affermare che gli Stati Uniti “possono tornare ad essere grandi se riusciranno a costruire muri tutt’attorno’”. A nulla, purtroppo, e’ servito il muro che il presidente Trump sta edificando al confine con il Messico. Il virus ha scavalcato ogni muro ed ha scavato la fossa alla sua presidenza. A Trump è rimasta una sola speranza, che la scienza, che egli ha osteggiato in una miriade di occasioni, possa produrre un vaccino anti-virus prima delle elezioni presidenziali. Il rischio è che un’azienda farmaceutica americana, sotto pressione dal presidente, metta in circolazione un vaccino prima che ne sia autenticata l’efficacia. La conclusione da trarre è che lo stato mentale del presidente, sempre più incline al vittimismo, rappresenta in misura crescente il fattore decisivo di una presidenza che sta scivolando verso la disperazione.
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